Berlusconismo, anti-berlusconismo, prospettive rivoluzionarie e situazione bloccata
di Eugenio Orso
Circoscrivendo  il discorso all'Italia e alla sua particolare, disperante situazione  politica e sociale, ritengo che il primo passo per "liberare nuove  forze" e per iniziare un difficile e lungo cammino "rivoluzionario",  preparando le basi per la vera alternativa, non potrà che essere la  distruzione di quella oscenità sistemica che è rappresentata dal Pd,  rivelatosi peggiore del previsto, e cioè totalmente privo di nerbo e  senza uno straccio di linea politica ...
Il  contenitore in questione accoglie una varietà di gruppi che, per  comodità, si possono censire come segue:
1)       Consistenti  gruppi di burocrati politici sopravvissuti alla liquidazione dei  partiti di massa dell’Italia postbellica [PCI, DC, qualche socialista] e  di alcuni partitelli [storici] minori [PSDI, PRI], politici di  professione, portaborse, elementi cresciuti nelle organizzazioni  giovanili dei partiti novecenteschi soppressi, vecchie tessere del PCI,  della DC, dei popolari, più recenti tesserati DS e Margherita, parte  significativa della CGIL, e via elencando. Questa è e rimane la  componente principale e più influente – “la testa”, senza fare ironia  aggiungendo qualcos’altro … – del Pd.
2)       I  supporter di nuove e inconsistenti “star” costruite artificialmente, in  certi frangenti con abbondante uso di internet, youtube e simili, come  nel caso emblematico di Debora Serracchiani, più simile ad un manga  giapponese [ho visitato tempo fa il suo sito] che ad una militante  politica.  
3)       Giovinastri  veltroniani raccolti a casaccio nella società con foga “nuovista” e  piglio interclassista e loro sciagurati sostenitori – dal rampollo  semi-scemo della potente famiglia Colaninno, Matteo, proveniente dallo  sfavillante mondo dell’impresa italiana [leggi Confindustria] alla  figlia dell’amico attore spacciata per valente economista, Marianna  Madia, all’operaio della Thyssen Crupp sopravvissuto al rogo, eccetera.
4)        Gruppi legati all’impiego pubblico, come ad esempio gli  insegnanti, a settori impiegatizi dello stesso e a ciò che rimane del  vecchio “parastato”.
5)        Parte [minoritaria] del commercio, dell’artigianato e  dell’industria, in particolare nelle “regioni rosse”, dove ancora  esistono clientele e dove si lavorava [ed in parte ancora si lavora]  soltanto esibendo la famigerata “tessera di partito”.
6)       Altre  ed eventuali, comprese le sopravviventi adesioni operaie, ormai  minoritarie, come fondatamente possiamo sospettare.
Il  collante sembra essere costituito, oltre che da interessi non di rado  di tipo parassitario – che caratterizzano in modo particolare i gruppi  schiettamente burocratico-partitici –   dall’”antiberlusconismo non propositivo”, tenendo conto che  l’antiberlusconismo, di per sé, è cosa legittima e condivisibile, oserei  dire un “imperativo etico”, ma non lo è certo nell’accezione pidiina e  bassamente utilitaristica dello stesso, che consente al più un “gioco di  rimessa”, per il quale non sembrano necessari l’elaborazione di vere  proposte politiche e un collegamento con la realtà sociale.
Non  a caso, sotto sotto si spera nella dipartita di Berlusconi come  soluzione ottimale del problema, nel conseguente [e praticamente] certo  sfaldamento del suo cartello elettorale, per “andare al potere” [qui si  intende la pura occupazione dei posti di potere, fine a se stessa] senza  sforzo alcuno e senza doversi occupare di fastidiosi problemi economici  e sociali, della proposta politica che costa fatica e che potrebbe  consentire una stabile estensione del consenso, e via dicendo.
Soltanto  la distruzione, la liquidazione, la soppressione, lo sfaldamento del Pd  od anche un [relativamente pacifico e pianificato] divorzio delle sue  componenti – ciascuna di queste soluzioni può andar bene – avrà il  potere di sbloccare la situazione politica [e sociale] in Italia,  consentendo di aprire la strada a nuove [ed in parte imprevedibili]  soluzioni del problema, prima che la cancrena si estenda all’intero  organismo, dalle isole alla Val d’Aosta, da Catanzaro a Cuneo.
Perché  faccio certe affermazioni, con una certa qual convinzione?
Essenzialmente  perché è proprio a causa della presenza di questa disgustosa "ameba"  [il Pd], la quale contribuisce alla legittimazione del berlusconismo e  alla sua affermazione, consentendogli di crescere come un tumore nel  tumore, ossia nel corpo di una liberaldemocrazia crepuscolare ed  esausta, che diventa possibile qualsivoglia “deriva”.
Il  Pd rappresenta un’alternativa rigorosamente interna al sistema, un  riformismo di facciata, inane e ipocrita, e per questo molto debole, non  credibile, cosa della quale si sono accorti non pochi fra i suoi stessi  elettori e sostenitori.
Il Pd è un’opposizione di  comodo, o meglio ancora, un'opposizione ufficiale che fa comodo in primo  luogo a Berlusconi – che ha l’esigenza primaria di reggersi in sella il  più a lungo possibile, fino a raggiungere l’agognato "riparo" del  Quirinale – e naturalmente alla minacciosa Lega che lo tiene ben stretto  per le palle, spremendole per ottenere maggior potere.
Nel  caso specifico della Lega, che sta alle spalle di Berlusconi e sa  benissimo che non potrà mai spuntare con altri condizioni così  vantaggiose come quelle garantitegli dal satrapo-Cavaliere –  governatorati di regioni importanti, federalismi-truffa, leggi razziste  contro gli immigrati, assenza di una vera lotta anche alla piccola  evasione fiscale, espressa dallo “zoccolo duro” del consenso leghista –  l’ulteriore vantaggio dell’opposizione del Pd è rappresentato dal fatto  che le truppe leghiste non incontrano ostacoli nella loro “avanzata”,  nell’occupare e “colonizzare” porzioni sempre maggiori dei territori  settentrionali della penisola.
Quel "partito di plastica"  [molle e non dura] che è il Pd non rappresenta di certo un vero  pericolo, un concreto ostacolo per la "presa sulla società italiana", la  stabilità e l'espansione del raffazzonato schieramento di potere/  blocco sociale berlusconiano-leghista [sempre più leghista dopo le  ultime amministrative].
Tolta di mezzo la camarilla  burocratico-politica-notabilare pidiina – ben rappresentata dai  Bersani, Finocchiaro, Franceschini, Veltroni, con D’Alema e ancora Prodi  sullo sfondo – verrebbe meno, fra le altre cose, la legittimazione  della maggioranza, il sistema si rivelerebbe, agli occhi di tutti,  palesemente "monco", privo di molti dei soliti alibi da sbandierare  mediaticamente per intontire masse obnubilate, le attenzioni della  martoriata "pubblica opinione" italiana potrebbero, quindi, rivolgersi  direttamente verso l'esecutivo berlusconiano, ponendo spietatamente  sotto i riflettori tutte le sue inefficienze, le non-politiche, gli  interventi legislativi ad uso e consumo del “capo” e le politiche  sbagliate o più spesso de-emancipatrici, l’insensatezza delle “grandi  opere” che, fra l’altro, non giungeranno mai a compimento, e così anche  un crescente ed insidioso malcontento, destinato a trasformarsi in vera e  propria ira con il procedere della crisi economica e occupazionale,  dell'impoverimento di massa, si ritorcerebbe contro il dittatorello  [mancato] di Arcore, la sua “corte” e i suoi “alleati più fedeli” [i  leghisti].
Se si tiene conto che il destino del PdL  è legato a doppio filo alla sorte politica e personale di Berlusconi,  che è comunque diviso al suo interno, che è un “partito leggero”, non  radicato, clubbistico, che ha raccolto soltanto una minima parte di quel  milione di tessere che voleva il “capo”, comprendiamo che non potrà  reggere a lungo, davanti ad un’ondata di crescente malcontento, con  aumento progressivo dell’astensionismo elettorale e un significativo  ritorno della critica sociale …
La stessa Lega – ben  più solida e organizzata del PdL – sarebbe indotta a venire  definitivamente allo scoperto e a mostrare in piena luce il suo vero  volto, avanzando richieste insostenibili da “asso pigliatutto” [più  banche, più regioni, più ministeri], applicando pesantemente le sue  politiche dementi e punitive per gli strati sociali più bassi [già oggi  in grave difficoltà], per gran parte del meridione del paese, per  milioni di immigrati che lavorano e producono, per il lavoro dipendente  minacciato dalla scomparsa del livello contrattuale nazionale, dello  Statuto dei Lavoratori e dalla ricomparsa delle “gabbie salariali”.
Tutto  ciò non potrebbe che scatenare reazioni contrarie di natura  politico-sociale [e, si spera, autentici, insidiosi ma salutari  disordini] nello stesso nord “padano” del paese, cuore dell’insediamento  leghista, ma soprattutto cuore economico e “motore” dello sviluppo  economico nazionale.
Questo processo – che  rimetterebbe in movimento l'impaurita, passiva e sempre più degradata  "società italiana", oggi votata allo sfascio – potrebbe iniziare grazie  ad uno sfaldamento del cartello elettorale pidiino, parte del quale si  collegherebbe con il "centro" opportunistico di Casini in Caltagirone e  di altri noti attori, parte con alcuni settori della così detta sinistra  radicale [sinistra e libertà, verdi superstiti, eccetera], parte  potrebbe restare legato all'IdV [a quel punto in posizione totalmente  subordinata] e parte manterrebbe una maggiore, ancorché a quel punto  inutile, autonomia.
Più spinta sarà la  possibile, futura, atomizzazione del "partito che non c'è" – ma che  purtroppo esiste ed occupa spazi notevoli, contribuendo a bloccare la  situazione in un paese che rischia la cancrena – e meglio sarà per  rimettere la situazione italiana in movimento, per ravvivare la speranza  nel possibile sviluppo di una concreta, futura Prospettiva  Rivoluzionaria ... e questa, temo, è l’unica chanche che ci resta per  non sprofondare.
dal sito http://pauperclass.myblog.it/ 


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