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I SACRIFICABILI

Consiglio di andarsi a leggere ogni tanto gli articoli del blog da cui è tratto il seguente, sono sempre un pò fuori dalle righe.
Qui si parla di quel 10% della popolazione italiana, probabilmente anche meno, ultraricca e che parassitizza a suon di rendite: forse è lì che bisognerebbe andare a parare per mettere a posto i conti dello stato?

di Uriel


Non so se avete notato, ma ultimamente si parla sempre più frequentemente di “Patrimoniale”. Prima erano solo quelli del Sel, poi anche nel PD hanno rotto gli indugi, poi si sono uniti i centristi, e alla fine anche nel governo qualcuno inizia a mostrarsi possibilista. Come mai questo cambio di rotta?
Il punto è essenzialmente, che la distribuzione della ricchezza è diventata, nel tempo, assai poco lineare.
Il sistema italiano beneficia l’età (perché venendo meno la progressività del sistema fiscale – troppe tasse su merci e aziende e poche sui patrimoni personali – chi ha accumula rendita) e beneficia chi già possiede delle posizioni di rendita, proteggendole ad oltranza e scaricando il carico fiscale su tutti gli altri.
Nel tempo, questo seleziona una piccola minoranza – minoranza che diventa sempre più sparuta col passare degli anni – che possiede gran parte della ricchezza.
Quando parlo di ricchezza non intendo “possiede un’azienda”: l’azienda può andare bene o male, può fallire o prosperare ed è soggetta a rischio. Intendo un gruzzolo, una montagnola di ricchezze che NON corre rischio alcuno: soldi in banca, investimenti in fondi bilanciati, immobili, terre, etc.
Oggi come oggi la media delle “ricchezze” degli italiani è di oltre centomila (!) euro/famiglia. Ma si tratta di una media di Trilussa: la distribuzione è così sbilanciata che in pratica quasi tutta questa ricchezza appartiene al 10% della popolazione. Il resto “galleggia” attorno allo zero, più o meno dieci/quindicimila euro.

Come tutte le situazioni, questa situazione ha pro e contro. La situazione di pro è che può nascere una cosiddetta “economia del lusso”. L’economia del lusso è quell’economia per la quale tutti inseguono questo 10% di clienti, e il resto viene lasciato a prodotti di importazione e/o di scarso valore, oppure si indebita per possedere l’ultimo cellulare di Apple.
Questo produce, ovviamente, una desertificazione industriale (nel senso che lo sforzo non è tanto quello di produrre, ma quello di convincere quel 10% della popolazione a comprare ed il resto ad indebitarsi per comprare, cioè Marketing) unitamente ad un crollo dei margini di contribuzione per la catena di distribuzione.
In una economia che si chiama “economia del lusso” ci sono POCHI rivenditori (ed essere in questa cerchia è, a sua volta, una rendita) che possono fare alti margini vendendo ai pochi ricchi. Il resto fa margini bassissimi e viene distrutto dalla grande distribuzione, oppure è legato all’indebitamento del cliente, cioè orbita attorno agli istituti che fanno credito al consumo.
Il vantaggio di questa economia è quello di autosostenersi e di caratterizzarsi sempre di piu’. Se osserviamo gli ultimi 20 anni di economia italiana, notiamo che (mano a mano che si va avanti) la ricchezza degli italiani è concentrata in un numero di mani sempre più piccolo. Oggi, “tagliando” il 90% della ricchezza otteniamo poco meno del 10% della popolazione.
È facile proiettare che, con l’andamento attuale, entro cinque anni il 90% della ricchezza sarà in mano al 5% della popolazione, che rappresenta un limite oltre il quale normalmente avviene il collasso industriale: le probabilità di incontrare un cliente per un bene di qualità o per un servizio avanzato sono così basse (e la fila così lunga) che di fatto conviene produrre per stranieri oppure darsi ai consumi di base.
In pratica, una volta iniziata una “economia del lusso” (1) si ha una restrizione della base di clienti. Questo produce per selezione la fuga dei produttori verso altri mercati, o la loro chiusura. Questo concentra i soldi nelle mani dei pochi produttori che ancora vendono, i quali alzano i prezzi, e il risultato finale è che alla fine rimangono pochissimi produttori di generi di lusso, pochissimi ricchi, pochissimi venditori specializzati e fidelizzatissimi, e il resto langue.
Anche sul piano finanziario le cose non vanno meglio. Un 10% della popolazione ha molti liquidi da gestire e ha molti immobili, cioè è molto solvibile. Il resto fa debiti per uno stile di vita che non può più sostenere altrimenti. Ci sono allora due settori che le banche trovano PIÙ vantaggiosi che il credito alle imprese:
Il credito al consumo. Prestiti a coloro che comprano cose che NON possono permettersi, ivi compresa la casa.
Gestione patrimoniale. Private bankers, brokering & co., gestione di portafogli e di investimenti azionistici.
Ovviamente, non c’è più posto per i finanziamenti alle imprese. Essi sono rischiosi, mentre finanziare un ricco non è rischioso. Essi sono onerosi, perché le imprese chiedono molti soldi e in caso di fallimento non torna nulla: meglio prestare 800 euro per un iPhone ad un poveraccio che comunque li pagherà.
Così, l’economia del lusso si autosostiene e produce sé stessa tra gli effetti della propria esistenza.
Adesso andiamo ai “contro”. C’è un limite oltre il quale i ricchi sono troppo pochi.
Sono troppo pochi per la catena produttiva, i cui prodotti devono essere così esclusivi da colpire i ricchissimi, MA hanno solo un 5% di probabilità che passi un cliente. Sono troppo pochi per le banche, che non possono vivere solo gestendo il patrimonio altrui, perché altrimenti il patrimonio altrui diventa azionista di maggioranza. Oggi le banche scalabili in Italia sono troppe e, a mano a mano che i ricchi diventano più ricchi, il pericolo aumenta.
Mano a mano che il tasso di disoccupazione aumenta, il credito al consumo cala, e anche i mutui vengono erogati con sempre maggiore difficoltà. E c’è un limite alla quantità di immobili ALTRUI che le RE sono disposte a gestire.
Così, ad un certo punto questa piccola minoranza diventa scomoda, e tutti gli attori iniziano a pensare con nostalgia ai bei tempi del ceto medio.
D’altro canto, ed è quello che stiamo vedendo oggi, al calare del numero di ricchi aumenta sempre di più il “who cares of them?”. Perché questo è il punto di oggi ed è il punto che ci porta alla questione “Patrimoniale” e al default.
Chi è, di preciso, nelle condizioni di considerare il default come l’apocalisse dei propri beni? Chi ha MOLTI soldi investiti in BTP, chi ha MOLTI soldi investiti in banca, chi ha MOLTI liquidi gestiti dalle banche (private bankers & co).
Ma queste persone sono oggi il 10% della popolazione. Sono essenzialmente il 10% dei consumi “di base”. Cento persone che entrano in pizzeria a comprare una pizza riempiono la pizzeria. Una persona che entra al ristorante a mangiare caviale è un cliente solo in un giorno.
Se io ho una casa, una automobile, per dire, il ricco che guadagna 1000 volte più di me NON ha mille case, mille automobili. Ha UNA casa molto costosa e UNA automobile molto costosa. Il che può equilibrare il conto di alcune industrie, ma UNA casa molto costosa ha ancora bisogno di UN notaio che ne faccia l’atto, mentre MILLE case sfamano MILLE notai. UNA auto molto costosa ha bisogno di UN meccanico e di UN benzinaio, mentre MILLE utilitarie sfamano mille meccanici e mille benzinai.
La morale della storia è che anche sul piano macroeconomico questa piccola minoranza è sempre più irrilevante. I ricchi sono diventati così pochi che, paradossalmente, possiamo fare a meno di loro.
Sono stato in Italia, ultimamente, per le mie ferie. Nonostante si continui a parlare di “crisi” ho visto gente fare lo stesso stile di vita che ho io. Ma il problema è che lavorando in Germania la mia retribuzione attuale è MOLTO più alta della loro. Cosa permette ad un carabiniere che guadagna 1500 euro/mese di fare un certo stile di vita nonostante la crisi? Cosa permette ad un fornaio (2) , nonostante la crisi dei negozianti, di andarsene allegramente in giro griffato?
La domanda ha una semplice risposta: la crisi finanziaria (e di riflesso immobiliare) colpisce e sta colpendo duramente il 10% della popolazione. Il resto continua a galleggiare -magari non benissimo- esattamente come prima.
Dopo il mese nero di Agosto, che ha massacrato le borse europee e quella di Milano, mi aspettavo quello che vidi dopo gli affari Cirio/Parmalat/Tango. All’epoca avevo ancora un help desk e parlavo con altri professionisti (molti clienti) e titolari di imprese. I quali non mi raccontavano che di gente che aveva avuto la liquidazione mangiata, i risparmi di una vita mangiati, l’eredità del nonno mangiata. Era il ceto medio massacrato.
Oggi assisto a una catastrofe di dimensioni ancora peggiori, ma non incontro quasi mai gente massacrata in quel modo. Il motivo è che nonostante lo stile di vita, NESSUNO di questi ha il TIPO di capitale che viene massacrato.
Ai tempi di Cirio/Parmalat/Tango, le vittime erano risparmiatori. Oggi sono persone che fanno private banking: ma il private banker inizia ad accettarvi come clienti attorno ai 500.000 euro. (Alcuni di bocca buona scendono sino ai 150.000, che io sappia, tipo Mediolanum). Così, tra quelli che conosco, NESSUNO è stato falciato dalla tempesta di agosto, mentre anni fa, di quelli che conoscevo, quasi un terzo era alle lacrime. E per cifre che erano molto inferiori.
Il solo personaggio inficiato (che ha, ultimamente, la faccia MOLTO scura) è uno che mi ha detto “eh, certe volte invidio chi non ha niente, come te, che non ha preoccupazioni”. Ma io non mi reputo uno che “non ha niente”: alla mia famiglia non manca nulla, direi. Dunque, che cos’è che io NON avrei? Quello che NON ho sono, ovviamente, i 500.000 che lui ha da un private banker, e che teme di perdere.
Quindi si, siamo arrivati al punto in cui I RICCHI hanno paura. I RICCHI temono.
Sicuramente anche la famiglia che ha le “poche” migliaia di euro da parte si preoccupa. Si preoccupa a mio avviso a vanvera. Se consideriamo l’andazzo delle crisi, 2001/2005/2008/2011, la stragrande maggioranza di questi soldini li avete fatti in pochi anni. Esisteranno delle eccezioni, ma dovete rendervi conto che -sebbene lo abbiate sudato faticosamente- quel gruzzoletto ve lo siete fatti in pochi anni.
Se pensate a questi ricconi, che sono anche anziani, quel 10% della popolazione il gruzzolONE se lo è fatto in UNA VITA. Il che significa, essenzialmente, che mentre voi (=noi) possiamo ricostruire la perdita in 5/10 anni, loro NON possono.
Adesso torniamo alla patrimoniale e al default. Se il paese andasse in default, ovviamente questi ricconi sarebbero rovinati. Ma sanno anche di essere soli. E sanno che nessuno, o quasi, si accorgerebbe di loro.
Il loro numero esiguo li rende sempre MENO attraenti per la politica. Specialmente se si tornasse ad un proporzionale puro. Il loro numero esiguo li rende sempre MENO attraenti per il commercio. Il loro numero esiguo li rende sempre MENO attraenti per l’industria.
I disoccupati, che sono circa l’ 8.5% della popolazione, pesano ormai quanto i ricchi. Ai tempi del ceto medio, la fascia dal “benestante” in su pesava quattro volte i disoccupati sul piano politico, e quasi venti volte sul piano del commercio e dell’industria.
Così, oggi i ricchi scoprono di essere “il maiale più grasso il primo di Dicembre”. È il primo di dicembre perché si deve uccidere un maiale. E loro sono il solo maiale grasso.
Le loro lobby hanno tentato -inutilmente- di indicare la casta dei parlamentari come -il maiale grasso- così come hanno tentato di indicare nei beni dello stato quelli che pagano il conto. Ma i parlamentari sul piano politico sono MOLTO più robusti – né si può far cadere il governo oggi, arriverebbe subito il default che loro stessi temono- e i beni dello stato sono inventariati così male che solo per stimarne il valore ed avviare le procedure di vendita occorrerebbero ANNI.
Così, si parla di patrimoniale. Il ricco SA che se arriva il default perderà tutto, e sa che, anche se il paese ricomincerebbe a correre di 90 miliardi l’anno (gli interessi che NON pagheremmo più) alla sua età non potrà più riaccumulare daccapo i soldi che aveva. Così è -bontà sua- oggi più disposto a pagare una patrimoniale che scongiuri il pericolo di perdere TUTTO.
Ma dimentica forse una cosa: che la patrimoniale l’ha già pagata ad agosto. Che vada a vedere i suoi investimenti in borsa, e ci faccia sapere. Gli rimangono gli immobili, ma -nonostante le euforie- se tentasse di ricapitalizzarli avrebbe cattivissime sorprese. Il loro valore è solo sulla carta.
Così oggi questo 10% si trova in una situazione molto critica: o il governo fa una patrimoniale da 300 miliardi in su – l’unico modo per tagliare il debito – oppure la patrimoniale la farà il mercato, che ha già iniziato ed è a buon punto.
I giornali della “finanza bene” stanno ancora patrocinando la svendita dei tesori industriali di stato, ma noto che ultimamente non lo dicono più. Poco prima, infatti, era quasi certo che svendendo ENI sarebbe finita in mano a BP. Così i servi degli angli proponevano ogni giorno di vendere ENI. Oggi, però, abbiamo un ministro che parla coi cinesi, i paesi del BRIC che annunciano investimenti in Italia (e no, non compreranno BTP , compreranno industrie) , e un premier che la prossima settimana va in Russia. Il padrone ariano non è più AFFATTO sicuro che ENEL, ENI &co finiranno in mano sua, anzi. E così, anche questa ipotesi viene pronunciata a voce sempre più bassa. ENEL interessa ai francesi, ma sarebbe un disastro se finisse in mano a cinesi, brasiliani, indiani o russi. E faccio notare che non sappiamo ancora come si muoverebbero i fondi sovrani arabi.
Morale: ci resta solo da ammazzare il maiale. Il maiale sono quei 10% che possiedono tutto. E che stanno iniziando ad accettare di perdere qualcosa perché temono di perdere tutto.
Sfortunatamente (per loro), Berlusconi si oppone all’idea di patrimoniale. E così, anziché perdere qualcosa rischiano di perdere tutto.
Nell’indifferenza collettiva di gente che nel bel mezzo della crisi e del default continuerà come se nulla fosse, mentre loro se ne stanno a piangere per le perdite.
È lo svantaggio di essere il 10% di maiali grassi, quando si avvicina dicembre.
Forse era meglio quando c’era il ceto medio, eh?
Note:
(1) L’economia del lusso fu la risposta alla prima crisi economica del 2001. Da lì in poi, il baratro.
(2) Mi riferisco ad una cerchia casuale, cioè ai genitori dei compagni di classe di mia figlia che ho incontrato a diversi “eventi sociali tra mamme”, per via della ONLUS fondata da Lady Uriel.

dal sito http://www.keinpfusch.net