Un’altra Italia è possibile. E non c’entrano niente destra e sinistra
di Carlo Cipiciani
La lettera dell’anonimo imprenditore  che ha chiuso il caso dei bambini rimasti senza mensa ad Adro, in  provincia di Brescia, pagando di tasca propria i 10 mila euro di debiti  dei genitori che non pagano la refezione scolastica non è una lettera  qualsiasi. E’ una bomba lanciata nell’assordante silenzio del  conformismo, dell’intolleranza e dell’irresponsabilità sociale e della  disumanità dell’Italia di questi anni.  Quest’imprenditore “figlio di un  mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità”, che  ha fatto fatica per salire i gradini della vita e conquistarsi  un’attività che oggi lo fa vivere bene, ha votato per Formigoni. Ma non  si ritrova “in queste scelte del centrodestra” ed ha detto cose  profonde, su cui riflettere.
La prima e la più importante è che  esiste un pezzo di Paese – forse più grande di quanto non s’immagini -   che si riconosce in valori di centrodestra ma non confonde il  perseguimento del benessere individuale con l’egoismo sociale, la  fermezza per il rispetto delle regole e dei valori dell’occidente con  l’intolleranza verso gli stranieri, che sa cos’è il rispetto per i  bambini, per l’essere umano, in una parola per le persone. Un uomo che  non confonde l’elemosina con il dono, la prima figlia di quello “stato  compassionevole” che piace tanto al governo, il secondo che,  parafrasando Gaber, significa considerarsi “felice solo se lo sono anche  gli altri”.
Un uomo di destra a cui non piace la  “crescente insofferenza verso chi ha di meno”, che porta ad essere  durissimi con furbetti che non pagano la retta scolastica” ma complici  di quelli “milionari e vogliono anche fare la morale agli altri”, come  ad esempio i tanti evasori fiscali. Un uomo di destra che si vergogna  che proprio l’Italia “sposti progressivamente l’asticella  dell’intolleranza, specie verso quegli stranieri che poi ci lavano le  auto, ci fanno da mangiare, ci accudiscono i genitori. Un uomo che agli  immigrati chiede “il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi”,  ma con “fermezza ed educazione, cercando di essere il primo a  rispettarle. E tirare in ballo i bambini non è compreso  nell’educazione.” Un uomo religioso, ma che non fa finta di non vedere  una Chiesa di Roma disponibile “a barattare la difesa del crocifisso con  qualche etto di razzismo”. Che se la prende anche con il suo leader  Berlusconi, “segretario del partito per cui ho votato e che si vuole  chiamare partito dell’amore”.
Un uomo che non è un benefattore, ma che  sa vedere bene cosa stiamo diventando e dove potremmo andare a finire.  Un uomo che non appartiene a quel pezzo d’Italia – la sinistra – che con  sprezzo del ridicolo si autodefinisce “la parte migliore del Paese” ma  capace di dire a chiare lettere che a questa deriva disumana “Io non ci  sto”. Un uomo che ci fa capire con semplicità che un’altra Italia è  possibile. E non deve necessariamente essere quella di Bersani o di  Vendola o di Di Pietro. Io, da sempre di sinistra, con i miei valori e  la mia storia, da lui certo distanti ma non sempre necessariamente  diversi, vorrei abbracciarlo idealmente. Come un fratello.


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