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NON E’ UNA SAGOMA DI CARTONE!!!

L' imperturbabile sorriso di Obama!

http://vimeo.com/6747788

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Consumatori felici....

Leggo di primo mattino sulla pagina web del Sole24Ore che la fiducia dei consumatori ha raggiunto il livello più alto dal 2006, quando ancora non si sentiva parlare di crisi.

Leggo a metà giornata, sempre sullo stesso sito, che nell'ultimo anno l'Inps ha liquidato un milione di istanze di disoccupazione.

?????

Penso: ma dove li avranno trovati tutti questi consumatori felici e contenti ??
Ci sono forse delle isole felici in Italia dove non giungono i clamori della crisi??
O forse gli italiani si drogano più di quello che si pensa??

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Storie dalla crisi

Oggi Repubblica pubblica un piccolo resoconto di storie dalla crisi. Così mi sono detta, ne conosco anch'io. Ve ne racconto tre: non sono storie drammatiche, anzi. Si tratta di tre persone che in qualche modo hanno trovato una soluzione, magari momentanea, ma che pare funzionare. Soluzioni che però la dicono lunga sullo stato in cui versa il nostro Paese, e a me sembrano davvero emblematiche della tragedia che si va lentamente a consumare: i laureati che gettano la spugna, gli imprenditori che licenziano, gli stranieri che se ne vanno.

- La plurilaureata. Un'amica con laurea quinquennale scientifica, e tanto di dottorato di ricerca (in cui ha lavorato gratis). Ha trovato lavoro subito dopo la laurea. E' molto brava e meticolosa, ma sapete come funziona nelle piccole aziende italiane: c'è spesso un padrone che crede di essere Dio. Così, dopo tre anni, ha deciso che c'era bisogno di novità e ha iniziato un drammatico mobbing ai danni della mia amica. Che non ha resistito e ha dato le dimissioni. Ha cercato un po', ma un nuovo lavoro non è facile da trovare, o le offrono cifre irrisorie. Così si è detta: ma sono sicura di voler di nuovo schiavizzarmi sotto un padrone pazzo, a subire di tutto per quattro lire? Ora ha aperto un negozietto con un'amica. Dieci anni di studi universitari finiti nel cestino, guadagni minimi, ma almeno ha finito di strisciare.

- L'artigiano. Un amico con un piccolo laboratorio artigiano, lavori di buona qualità, tre dipendenti e mai problemi. Mi ha detto: "Ho scaricato tutti i clienti grossi. Lavorando per grandi quantitativi, il margine di guadagno è risicato e ultimamente svanisce nell'attesa dei pagamenti, che arrivano dopo mesi quando arrivano." Ora si dedica solo a clienti piccoli, lavori di alta qualità, e pagamenti sull'unghia o niente. Il suo guadagno è esattamente lo stesso, ma guarirà dall'ulcera che gli causavano le attese infinite. Però lavora da solo, i dipendenti sono finiti a casa: non ce n'è più per mantenere quattro persone.

- Gli stranieri. Paolo è rumeno, sposato con Giusi, polacca, e hanno una bambina. E' un piccolo imprenditore edile, ha un'azienda finora florida con due amici italiani. Ma oggi c'è poco lavoro, e i clienti non pagano. Tasse e gabelle li mangiano vivi. Ora ha anche ricevuto lo sfratto. Sta seriamente pensando di trasferirsi in Polonia: "I nostri parenti polacchi mi aspettano a braccia aperte, c'è tanto lavoro per un esperto come me. Abbiamo anche casa a disposizione, la vita costa pochissimo ma si vive bene. Che ci stiamo a fare in Italia?" Non è l'unico straniero a pensarla così.

http://crisis.blogosfere.it/2009/09/storie-dalla-crisi.html

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Gli zombie a sinistra


Scritto da Stefano Montanari
domenica 27 settembre 2009

Ragazzi, avete sbagliato.
Avete sbagliato come sta sbagliando ormai in maniera sempre meno reversibile quella che, forse per mancanza di altre denominazioni politicamente accettabili, viene catalogata come “sinistra”.
Fabio De Lillo e Andrea De Piamo, rispettivamente assessore all’ambiente e presidente della commissione ambiente del comune di Roma mi avevano invitato ad una tavola rotonda in Campidoglio nell’ambito del Festival Internazionale dell’Ambiente.
Nei giorni precedenti la manifestazione ho ricevuto diverse mail e qualche telefonata che m’invitavano a non andare: sarebbe stato nient’altro che una celebrazione dell’inceneritorismo più becero e, dunque, io non dovevo prestarmi.
Invece io sono andato in quella che poteva essere la “tana del nemico” come faccio dovunque mi s’inviti e l’ho fatto presentandomi con una serie di diapositive che mostravano con chiarezza il perché incenerire è una maniera di gestire i rifiuti al di fuori di ogni scientificità e micidiale per gli organismi di noi tutti.
Dopo di me sono intervenuti il prof. Adolfo Panfili, Raphael Rossi, il prof. Sergio Apollonio, l’on. Fabio Rampelli e Fabio De Lillo: tutte voci in assoluta sintonia con quelle che sono le mie posizioni che credo siano notissime. Solo Franco Panzironi, amministratore delegato di AMA, la municipalizzata che tratta i rifiuti romani, ha tentato una difesa,
timidissima e quanto mai di striscio, della tecnica dell’incenerire.
Insomma, se un comitato di ambientalisti veri avesse organizzato la tavola rotonda, non avrebbe potuto fare di meglio e chi non c’era per preconcetto ha clamorosamente sbagliato. Bisogna essere onesti: il Comune di Roma si è comportato con una correttezza che non è facile trovare in ambienti non solo politici.
Certo, si potrà sempre sostenere che qualcuno ha fatto chiacchiere che non saranno seguite dai fatti, ma l’impegno c’è stato e, se quell’impegno non dovesse essere onorato, si potrà gridare al bugiardo. Chi ha parlato da un pulpito istituzionale si è esposto in prima persona mettendoci la faccia, e qui non posso esimermi dal sottolineare qualche differenza con la “sinistra” di cui sopra.
Il Comune di Roma, in mano ad una giunta di destra, ha cooptato mia moglie e me a far parte di una commissione di esperti per cercare di ovviare ai problemi dell’inquinamento urbano. Lo stesso Comune mi ha concesso senza alcun intoppo burocratico e senza perdere un giorno la possibilità di sperimentare un sistema di mitigazione dell’inquinamento da polveri mettendomi a disposizione tutto ciò di cui avevo bisogno. (Il 30 prossimo terrò una conferenza stampa in proposito al CNR).Se diamo un’occhiata ad altre realtà e ci spostiamo, ad esempio, a Ferrara, sarà impossibile non vedere che la centrale a turbogas è nei sogni e nei voti addirittura del Verdi o di quel che resta dal loro più che prevedibile naufragio. E, al colmo, ogni mia azione volta a contrastare la realizzazione dell’opera è stata contrastata proprio da loro, assessore provinciale all’ambiente in testa. Idem in Toscana per i cosiddetti dissociatori molecolari, e ancora idem in Puglia, dove alle porte di Bari si erge una gigantesca centrale a turbogas che ha avuto la benedizione del governatore Vendola, non certo simpatizante per la destra.
Ancora, qualche giorno fa sono stato intervistato da un giornale di sinistra che ha rifiutato di pubblicare la notizia della sperimentazione romana perché laggiù il comune è di destra. Il tutto alla faccia dell’informazione che deve essere libera, obiettiva e indipendente. Ridere o piangere? Fate voi.
Potrei continuare e potrei riempire un bel po’ di pagine, ma mi fermo, qui, appena sulla soglia.Chi conosce la mia pur brevissima vicenda politica non può nutrire dubbi circa le mie idee, ma io sono stato educato all’obiettività, e obiettività vuole che, ad oggi, è solo la destra o cosiddetta tale, per quel che significa oggi una classificazione così anacronistica, ad avermi dato ascolto.
Io mi occupo di scienza e la scienza ha motivo di essere solo se è al servizio dell’Uomo. Così, a me non importa un fico secco se chi mi permette di dare una mano, per modesta che sia, con quel po’ di scienza che conosco, abbraccia una filosofia che si colloca di là piuttosto che di qua o viceversa. Queste sono chiacchiere ridicole che servono solo a riempire dei vuoti vertiginosi di coscienza e di onestà.
Quella sinistra di cui facevano parte i miei due bisnonni, ambedue finiti in galera perché socialisti e uno poi esule in Francia, uno zio confinato a Ventotene, mia madre staffetta partigiana e con la tessera dei socialisti nel 1944 (se ti pescavano finivi al muro) non esiste più. Lo zombie che si abbiglia oggi con gli abiti della sinistra è un ectoplasma grottesco senza uomini alle spalle e senza idee nel cervello, mantenuto tecnicamente in vita solo dall’essere contro, dal pettegolezzo stucchevole e dalle ringhiose risse interne. Tutto questo per non dire delle alleanze a dir poco sospette con il grande capitale e dell’abbandono dei lavoratori scatenati in piazza per quatto soldi e tenuti ignari, tra le altre dose, dei problemi capitali di salute non solo immediata che troppe scelte industriali proprio di quel grande capitale da cui dipendono generano.
Di sinistra vera abbiamo bisogno, se non altro perché operi una funzione di controllo, e questa moneta cattiva che ha scacciato quella buona deve essere spazzata via al più presto.
Si dirà che il mio punto di vista è limitato perché io osservo il mondo con l’occhio di chi studia da molti anni l’impatto che l’uomo di oggi esercita sull’ambiente e sulla salute. Vero. Però si ricordi che non esiste nessun altro argomento d’importanza paragonabile a questo. La crisi economica ci renderà un po’ più poveri, come sempre le guerre faranno stragi qua e là, la fame ucciderà e porterà sofferenze. Ma tutto questo è limitato nel tempo e nello spazio ed è quasi fisiologico nel tipo di società che ci siamo creati. Quando invece la Terra non avrà più le risorse per mitigare l’aggressione ambientale con cui la stiamo violentando in maniera sempre più pesante, scriteriata ed immorale, darà uno scrollone e troverà un nuovo equilibrio come ha sempre fatto. E non è detto che questo equilibrio sia compatibile con le necessità biologiche dell’Homo sapiens.

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Lo scudo fiscale distrugge la credibilità dello Stato

Tito Boeri, economista della Bocconi, risponde alla richiesta del “Fatto” al capo dello Stato di non firmare.

Questa è una legge incivile, ma credo che Napolitano abbia già fatto quello che poteva evitando gli venisse presentata in una forma anche peggiore di quella attuale», dice al “Fatto” il professor Tito Boeri, economista della Bocconi e animatore del sito lavoce.info.

C’era bisogno di fare uno scudo fiscale per portare in Italia i capitali degli evasori?

Con lo scudo un po’ di capitali rientreranno ma molti ne usciranno. Perché chi ha portato i soldi fuori e non ha pagato le tasse viene premiato e quindi continuerà a farlo. Approvare un condono significa preparare il terreno per i successivi, perché si riducono gli incentivi dei contribuenti ad avere un corretto rapporto con il fisco. E questo è ancora più grave perché in campagna elettorale Tremonti aveva promesso in televisione, davanti agli italiani, che non ci sarebbero più stati condoni dopo quelli varati nei precedenti governi Berlusconi.

Quindi chi ci guadagna sono solo gli evasori che, pagando il cinque per cento della somma da rimpatriare possono mettersi in regola con il fisco?

Sì, è un regalo. Lo scudo, per come è stato strutturato, si configura come una vera e propria amnistia per molti reati societari. Anche in questo è diverso dalle misure che sono state adottate in altri Paesi, come gli Stati Uniti e Gran Bretagna, dove il rimpatrio dei capitali sottratti al fisco è fino a dieci volte più costoso che in Italia ed è accompagnato da operazioni di trasparenza che costringono gli evasori a rivelare la propria identità e come hanno nascosto i capitali. Una “disclosure” che serve a impedire che in futuro le stesse persone (e altre) commettano gli stessi reati. Da noi c’è l’amnistia, l’anonimato e ce la si cava pagando il 5 per cento. Un vero incoraggiamento a delinquere.

Ammettiamo che Tremonti abbia ragione e che all’erario servano con urgenza soldi freschi. C’erano altri modi per trovarli? C’è sempre la possibilità di riallocare la spesa pubblica senza fare regali agli evasori. L’Europa in questo momento non ci assilla per recuperare 5 miliardi (questo sarebbe, nella migliore delle ipotesi, il gettito dello scudo) per non sforare i vincoli. L’Unione e i mercati ci chiedono di rendere il nostro debito pubblico sostenibile. Ciò che li preoccupa da questo punto di vista è l’abbassamento della guardia dal lato delle entrate compiuto da questo governo, con lo smantellamento di molti controlli. Gli annunci estivi della guardia di finanza e i procedimenti contro nomi noti sono stati mera propaganda. La verità è che ci sono state direttive ministeriali per ridurre i controlli fiscali e quelli sui contributi sociali. Non è credibile che si debbano aspettare le entrare dello scudo per ridurre le tasse sul lavoro.

Perché non si sono utilizzati per questo i 12 miliardi risparmiati con l’abbassamento dei tassi di interesse sui titoli pubblici?

Non è certo facendo regali agli evasori - e alle banche che riceveranno questi capitali - che si esce dalla recessione.

Il Partito democratico ha annunciato battaglia ma, finora, è stato poco incisivo. Su cosa dovrebbe battere per incidere sull’opinione pubblica?

Sì, dall’opposizione si sono levate rare voci critiche contro la politica economica inesistente di questo governo. Dovrebbe invece chiedere al governo di fare proprio in questo momento le riforme di cui il Paese ha bisogno per uscire dalla crisi, a partire dagli ammortizzatori sociali. E di tagliare le rendite, cominciando dalle concessioni televisive per arrivare ai contributi ai giornali di partito, cui sono andati gran parte dei ricavi della Robin tax, la tassa il cui ricavato doveva aiutare i più poveri. Il governo ha poi varato interventi selettivi a favore di gruppi di pressione, come la Fiat, che ha ottenuto i suoi incentivi targati Multipla bipower. E ora ne chiede di nuovi.

Tremonti le risponderebbe che c’è la crisi e non si poteva fare una politica economica più ambiziosa senza causare dissesti irreparabili nella finanza pubblica.

Questo non è corretto. L’Italia aveva la possibilità di fare manovre anticicliche e in disavanzo. Ma non le ha fatte. E il risultato è che il nostro paese sta facendo peggio degli altri pur non avendo vissuto crisi bancarie e bolle immobiliari. Misure come lo scudo fiscale peggiorano i conti pubblici perchè riducono in modo permanente la credibilità del fisco e della sua capacità di raccolta.. Come dimostrano i risultati di misure analoghe varate in passato da Berlusconi. I condoni rendono quindi il problema del debito pubblico strutturalmente più grave, perché viene percepito come più rischioso.

Sul “Fatto” Bruno Tinti ha spiegato perché il presidente della Repubblica non dovrebbe firmare lo scudo fiscale, perché questo spinge “il nostro Paese ancora più in fondo nel precipizio di immoralità che ci sta separando dai Paesi civili”. Che ne pensa?

Non sono un giurista e quindi non me la sento di giudicare se ci siano i margini per un intervento di questo tipo. Certo lo scudo contiene un’amnistia e viene introdotto come emendamento di un decreto. E questi sono fatti gravissimi. La mia impressione però è che Napolitano abbia già fatto molto. Credo sia grazie al suo intervento che è stata evitata la possibilità di usare lo scudo per i procedimenti penali in corso, come prevedeva la versione originale dell’emendamento Fleres che lo ha esteso al falso in bilancio. Ma anche così questa resta una legge incivile che dimostra come il vero problema politico che emerge da questa situazione sia l’approccio del governo alla crisi.


Intervista di Stefano Feltri (da Il Fatto Quotidiano n°5 del 27 settembre 2009)

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Anche gli argentini ci prendono per il culo!

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LETTERA AI GENITORI SULLA "NUOVA INFLUENZA"

DI EUGENIO SERRAVALLE
Specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura-Patologia Neonatale

Cari genitori,

ogni giorno parliamo della nuova influenza, e mi chiedete se sia utile e sicuro vaccinare i bambini.

La mia risposta è NO! Un ‘no’ motivato e ponderato, frutto delle analisi delle conoscenze fornite dalla letteratura medica internazionale. Un ‘no’ controcorrente perché molti organismi pubblici, alcune società scientifiche e i mezzi di comunicazione trasmettono messaggi differenti:

avranno le loro ragioni.

Influenza stagionale e influenza A/H1N1: alcuni dati a confronto

L’epidemia, iniziata in Messico nel 2009, è di modesta gravità: il virus A/H1N1 si è dimostrato meno aggressivo della comune influenza stagionale. Si manifesta come qualsiasi forma influenzale: febbre, mal di testa, dolori muscolari, nausea, diarrea tosse. Non sarà l’unica patologia che colpirà i bambini in questo inverno, e non sarà facile distinguerla dai circa 500 (tra tipi e sottotipi) virus capaci di infettare i bambini. I test rapidi per identificare il virus dell’influenza A hanno poca sensibilità (dal 10 al 60%). Il test quindi non garantisce con certezza se si tratti di influenza A/H1N1.


Sembra però essere un virus molto contagioso, ed è stato dichiarato lo stato di pandemia. La sola parola-pandemia-fa paura. Ma questa definizione è stata appositamente modificata, facendo scomparire il criterio della gravità, cioè della mortalità che la malattia può provocare. La nuova influenza può colpire più persone, pare, ma provoca meno morti di qualunque altra influenza trascorsa. La mortalità, ossia il numero di persone morte rispetto ai casi segnalati, registrata finora nei paesi dove l’A/H1N1 è circolato ampiamente è dello 0,3% in Europa e dello 0,4% negli USA. In realtà potrebbe essere ancora inferiore. Perché generalmente i casi con sintomi lievi sfuggono alla sorveglianza (e quindi i contagiati possono essere molti di più), ed alcuni decessi possono essere dovuti ad altre cause e non al virus (anche se ad esso viene data la responsabilità).

Non deve meravigliare: purtroppo si può, e si muore, di influenza, se si soffre di una patologia cronica, di una malformazione organica, di una malattia immunitaria, o se si è anziani.

Le cifre variano in base alla fonte dei dati. Per esempio in Gran Bretagna sono stati registrati 30 morti su centomila casi e negli USA solo 302 su un milione di casi. Nell’inverno australe (che coincide con l’estate in Italia) in Argentina sono morte circa 350 persone, in Cile 128 ed in Nuova Zelanda 16. Quasi alla fine dell’inverno australe, sinora nel mondo intero si sono avuti 2501 decessi. Per fare un paragone, si calcola che in Spagna, durante un inverno “normale” i decessi per influenza stagionale sono circa 1500-3000.

La mortalità per influenza A riguarda prevalentemente persone di età minore di 65 anni, in quanto i soggetti di età superiore sembrano avere un certo grado di protezione, a seguito di epidemie passate dovute a virus simili.

Il 90% dei decessi per influenza stagionale riguarda persone sopra i 65 anni di età, l’influenza A colpisce invece prevalentemente persone di età inferiore (solo il 10% dei casi mortali si colloca nella fascia di età sopra i 65 anni). Ma, in numero assoluto, l’influenza A provoca pochi decessi tra i giovani; negli USA ogni anno muoiono per influenza stagionale circa 3600 persone sotto i 65 anni, mentre finora ne sono morte 324 nella stessa fascia di età per influenza A. In Australia ogni anno per l’influenza stagionale muoiono circa 310 persone sotto i di 65 anni. A inverno ormai terminato, ne sono morte 132 per influenza A, di cui circa 119 sotto i 65 anni.

Perchè allora il panico?

Quanto successo nei Paesi dell’Emisfero australe ci rassicura: l’influenza A semplicemente arriva a colpire (leggermente) molte persone. Eppure i mezzi di informazione hanno creato il panico. E’ un tipico esempio di “invenzione delle malattie” (disease mongering). Non si tratta della prima volta. Nel 2005 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva previsto fino a sette milioni di morti per l’influenza aviaria. Alla fine i morti furono 262. Si tratto’ di un gravissimo errore prognostico?

Secondo una delle maggiori banche di affari del mondo (JP Morgan) l’attuale vendita di farmaci anti-influenzali e di vaccini muoverebbe un giro di oltre 10 miliardi di dollari.

I medicinali funzionano?

Non esiste alcun trattamento preventivo: i farmaci antivirali, Oseltamivir (Tamiflu) e Zanamivir (Relenza), non prevengono la malattia e su individui già ammalati l’azione dimostrata di questi farmaci è di poter accorciare di mezza giornata la durata dei sintomi dell’influenza. Ne’ va dimenticato che gli antivirali possono causare effetti collaterali importanti. Il 18% dei bambini in età scolare del Regno Unito, a cui è stato somministrato l’Oseltamivir contro l’A/H1N1, ha presentato sintomi neuropsichiatrici e il 40% sintomi gastroenterici.

…E i vaccini?

I vaccini contro il nuovo virus A/H1N1 sono ancora in fase di sperimentazione. Nessuno è in grado di sapere se e quanto saranno efficaci e sicuri, ma vengono pubblicizzati, con gran clamore. Basta che il virus cambi (per mutazione, o per riassortimento con altri virus) per rendere inefficace il vaccino già messo a punto. Sulla sicurezza sia l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che l’Agenzia del farmaco europea (EMEA) dichiarano necessaria un’attenta sorveglianza. Alcuni vaccini sono allestiti con tecnologie nuove e saranno testati su poche centinaia di bambini e adulti volontari, e soltanto per pochi giorni.

Il vaccino che meglio conosciamo, quello contro l’influenza stagionale, sappiamo che ha un’efficacia del 33% tra bambini e adolescenti e che è assolutamente inutile nei minori di due anni. Esistono anche dubbi circa la sua efficacia negli adulti e negli anziani.

Non conosciamo la sicurezza del vaccino per l’influenza A, ma ricordiamo che nel 1976 negli USA fu prodotto un vaccino simile, anche allora con una gran fretta per un pericolo di pandemia, ed il risultato fu un’epidemia di reazioni avverse gravi (sindrome di Guillan-Barrè, una malattia neurologica), per cui la campagna di vaccinazione fu subito sospesa. La fretta non è mai utile, tanto più per fermare un’influenza come quella A, la cui mortalità è così bassa. Conviene non ripetere l’errore del 1976.

Un’altra motivazione a favore della vaccinazione è il cercare di ridurre la circolazione del virus A/H1N1 per diminuire le opportunità di ricombinazione con altri sottotipi. Ma attualmente non esistono strumenti o modelli teorici per prevedere una eventuale evoluzione pericolosa del virus. Sul piano teorico, proprio la vaccinazione di massa potrebbe indurre il virus a mutare in una forma più aggressiva.

Come curarsi?

Per curare l’influenza A occorrono: riposo, una buona idratazione, una alimentazione adeguata, una igiene corretta. Non si deve tossire davanti agli altri senza riparare naso e bocca, bisogna evitare di toccarsi il naso, la bocca, gli occhi, facili vie di accesso dei virus, occorre lavarsi le mani spesso ed accuratamente con acqua e sapone. Non è dimostrato che l’uso di mascherine serva a limitare la propagazione dell’epidemia.

Se decidete comunque per la vaccinazione, vi verrà richiesto di firmare il “consenso informato”, una informativa sui rischi. Leggetelo bene, prima di decidere, chiedete informazioni scritte sui benefici e i rischi. Chiedete e chiediamo insieme, per tutti i vaccinati, che sia attivato un programma di sorveglianza attivo, capace davvero di registrare e trattare i gravi problemi di salute che possono presentarsi dopo la vaccinazione. Chiedete e chiediamo che si prevedano risorse economiche per l’indennizzo ai danneggiati.

Chiediamo di non speculare sulla salute e sulla paura.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6306

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A.A.A. Svendesi Stato

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate ci sono i moduli per lo “scudo fiscale”; e un certo numero di evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori, spacciatori, trafficanti di armi e di donne sta preparandosi a ripulire il bottino. Pagheranno il 5% (contro la consueta percentuale dei riciclatori di professione, dal 30 al 50%) e avranno danaro lecito, realizzando il sogno di ogni delinquente: impiegare il provento del delitto senza essere scoperto. I soldi di questa gente adesso potranno rientrare.
Magari non hanno mai lasciato l’Italia: ma basterà portarli all’estero e poi portarli indietro. Una pacchia . Certo, necessità non vuol legge: siamo senza soldi, c’è la crisi (ma c’è? Berlusconi dice sempre di no); le spese correnti ci mangiano vivi; le grandi opere cui sarà affidata la memoria imperitura del regime ingoieranno risorse stratosferiche; gli sprechi hanno raggiunto soglie da Paesi arabi o africani; come si fa? Svendiamo tutto, tiriamo una boccata d’ossigeno e… Ecco e poi?

Poi niente: questo è il terzo scudo fiscale dal 2001 e il decimo condono in 30 anni; una svendita continuata. Sulle ragioni della svendita e sui suoi pregi politici poche parole: per riempire la cassa o così o una finanziaria da urlo e un aumento della pressione fiscale micidiale. Dopodiché la popolarità di Berlusconi e soci (il 68 % dei consensi!) crollerebbe a picco e i nostri si troverebbero ad affrontare numerosi processi, non più protetti dal Lodo Alfano. Ma quali gli inconvenienti? Perché i condoni, gli scudi fiscali, le amnistie fanno male al Paese? Perché ogni cittadino che può (e dunque tutti meno i lavoratori dipendenti che, poveretti, vorrebbero tanto evadere ma proprio non possono) si fa i suoi calcoli.

La percentuale di accertamento tributario su scala nazionale va dall’8 al 10 per cento; ogni cittadino sa che, se presenta una dichiarazione tributaria falsa, la farà franca in circa il 90 per cento dei casi: nessuno lo controllerà. Il rischio di finire tra gli sfigati in realtà è più basso perché, ogni 5 anni, la dichiarazione falsa non può più essere cont rollata . A questo si aggiunge il condono periodico. In media, uno ogni tre anni. Sicché anche quelle annualità ancora a rischio di controllo (sempre il 10 per cento) le sfiliamo da sotto il naso del Fisco pagando un piccolo obolo (5 per cento contro un’aliquota media del 40 per cento). Ma chi, in questa situazione, è così imbecille da pagare le imposte dovute? Una categoria sola, il lavoratore dipendente. Ecco perché la politica dei condoni è la prima responsabile dell’altissimo tasso di evasione in Italia. Eh, però, soldi ci servono e la cassa è vuota. Vero. Allora bisogna avviare una politica tributaria di lungo respiro. Dunque introdurre il principio della totale deducibilità dei costi (lo si fa negli Usa). Vado al ristorante? Mi faccio rilasciare la fattura e la deduco; compro un vestito? lo stesso; ristrutturo una casa? idem. In questo modo il Fisco sarebbe in grado di incrociare ogni costo con il relativo ricavo. Non sfugge più niente. Ah, certo, ci va una buona organizzazione, prima di tutto informatica. Però sono tempi in cui le capacità di calcolo informatiche sono incommensurabili; e, quanto all’organizzazione, mi pare che i dipendenti del Fisco siano circa 360.000; Naturalmente chissà quanti proverebbero a dedursi costi fasulli.

Qui ci va il secondo strumento: una lotta all’evasione seria. Che, nonostante tutte le balle raccontate ogni anno dal Governo (da tutti i Governi) e dalle sue strutture specializzate in materia, attualmente è una barzelletta. Prima di tutto perché la ridotta percentuale dei controlli e i ricorrenti condoni sono un ostacolo insuperabile: se ogni tre anni debbo tirare una riga sulle evasioni fatte fino ad allora, che lotta all’evasione faccio? Ma poi perché l’accer tamento tributario è talmente complicato che, prima di arrivare alla conclusione passano anni; ma tanti. Io faccio il presidente di una sezione di Commissione tributaria regionale (l’Appello): in genere esaminiamo anni dal 1998 al 2000; ma qualche volta vediamo roba del 1995. E, dopo di noi, c’è ancora il giudizio di Cassazione... Infine perché il processo penale per i delitti tributari è una vera farsa: per le solite ragioni per cui il processo penale italiano è costruito per non funzionare; e poi anche perché la legge penale tributaria è stata scritta sotto dettatura del partito degli evasori. Pensate che, per essere sottoposti a processo penale per dichiarazione infedele, occorre aver evaso un’imposta superiore a 103.000 euro, il che vuol dire che non sono stati dichiarati ricavi per circa 250.000 euro. Insomma chi fa un nero da un quarto di milione (all’anno) non sarà mai imputato. Qualche anno con una politica tributaria assennata e un assetto sanzionatorio severo ed efficiente e anche l’Italia potrebbe aspirare ad un posto tra i Paesi civili.

Bruno Tinti
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578

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Banca Etica e Etica Sgr, no ai capitali rientrati con lo scudo fiscale

Banca Popolare Etica, la prima banca italiana che opera secondo i principi della finanza etica, e Etica Sgr, società di risparmio gestito del gruppo, non accetteranno la raccolta di capitali che dovessero rientrare in Italia grazie allo “scudo fiscale”. Un secco no al provvedimento messo a punto dal governo Berlusconi, dunque, che alimenta le perplessità su un’operazione già criticata da più parti. L’istituto di credito padovano, attraverso un comunicato pubblicato questa mattina sul suo sito ufficiale, ha sottolineato anche come di conseguenza non predisporrà alcuna misura commerciale e operativa al fine di attirare tali capitali o facilitarne il rientro.

Lo “scudo fiscale” del governo italiano prevede, di fatto, un gigantesco premio per tutti gli evasori che hanno nascosto in conti correnti esteri i propri capitali. E un salvacondotto per una vasta serie di reati, compreso il falso in bilancio. Nell’ambito del provvedimento è previsto perfino il sollevamento dall’obbligo, per gli intermediari, di segnalare le operazioni sospette a fini anti-riciclaggio.

«I principi della finanza etica che ispirano per intero la nostra attività – ha spiegato Mario Crosta, direttore generale di Banca Etica – prevedono la piena tracciabilità del percorso del denaro e la provenienza lecita di quello che raccogliamo. Accettare capitali accumulati anche grazie al mancato rispetto delle leggi e che, al già grave reato di evasione fiscale, potrebbero sommare il falso in bilancio, sarebbe una violazione del nostro dna e un tradimento dei clienti che ci scelgono quotidianamente in nome di un uso responsabile del denaro».

Mentre dunque la maggior parte degli istituti di credito stanno mettendo in campo “task force” di esperti e strumenti finanziari ad hoc per intercettare il ghiotto boccone dei capitali occultati e ora in via di rientro, Banca Etica opera una scelta opposta. «L’intermediazione di denaro proveniente da attività illecite umilierebbe l'impegno per la legalità che noi, insieme ad altri istituti bancari, associazioni e cittadini scegliamo quotidianamente - ha aggiunto Fabio Salviato, presidente dell’istituto -. La normativa proposta, tra l’altro, potrebbe esonerare gli intermediari finanziari anche dall’obbligo di segnalare eventuali operazioni in odore di riciclaggio. Non è certo in questo modo che il settore bancario recupera la fiducia dei cittadini. Il bisogno del governo di fare cassa non giustifica un condono iniquo verso i risparmiatori che hanno sempre rispettato le regole, e profondamente diseducativo. In Italia l’evasione fiscale è una piaga da combattere con il rigore e non con le sanatorie a basso costo».


http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=1584

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Tutti contro don Giorgio, il prete che denuncia la mafia nella casa di Dio

Minacce telefoniche e insulti al sacerdote messo all'indice dal giornale di Feltri
Tutti contro don Giorgio, il prete che denuncia la mafia nella casa di Dio

Ci mette un po' a rispondere, don Giorgio. Eppure un attimo prima dava occupato, e così per buona parte del pomeriggio. Dopo decine di squilli un filo di voce. Credeva, il settantunenne sacerdote, che all'altro capo del filo ci fosse l'ennesimo insulto. Da due giorni, da quando il giornale di famiglia del Premier e di Feltri lo ha preso di mira, «è una tortura, un vilipendio unico, robe spaventose». Il cronista si vergogna a chiedere un catalogo esemplificativo di quegli insulti ma lui anticipa la domanda e mi rimanda al sito - dongiorgio.it - per rendermi conto delle volgarità pronunciate da sedicenti cattolici. Il repertorio è quello consueto, una miscela di minacce, insulti più la retorica su martiri, eroi, patria. «Infame», «criminale», «bastardo» sono gli epiteti più lievi talvolta conditi dalla weltanschauung un po' rozza del generone leghista e fascista. Don Giorgio non ha censurato nessuno, le parolacce sono tutte sul suo sito.
Ma perché il potente organo della famiglia B. se la prende con questo prete di campagna che nemmeno è parroco? Giorgio De Capitani è "residente con incarichi pastorali", ossia dice messa in una frazioncina, Monte di Rovagnate, a una ventina di chilometri da Lecco. 500 anime che diventano 6-700 la domenica quando il don celebra le sue «vivaci messe». Molti lo amano, qualcuno lo insulta mentre officia, qualcuno passa per «spiare» e da 48 ore il paesino è «frastornato, vive un clima sbagliato», ammette il sacerdote che afferma di avere un certo timore a uscire dalla canonica.
Dice messa e scrive su un sito. E riceve posta. Come la lettera dei lavoratori di Acerra licenziati dal termovalorizzatore che Berlusconi ha finto di inaugurare a luglio. Il giorno dopo la strage di Herat e tutta quella retorica a senso unico. Morti di serie A e morti di serie B. Lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Don Giorgio sbotta. Col suo linguaggio colorito. «Se una parola forte serve a scuotere le coscienze - dice - la uso senza pormi alcun problema». E scrive contro il contagio «da esaltazione paranoica patriottica» e trova il coraggio di dire che i «nostri militari che si trovano nelle zone calde di una guerra non sono altro che mercenari» e pone domande scomode: «Chi si è ricordato di Teresa Sarti, moglie di Gino Strada? Una grande donna, altro che i maschioni fascistoidi della Folgore!». «Emergency - aggiunge - sta lì a curare le persone ferite da chi è andato lì a sparare. Perché a Teresa non sono stati tributati funerali di Stato». Naturalmente questo prete condanna gli attentatori «vigliacchi, delinquenti» e scrive chiaro che di fronte alla morte siamo tutti uguali. Ma il «finimondo» si scatena su di lui, a mezzo stampa, via telefono e via mail. «Nessuno dice che quindici giorni fa sono stati uccisi dei civili e non si sa da chi perché c'è il segreto militare, non si fa una missione di pace con le armi in mano - spiega ancora a Liberazione - si fa retorica sul fatto che i soldati morti siano del Sud, che abbiano bisogno, però qualcuno li addestra a sparare. E' un'offesa al Sud».
Ma perché, dicevamo, tutto questo piombo (di stampa) contro un prete di campagna? Primo perché non è solo. Il noto quotidiano ha contato i preti ribelli mettendo all'indice il no global don Vitaliano, il genovese don Gallo e così via fino a contarne 41. A pochi metri dalla basilica di S.Paolo di Roma, la comunità cristiana di base, per tutta la giornata di ieri, ha pregato per tutte le vittime della guerra e per la fine della guerra stessa mentre non pochi saluti romani spiccavano tra la folla commossa accorsa per i funerali di Stato. Ma è probabile che al giornale non vadano giù gli attacchi di don Giorgio alla «mafia nella tana di Dio», così definisce Comunione e liberazione e il suo braccio secolare, la Compagnia delle Opere, che gestisce tutta la sanità lombarda, e pezzi di cultura, di scuole, atenei, oratori e gli appalti dell'Expo, «come una setta ramificata». Cl e la Lega che si stanno per scannare sull'eredità di Berlusconi, ormai al crepuscolo.
E Tettamanzi, il cardinale di Milano tirato per la giacchetta dal giornale, non è ancora mai intervenuto contro questo prete affezionato alla teologia della liberazione.
Tra gli insulti, intanto, spuntano gli interventi di solidarietà con don Giorgio: «La vera storia della guerra in Afghanistan è nota per chi la vuol conoscere. La democrazia non c'entra nulla... civili e soldati sono entrambi vittime della porca guerra... caro don Giorgio non badi a coloro che la insultano, hanno una visione miserrima della vita e del suo valore», dice nella lunghissima lettera una donna che si firma "figlia di un militare".

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Tu chiamala se vuoi… evasione

Crescono l’evasione e l’elusione fiscale. Solo lo 0,2% dichiara di possedere redditi oltre i 200.000 euro. I lavoratori dipendenti risultano più “ricchi” degli imprenditori e dei liberi professionisti. Lo conferma (dopo di noi) pure l’inchiesta del Corriere della sera. E il governo intanto vara lo scudo.
Sapete quanti italiani hanno dichiarato di aver guadagnato nella loro denuncia dei redditi dello scorso anno più di duecentomila euro? Appena 75.689: meno dello 0,2% dei circa 41 milioni di contribuenti, poco meno, quindi, di due su mille. Di questi “super ricchi” poco più della metà sono lavoratori dipendenti. Dirigenti d’azienda, funzionari pubblici di rango più o meno elevato, magistrati. Poi c’è un altro 25% di “pensionati d’oro” che negli anni passati ha svolto, più o meno, le stesse mansioni. I lavoratori autonomi che hanno invece dichiarato un reddito superiore a 200mila euro sono poco più di ventimila. Cifra che scende ancora per quelli che si dichiarano “percettori di reddito d’impresa”: soltanto 6.253 in tutto.
DATI PARTICOLARI - Va precisato che si tratta di dati provvisori e che fra i numeri dei contribuenti veri e propri e quelli delle dichiarazioni ci possono essere alcune differenze, dovute al fatto che lavoratori dipendenti possono avere anche redditi da lavoro autonomo. Ma le proporzioni, salvo qualche aggiustamento, sono in ogni caso giuste. Il Fisco inoltre ha comunicato che la dichiarazione media del reddito da lavoro autonomo (prevalentemente professionisti) è stata pari a 37.124 euro contro i 19.334 euro del reddito da lavoro dipendente. Qui c’è una seconda sorpresa. Perché se è normale che un lavoratore dipendente dichiari più di un pensionato, è difficile da comprendere come il reddito medio di una ditta individuale possa essere inferiore a quel livello. Esattamente, 18.987 euro. Come non è facile spiegare un’altra particolarità. Stando sempre ai dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, un numero esorbitante delle circa 940 mila società di capitali italiane avrebbe chiuso il bilancio in perdita. Addirittura il 45%, quasi una su due, del totale verserebbe in questa situazione.
IN ROSSO - Le imprese in rosso sono state quasi mezzo milione ed hanno accumulato un buco di 53,5 miliardi di euro. Ben 127.490 euro in media. Le società in utile, invece, erano appena 520.459, con profitti per 151,1 miliardi. Se tutto questo avveniva nell’anno precedente a quella che è stata definita “La crisi finanziaria più grave dal crack 1929”, è veramente difficile immaginare lo scenario che si potrebbe presentare con le dichiarazioni di quest’anno (sui redditi del 2008, quindi). Una situazione, quella delle società di capitali, che stride anche con quella delle società di persone, dove i bilanci in rosso sono sicuramente più rari. Queste sono poco più di un milione e rappresentano in prevalenza le piccole e le piccolissime imprese. Circa 148 mila hanno chiuso il bilancio in perdita, una fetta inferiore al 15% del totale. Le società di persone hanno prodotto nell’anno in esame un reddito di 32,4 miliardi. Se a questa somma si aggiungono il reddito delle ditte individuali (39 miliardi circa) e gli utili delle società di capitali si ricava che il sistema delle imprese ha prodotto redditi in “positivi” per 222 miliardi di euro, una somma di poco superiore alla metà del 398 miliardi di redditi dichiarati dai lavoratori dipendenti.
ALLO STATO - Quanti di questi soldi sono finiti effettivamente nelle casse dello Stato? Si stima in 60,7 miliardi il gettito fiscale garantito dalle imprese. Ben 50,7 miliardi riguarderebbero l’Ires delle società di capitali, mentre l’Irpef pagata dalle società di persone si sarebbe attestata intorno ai 6 miliardi, contro i 4 versati (sempre di Irpef) dalle ditte individuali. Le piccole e piccolissime imprese artigiane e commerciali, che rappresentano la stragrande maggioranza delle società di persone e delle ditte individuali avrebbero in pratica pagato una decina di miliardi di euro di tasse. Ovvero il 7% dell’Irpef netta (142,5 miliardi) che sarebbe finita all’Erario. Numeri che secondo gli esperti offrono pochi margini per interventi fiscali a favore del sistema delle imprese che da più parti si continuano ad evocare.
LA LOTTA ALL’EVASIONE - Secondo l’istituto Nens La lotta all’evasione fiscale sta andando male, e questo non è un caso: dal primo decreto di finanza pubblica del maggio 2008 al decreto anticrisi (DL 185/08) di novembre dello stesso anno, sono state smantellate le principali misure antievasione approvate in precedenza dal Parlamento. Si è eliminato la tracciabilità dei compensi dei professionisti; si è innalzato l’importo massimo per rendere non trasferibili gli assegni, si è abolito la trasmissione telematica dei corrispettivi, si è cancellato l’obbligo di tenere un elenco clienti-fornitori facendo così capitolare la co-responsabilità nel pagamento delle imposte tra committente, appaltatore e subappaltatore. Infine, si è ridotto – come detto – drasticamente le sanzioni. L’evasione, quindi, aumenta. “Lo Stato continua a perdere entrate anche nel 2009 – sostengono gli esperti del Nens - e questo creerà presto nuove pressioni sui saldi di finanza pubblica proprio in un momento in cui servono più risorse per finanziare misure di sostegno all’economia”. Una certa curiosità desta poi la notizia pubblicata poco tempo fa dal sito Consumatori.it secondo il quale risulta che circa due yacht su tre che circolano nei mari italiani sono intestati a nullatenenti o a prestanome ultra-ottantenni. L’indagine rivela che si sta allargando a dismisura il fenomeno dei “ricchi nullatenenti”, in altre parole falsi indigenti che vivono spendendo migliaia d’euro per beni superflui e non dichiarano al fisco quanto guadagnano in realtà.
COME AL SOLITO – Enzo Biagi scriveva una quindicina d’anni fa nel suo libro “I come italiani”, citando Corrado Alvaro: “Pochi italiani sono arrivati a capire che il male di uno è il male di tutti, e per uno che soffre la prepotenza e la malvagità, tutto il popolo finisce per soffrirne”. Dalle denunce dei redditi non si direbbe. Pagano solo i lavoratori dipendenti, anche perché non possono farne a meno, ed è su di loro che il fisco si accanisce […] Non ci sono né i mezzi né la volontà politica, che è quasi sempre assente, per scoprire ed eventualmente riportare alle regole quella stragrande maggioranza che dell’erario, dello stato, del governo e delle autorità in genere se ne infischia. I gioiellieri guadagnano all’anno poco più di 18 milioni (valore in lire, n.d.r.) gli imprenditori superano appena i 19, i pellicciai 13. Tremeranno dal freddo. E lasciamo perdere i liberi professionisti, che sono così emancipati, autonomi emancipati e padroni di sé che proprio non si capisce chi possa pensare di mettere un limite a questa loro indipendenza. Niente di nuovo sotto il Sole, quindi.

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non ho parole.....

Si intitola «La pace può»
«Nobel per la pace al Cavaliere»

Adesso c'è anche la canzone
Il comitato vorrebbe trasmetterla in anteprima nazionale unificata nei cinema italiani

AUDIO: ascolta la canzone
MILANO - Il pezzo forte è il ritornello: «Siamo qui per te, cuore e anima, un Nobel di pace, Silvio grande è. Siamo qui per te, coro unanime, un’unica voce, Silvio Silvio grande è». Mentre la prima strofa vira sul bucolico-celestiale con «l’Abruzzo si risveglia incredulo, la neve e il sole che s’incontrano e la tua mano è qua». Poi la chiusa convinta: «C’è un presidente, sempre presente, che sempre ci accompagnerà».
REGALO DI COMPLEANNO - Si intitola «La pace può» ed è l’ultima composizione di Loriana Lana, paroliera ufficiale alla corte del Cavaliere, che ha scritto a quattro mani con lui qualche greatest hits per i cd Berlusconi-Apicella. Stavolta l’interessato non ha contribuito, anzi la canzone è una sorpresa per il suo compleanno n. 73 che si festeggia martedì prossimo. Il brano, che segue di pochi mesi la marcetta «Silvio forever», sarà l’inno ufficiale del comitato «Silvio per il Nobel», che da mesi raccoglie sottoscrizioni per la candidatura del presidente del Consiglio al prestigioso premio di Stoccolma nel febbraio 2010. Categoria: Pace.
ASPETTANDO STOCCOLMA 2010 - «Di firme ce ne sono già 10 mila. Ma ne arrivano ogni giorno a centinaia», assicura l’avvocato romano Emanuele Verghini, presidente del comitato. Loriana Lana, cantautrice e poetessa, esegue le strofe, il ritornello è per l’ugola del tenore Sergio Panajia, testi del maestro Pino Di Pietro, nessuna parentela. Il comitato (www.silvioperilnobel.sitonline.it) vorrebbe trasmetterla in anterprima nazionale unificata nei cinema italiani (su richiesta) proprio nel giorno del compleanno del premier, alla proiezione serale. E a rotazione continua su Radio Spazio Nuovo, emittente vicina al Pdl. Versione integrale con filmato su YouTube.

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PARADOSSI/ Quelle tasse non pagate che potrebbero far bene all’Italia

C’è qualcosa di surreale, di davvero pirandelliano nel sussiego con cui le fonti istituzionali snocciolano, periodicamente, le loro stime sull’economia sommersa in Italia, dimostrando - proprio attraverso la dimensione enorme delle cifre in ballo, quanto inaffidabili possano essere: i numeri presentati più recentemente da Istat e Agenzia delle Entrate parlano di un fenomeno che si attesterebbe tra il 17% e il 19% del Pil, ovvero il doppio rispetto ai paesi europei più avanzati, il che significa che in Italia la ricchezza sottratta al sistema fiscale e contributivo oscillerebbe tra i 240 e i 270 miliardi di euro, pari a una perdita di gettito superiore ai 100 miliardi di euro l’anno, ossia più del 15% del totale delle entrate fiscali oggi raccolte.
Ma ci rendiamo conto? Significa che il 19% dell’economia nazionale non c’è. È nera. Attenzione: nera, ma non malavitosa. Nel sommerso non è computato il fatturato della droga, o della prostituzione. Aggiungendo le stime al riguardo alle altre, emerge un quadro delirante: un quarto del Paese ignoto all’anagrafe fiscale, e previdenziale, un quarto del Paese…fuorilegge.
È mai possibile? Ebbene, la risposta - per quanto possa sembrare assurda e insieme dolorosa - è una sola: è possibilissimo. Soprattutto perché lo Stato si è fermato a Eboli. Il nostro Sud è tuttora prevalentemente una sterminata vandea di inefficienze e connivenze. E né la sinistra di governo né l’attuale destra hanno mai voluto o saputo incidere con determinazione in un cancro socioeconomico che andrebbe semplicemente estirpato.
Perché mente chi afferma che il sommerso è l’unico modo con cui queste persone, queste terre, vivono: non è così, perché al contrario il sommerso consente illeciti guadagni e ingiusti arricchimenti a chi non si limita a evadere o eludere qualche tassa, ma arriva a costruire sistemi complessi di scientifica dissimulazione del lavoro, altrui naturalmente, che diviene oggetto di sfruttamento sistematico e spesso scellerato, con logiche e metodi a volte di assoluta crudeltà.
La gravità del problema diventa ancora più visibile se il fenomeno dell’evasione viene studiato nel suo andamento storico. Come si legge in una recente relazione dell’agenzia delle entrate, in soli cinque anni la ricchezza prodotta nascosta al fisco è aumentata di circa il 30% e l’evasione cumulata nello stesso periodo ha superato i 400 miliardi di euro, cifra che coincide con il volume di risorse impegnate in un quinquennio nel servizio sanitario nazionale e che supera del 25% l’impegno pubblico nell’Istruzione.
Ora, premesso che fa un po’ ridere prendere sul serio stime fondate su una così madornale incapacità dello Stato e delle sue strutture di monitorare il territorio, è comunque interessante sottolineare che in base agli ultimi dati istituzionali pubblicati, nel 2005 l’economia sommersa riguardava 5.544 mila attività lavorative svolte in modo irregolare, pari a circa 3 milioni di occupati a tempo pieno, ovvero l’irregolarità coinvolgerebbe oggi oltre il 12% del totale degli occupati, disfunzione che sta assumendo un carattere strutturale. E sul fronte europeo l'Italia si distingue fortemente in senso negativo rispetto ai primi 15 Paesi dell’area-euro, dove la quota di occupati irregolari sul Pil si attesta ampiamente sotto la media del 6%.
Ma in questo quadro di drammatico paradosso non va trascurato un altro dettaglio. Se lo Stato italiano potesse portare interamente nel computo del Prodotto interno lordo tutto il sommerso stimato, innalzandolo a quel 20% che le stime indicano, come d’incanto i nostri conti pubblici guarirebbero, perché il denominatore in base al quale viene calcolato quel 107% di debito pubblico rispetto al Pil e quel 5% di deficit rispetto al Pil che ci collocano tra i Paesi europei meno virtuosi, si innalzerebbe facendo subito scendere, in proporzione, quegli stessi parametri. Facendoli scendere ben bene, verso quote quasi fisiologiche.
Ma allora perché non buttare giù questo bicchiere amaro, riconoscere la gravità del fenomeno-sommerso e chiedere a Eurostat di permettere all’Italia una revisione ampliata della quota di sommerso che si può includere nel calcolo del Pil ai fini del patto di stabilità europeo? Forse una risposta ufficiale non c’è, indubbiamente però per lo Stato italiano sarebbe imbarazzante trarre vantaggio dalla propria incapacità di monitorare il territorio, l’economia e la società.
Eppure, nonostante ogni imbarazzo, il peso del fenomeno e la convenienza della rettifica creerà, se le cose non cambieranno presto (e come sperare che cambino, se non in peggio?), le premesse perché tutto questo diventi realtà. Il sommerso c’ha distrutti, il sommerso ci rifarà.

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MICHELE SERRA: Lehman lancia la Gonzo Card

da L'Espresso
SATIRA PREVENTIVA
Lehman lancia la Gonzo Card

di Michele Serra


In Italia la crisi economica si è chiusa ufficialmente ieri, alle 11 e 23. L'operaio cassintegrato Mario Rossi, nel popolare emporio genovese 'Solo belinate', ha acquistato un telefonino Multiplex Photonic Hg400, con tastiera a sei piste, in grado di telefonare da solo, gemellarsi con la Nasa, giocare in Borsa e tostare le arachidi. Grazie ai 450 euro versati in contanti da Mario Rossi nella cassa di 'Solo belinate', è scattato su tutto il territorio nazionale il jackpot di Fine Crisi e l'operaio, incredulo e felice, si è trovato circondato da centinaia di telecamere e da una folla plaudente. Il ministro Tremonti in persona ha voluto telefonare a Mario Rossi che per l'emozione non è riuscito a rispondere perché continuava a digitare il tasto per tostare le arachidi. Sarà insignito di Medaglia d'oro al valor civile e, quando sarà il momento, avrà i Funerali di Stato.
Altri eroi Non solo Mario Rossi. Verranno insigniti di onorificenze, e ricevuti con tutti gli onori a Palazzo Chigi, anche altri oscuri eroi dell'economia che non hanno voluto arrendersi al disfattismo. Come l'impiegato campano Puccio Mazzaruotolo, che nonostante abbia dovuto rinunciare alla sua automobile, pignorata, ogni mattina appena alzato ha bevuto stoicamente un litro di benzina. O come la casalinga emiliana Elvira Strafogacci, inventrice del popolarissimo tortellino della crisi: troppo caro il ripieno di carne, Elvira metteva in ogni tortellino un cartiglio con un pensiero positivo di Silvio Berlusconi.
Altri parametri Anche altri parametri sembrano indicare la fine ufficiale della crisi e il ritorno ai tempi felici di una volta. Ha finalmente riaperto i battenti la mitica Lehman Brothers, il cui crack trascinò l'intero pianeta nella catastrofe finanziaria. Per adesso un solo sportello nel cuore del Bronx, nel retrobottega di un locale di lap-dance per portoricani. Una ripartenza umile, volutamente di basso profilo, che però garantisce ai suoi clienti un servizio prestigioso: i soldi dei correntisti vengono investiti in titoli di Stato di Atlantide. Al cliente viene anche fornita la prestigiosa Gonzo Card. Si sono già formate lunghissime code. In Italia fa ben sperare la forte impennata del mercato della prostituzione, anche se gli esperti non si spiegano l'irregolare distribuzione sul territorio nazionale: fortissimi picchi dei consumi a Roma e Bari, situazione stazionaria altrove.
Mercato immobiliare Le cose vanno meglio. Negli Usa le eleganti ville in stile neocoloniale tutte di legno, viste in tanti telefilm, sono le grandi protagoniste del clamoroso rilancio di un settore, quello delle segherie, che negli ultimi anni era stato piuttosto in ombra. Qualche spiraglio anche per gli immobiliaristi disoccupati: in molti hanno trovato impiego nei circhi, dove si esibiscono raccontando al pubblico come vendere cinquecento metri quadrati di casa a un facchino disoccupato.
Cultura I consumi culturali, in crisi in tutto il mondo, sono in forte risalita in un solo paese, l'Italia, grazie agli sforzi del governo. Forti incentivi per l'acquisto di rilegature di libri senza il libro dentro, facili da spolverare e comodissimi da leggere: c'è solo il titolo. Il governo ha anche accettato un emendamento dell'opposizione, che chiedeva con fermezza che il titolo non fosse lo stesso per tutti i libri. La Rilegatoria di Stato ha ritirato dalla circolazione 300 milioni di copertine di colore diverso, ma tutte con il titolo 'Furia Cavallo del West: dietro le quinte', promettendo di sostituirle con almeno altri due titoli di maggior spessore culturale, concordati con l'opposizione: 'Furia Cavallo del West nel percorso freudiano' e 'Furia Cavallo del West e i moti equini del primo Novecento'.

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ENTRO LA FINE DELL’ANNO BERLUSCONI CADRA’

di PAOLO GUZZANTI

Ieri ho trascorso una giornata diplomatica. In una ambasciata che non dico con diplomatici e altri diplomatici. Mi è stata data dunque notizia che la Chiesa, dopo aver a lungo dibattuto, sembra orientata a far mancare il suo appoggio al presidente del Consiglio per i suoi comportamenti privati e pubblici e per la vicenda Boffo. La novità è che non solo la Cei, ma lo stesso papa Ratzinger dice di aver superato la soglia del sostenibile. Nel frattempo l’appoggio internazionale e non soltanto americano, viene meno ogni giorno di più. Israele non ha digerito il sostegno italiano alla nomina di un razzista egiziano alla presidenza dell’Unesco. I rapporti personali e privati, nonché pubblici ed economici con Putin sono al centro del problema, per una catena di gravi questioni legate alla natura strategica del problema energetico: nessuno vuole un’Europa sulla quale la Russia abbia “potere di rubinetto”. Energie differenziate, sì. Russa compresa. Ma preminenza di quella russa al punto da mettere l’Europa, oltre l’Italia, alla mercé di Mosca, questo no. Obama ha fatto una grande concessione ai russi sui missili antimissile in Polonia e Cecoslovacchia, ma la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato manifestano una inquietudine che non dipende dagli “interessi” americani, ma da una questione di sicurezza.La Chiesa da parte sua ha deciso di non ingoiare il rospo e reagire. Il combinato disposto, unito alle possibili prospettive della sentenza della Corte Costituzionale, apre nuovi e gravi scenari. La possibile fusione di una parte del Pdl (non solo ex AN) con Udc, Rutelli, Fini e, fuori, il nuovo soggetto di Luca di Montezemolo preannuncia un laboratorio in fieri.

Ieri avevo deciso di non rivelare le mie informazioni diplomatiche, ma quando ho visto la dichiarazione di Bagnasco ho capito che il dado era tratto. Si parla di un fin de recevour per la fine dell’anno.

http://www.ilpolitico.it/?p=16395

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Lettera aperta alla sen.Laura Allegrini (PdL)

http://www.cloroalclero.com/?p=2277#more-2277

Gent. sen Allegrini:

Le scrivo per esprimerLe la mia opinione in merito all’interrogazione parlamentare e alla denuncia che Lei ha posto in essere in merito al blog Precariopoli.

Leggo che Lei è una senatrice del PdL, che ha piu’ o meno la mia età e che di mestiere fa l’imprenditrice . Leggo che si è indignata per le vignette e l’ironia di Precariopoli e che ha voluto fare un gesto eclatante, mediaticamente “sonoro”: chiedere in Parlamento di oscurare quel blog e inoltrare presso la polizia postale una denunzia affinchè di questo “sovversivo provocatore” si occupi la magistratura. Brava.

Spero che tutto cio’ non abbia nulla a che fare da parte sua con un “ruolo di protagonista” nell’attentato alla libertà di espressione che si sta portando avanti in parlamento, con il totale dissenso di quasi tutti gli italiani. Come del resto v’è popolare ed esteso dissenso sul tema “guerra” che voi politici portate avanti in barba alla volontà di noi popolo italiano che, di destra o di sinistra che siamo, esprimiamo ovunque disaccordo.

Ora: lei scrive o fa scrivere che è un’inaccettabile ironia dileggiare i morti in una missione di guerra (non prendiamoci in giro. Anche “il giornale” arriva a criticare l’ipocrisia linguistica della “missione di pace” come “logica da perdenti”) e magari potrebbe aver ragione .

Ma il popolo italiano non è d’accordo con questa guerra. Anche De Magistris, che non fa parte della sua stessa parte politica è stato criticato dai suoi stessi simpatizzanti ed elettori per aver usato la medesima ipocrisia mediatica che usate voi, Berlusconi e La russa e Frattini e gli altri, dei “missionari per la pace”.

E il blog Precariopoli, certo non brillando per buon gusto e sobrietà di sentimenti, ha comunque un merito: far arrabbiare i guerrafondai e far parlare, tra indignati per l’una e per l’altra cosa, di questa guerra in cui siamo coinvolti. Che non è nè una guerra di civiltà, nè una guerra contro il burqa per le afghane. Ma una guerra per gli oleodotti, gestita economicamente dall’ENI che non porta ne porterà benefici al popolo italiano, non risolverà alcun problema: non la crisi economica, nè quello dei precari, nè quello dei disoccupati in continuo crescendo, nè quello dei lavoratori che muoiono, nè quello delle mafia e della camorra che in Italia spadroneggiano, avvelenando uomini, terra ed acqua, senza che questo “tunnel feudale” abbia mai una fine.

Sia onesta, sen. Allegrini. Io sono una persona semplice,ma so per certo che lei ha voluto mettersi in mostra con “atti esemplari” di punizione individuale per fare dei piaceri al suo padrone e alla classe economica (lei è un’imprenditrice) cui appartiene.

Che possibilità abbiamo, noi italiani che siamo contrari alla guerra di far sentire la nostra voce, se non quella di provocare reazioni come la Sua, in modo che, almeno, se ne parli dell’opportunità di far restare in Afghanistan i nostri militari? Nessuna. Ci voleva un Ramone e il suo sarcastico “bingo” per far si che il “giornale” parlasse della questione. E ci voleva lei, senatrice, con i suoi proclami indignati di richiesta di punizione esemplare per suscitare un minimo di reazione.

Badi: non parlo da comunista (non lo sono neppure, sono anarchica e su questo blog puo’ trovare pesanti critiche a Prodi, all’epoca di Turigliatto e Rossi che votarono in modo contrario al finanziamento di quest’ obbrobrio umano e costituzionale che è la guerra afghana, appoggiata anche dal PD che viene da me ugualmente stigmatizzato) ma parlo da figlia di un soldato italiano, un reduce d El Alamein, che si è sentita racconti di guerra per tutta l’adolescenza e che si è educativamente formata il significato di “guerra=NO BUONA“.

Signora Allegrini: non so se conosce gli effetti dell’uranio impoverito, sparso a piene mani nei territori occupati dagli eserciti occidentali in Iraq e in Afghanistan ( e in Kossovo, diciamolo) sui neonati , ma anche (direbbe il suo collega Veltroni) sui soldati italiani tornati vivi ma con la morte addosso. Come direbbe Vasco Rossi: “c’è chi dice no” a queste cose. E cominciamo ad essere in tanti ed anche bipartisan.

Lei è senatrice, sig Allegrini. E’ anche imprenditrice e ricca. Io, che ho piu o meno la sua età, condivido con lei la necessità di rendere onore ai soldati morti. Lei, che rappresenta il potere governativo di questo periodo, dimostri, in maniera un po’ meno banale dell’invocare censura e punizioni, che la sua iniziativa scaturisce da un sentimento diverso dalla mediocrità e dalla voglia di ribalta mediatica. Si batta per risarcire le famiglie dei 28 soldati morti dopo le missioni, per le intossicazioni contratte durante le guerre di Iraq e Kossovo.

E a questi soldati morti in Afghanistan dia un congruo risarcimento, magari un mezzo milione di euri a famiglia, così che possano vivere nonostante la tragedia che il potere che lei incarna in questo momento ha causato con le sue decisioni. Per esempio ho visto che Roberto Valente, uno dei “ragazzi caduti a Kabul” lascia un bambino piccolo:
Garantisca a questo bambino, colpito dall’immane tragedia di essere rimasto senza padre perchè, come dice da sempre la sua parte politica “andarsene dall’Afghanistan sarebbe un disastro” un futuro che lo compensi del triste destino di aver avuto un padre al servizio di “questo stato” italiano.

Penso che questo sì sarebbe un ottimo modo di “rendere onore” ai morti. Penso che anche la “sete di giustizia” che l’indignazione per le vignette di Precariopoli suscitano nelle anime sensibili come la Sua (e ancor di piu’ in quelle delle famiglie dei caduti) sarebbe degnamente resa. E porterebbe armonia (parzialmente) anche in quella contraddizione, quello scompenso strano, che fa sì che nella nostra costituzione vi sia un articolo fondamentale secondo cui “ripudiamo la guerra”, epperò periodicamente “i nostri ragazzi” in guerra ci crepano lo stesso. Con o senza i dileggi di precariopoli.

Con rispetto per tutti, la saluto.

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I fantastilioni e la ripresa che non c'e'

Leggo in Rete che abbiamo oltre "un quadrilione" di derivati nel mercato finanziario. Non sono io l'addetta alla finanza su questo blog, perciò sono rimasta talmente esterrefatta da cercare di capire a quanto ammontasse esattamente: un quadrilione sarebbe "un milione alla quarta potenza". Ne so quanto prima, ma l'impressione è quella di una cifra astronomica nel vero senso della parola: càpita in genere con le misure di stelle, galassie e anni luce di leggere numeri del genere.

Bon.

Ma quanto è, insomma un quadrilione?

Un bilione è un miliardo

un trilione è mille miliardi

un quadrilione è un milione di miliardi di dollari.

Cosa è tutta 'sta roba?

Passo la palla a Pietro che proverà a (ri) spiegarci in breve.


Come diceva Debora, ogni tanto qualcuno si ricorda della immane spada di Damocle dei derivati, una spada di Damocle grande decine di volte l'intero prodotto interno lordo MONDIALE. Talmente grande da sconfiggere perfino l'immaginazione. Corrisponde e lo dimostrerò in un prossimo post, data l'importanza dell'affermazione, nevvero, all'intera fortuna di Zio Paperone che il suo più recente autore valuta pari a 5 multiplujilioni, 9 impossibidilioni, 7 fantasticatrilioni di dollari e 16 centesimi.

Cosa sono questi derivati?

Scommesse, scommesse MOLTO azzardate, ad esempio sull'andamento futuro della borsa.

Sono scommessi che gli istituti di credito fanno, tipicamente, con i VOSTRI soldi, con i soldi di chi, più o meno consapevolmente, ha scelto una forma di investimento qualunque, che non sia rigorosamente prudente, escludendo questi strumenti finanziari espressamente.

Come già veniva segnalato due anni fa , questo genere di scommesse viene fatto anche con i soldi di numerosi enti pubblici, Comuni e Regioni comprese, quindi un eventuale crack conivolgerebbe comunque TUTTI I CITTADINI, anche i risparmiatori più prudenti.

Normalmente scommesse di segno opposto, per meri motivi statistici, si equivalgono, più o meno, visto che in linea di massima il trend generale della borsa è, sulla scala temporale prescelta dagli scommettitori, prevedibile.

Quando succede qualcosa del tutto imprevisto c'e' uno sbilanciamento e si può arrivare a far "sbancare il banco".

Ci siamo arrivati MOLTO vicini, un anno fa, quando fallì Lehman&Brothers.

A qui tempi scrissi questo post, che ritengo abbia ancora una sua validità.

Come vedete, le stime nel frattempo sono ancora più gonfiate.

Sono cifre del tutto astrali, incommensurabili, di che comprarsi un intero Pianeta Terra di avanzo ( se ce ne fosse una in vendita a distanze ragionevoli).

Quindi, per noi comuni mortali la domanda è: Questa bomba è ancora innescata?

La risposta, almeno per noi catastrofisti, Cassandre, sfigati perdenti, CriptoComunisti, etc etc è: si.

In effetti qualche petardo e qualche bomba carta sono già scoppiati ed hanno lasciato qualche ferita, fortunatamente superficiale, anche dalle nostre parti.

Perchè tutto si tiene più o meno come Willy il coyote: sospeso sul precipizio, sostenendosi per la propria stessa collottola.

La borsa, dopo aver fatto un botto risale un poco?

Le aziende, dopo aver praticamente arrestato la produzione, in attesa di smaltire gli enormi quantitativi di merce invenduta accumulata nei magazzini, riprendono la produzione?

Ecco che il Bernanke di turno, dopo tanti altri, vede l'inizio di un recupero, anzi la fine prossima ( ovviamente la fine tecnica, qualunque cosa possa questo significare) della recessione.

Gli investitori si ringalluzziscono e ricominciano a comprare azioni e ricominciano a fare scommesse.

La bolla si ingrandisce ANCORA.

Il punto è che tutto questo è RIDICOLO.

Di più: E' vergognoso.

Perchè pensare che questi bei figuri, che peraltro, con tutto quello che NON hanno saputo prevedere e/o prevenire, sono ancora a capo degli Istituti centrali mondiali, credano a quel che dicono è davvero troppo, anche presumendo che siano degli inetti (e non ne sono esattamente sicuro).

Perchè dico questo?

Perchè si guardano bene dal rispondere a due elementari eppure inaggirabili domande.

1) Come può riprendere l'economia se non riprendono i consumi?

2) Come possono riprendere i consumi se la disoccupazione continua a crescere?

A questo ci sarebbe da aggiungere una ritornata ( perfino negli USA!!) propensione al risparmio e la ben nota attuale scarsissima propensione al prestito degli Istituti di Credito, per togliere ulteriormente credibilità all'affermazione di Bernanke et soci.

Come zampata finale aggiungerei il banale fatto che gli stati, praticamente TUTTI gli stati, si stanno indebitando a ritmi vertiginosi, nel caso degli USA il deficit di bilancio è vicino al 50 %. Questi debiti andranno ripagati o con la distruzione del risparmio tramite inflazione e/o svalutazione o con l'aumento delle imposte e tasse.

Da non trascurare l'ipotesi di un default in salsa argentina ma teniamocela buona per scenari più catastrofistici.

In entrambi i casi si azzoppa l'economia, sia pure per motivi diversi, come piu' o meno sappiamo.

Dove la vedono, quindi, la ripresa?

Ma è ovvio: la ripresa non c'e' ma senza una iniezione di ottimismo i consumi non riprenderanno. Si compra il frigorifero quando si ha la vaga idea di averci qualcosa da metterci dentro, si compra l'auto nuova per poter andare a lavoro, quando si ha la vaga speranza di avere un lavoro per pagare le rate della medesima, papal-papale.

Siccome i consumi non riprendono perchè non ci sono basi REALI per questo recupero di ottimismo ecco che bisogna far finta che siano già ripresi, che ci siano segnali significativi bla bla bla ed ancora bla.

Willy il coyote, giustappunto.

Ma quando, ma come, ma dove?

NOn ci sono, questa è la verità, ma, con il coraggio del giocatore di poker al limite della bancarotta, i Governatori delle banche centrali, gli istituti di ricerca, i Ministri dell'economia buttano tutto sul piatto, tutta la loro ultima residua credibilità, sperando che nessuno venga a vedere il bluff.

Il piccolo problema è che, se è vero che nelle ovattate stanze dell'alta finanza, fossero pure quelle dei terribili e biechi speculatori alla Gekko, nessuno ha voglia di vedere il bluff, perchè rischierebbe di scoprire il PROPRIO bluff, fuori, nelle strade, nelle fabbriche e nelle piccole imprese, la gente il posto di lavoro lo perde davvero.

La realtà, tanto per cambiare, BUSSERA' ALLA PORTA, prima o poi.

Il bluff durerà il tempo necessario per chiudere dei bilanci non troppo negativi, con gli investitori contenti che il promotore finanziario di turno gli mostri, alla fine dell'anno, dei risultati negativi si, ma non quanto si temeva.

La ripresa NON C'E', CRIBBIO.

E se non credete a me, crederete ad un Industriale, che sapendo come stanno REALMENTE le cose, ha già pianificato la campagna finanziamenti di Primavera

Oppure a chi ha (ri)cominciato a tesaurizzare l'oro.

http://crisis.blogosfere.it/2009/09/i-fantastilioni-e-la-ripresa-che-non-ce.html

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Fini - Non siamo più il "belpaese"

NOI ITALIANI abbiamo una falsa percezione di noi stessi. Viviamo ancora nella retorica
del «Bel Paese, del sole, mandolino e ammore», del «latin lover», degli «italiani brava gente». Ma è da tempo, da molto tempo, che questa retorica è solo una retorica.

L’Italia è diventata un Paese triste, cupo, fatto, soprattutto nelle grandi città, di solitudini che non riescono a incontrarsi. E la ragione è proprio quella che ci dice questa intelligente, acuta, sensibile signora romena: viviamo pensando unicamente al denaro (basta ascoltare i discorsi in strada, al bar, al cellulare) e viviamo «nel tempo veloce del denaro», che non lascia spazi ai tempi dell’umano. Intendiamoci, questa è una caratteristica di tutto il mondo occidentale basato
sull’inesorabile meccanismo produci-consuma-produci. Ma in Italia c’è un superaddittum di tristezza, di solitudine, di disumanità. E la signora romena, che viene da un’altra cultura, da un altro mondo, e può quindi guardarci con maggiore oggettività, l’ha sentito. Il nostro notorio individualismo, un tempo creativo, allegro, simpatico, guascone, si è trasformato in una monade chiusa agli altri. Del resto anche noi, se appena usciamo dal guscio e andiamo fuori d’Italia, non lontano, ma in Paesi vicini che ci sono sempre stati simili, cugini, poniamo la Francia, ce ne accorgiamo. A Parigi si respira un’aria diversa, i volti delle persone sono più vivaci, più distesi, meno preoccupati. Persino i francesi — ed è tutto dire — sono diventati più cordiali di noi. Poi c’è Firenze. I
fiorentini credono di essere ancora «l’ombelico del mondo» come nel rinascimento, vivono nel passato e del passato, gravati dal passato, e Firenze è diventata una città chiusa e morta. Lo dico a ragion veduta perché la mia fidanzata è fiorentina e sono spesso in quella città, che un tempo amavo, trovando ogni pretesto per andarci e da cui oggi fuggo appena posso, perché Firenze è assassinata dal suo passato e da un turismo cheap, volgare e inconsapevole, che del resto sta uccidendo altre nostre «città d’arte» come Venezia e da qualche anno sta intaccando persino Roma, che nella sua storia millenaria era sempre riuscita a inglobare tutto. Condivido anche pienamente quanto dice la signora a proposito dell’amore per cani, gatti e animali in genere come paura di affrontare «l’altro», di confrontarsi con «l’altro», col diverso da sé. Mi sembra un’osservazione più acuta di quella, pur valida, di Hemingway che scrisse (mi pare in «Festa mobile»): «Ho sempre avuto una certa diffidenza per gli amanti quasi professionali degli animali. Ho l’impressione che questo loro amore mascheri un’indifferenza per gli essere umani».

Massimo Fini
Fonte: www.massimofini.it/

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Afghanistan: parole al vento e lacrime di coccodrillo

Dalle pagine del nostro giornale più volte abbiamo parlato del pericolo corso dalle nostre truppe coinvolte nell’assurdo conflitto afghano, dove nessuna “democrazia” né “nuova civiltà” potrà mai rinascere: solo macerie, morti e odio, tanto odio. Lo abbiamo detto in più occasioni, per quanto fosse insensato che i nostri governanti sacrificassero i soldati italiani in una guerra solo per la cieca obbedienza ai padroni di Washington, speravamo che almeno, i nostri, fossero equipaggiati con mezzi bellici idonei, se non per l’attacco, almeno per la difesa. I due veicoli su cui viaggiavano i sei soldati italiani saltati in aria a causa di un miliziano suicida, si chiamano Lince’ ma il veicolo non è né astuto né agile, è solo un carrozzone instabile e di difficile maneggevolezza; anche se la Fiat lo presenta come un blindato di nuova generazione, in realtà è solo il figlio infelice dell’autoblinda Lancia-Astura, in dotazione dell’esercito italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, subito dopo l’attacco delle milizie afghane, ha definito “infami e vigliacchi” gli autori della strage, giustificando così – neanche l’Afghanistan fosse per noi l’atavico nemico da combattere – il suo “non ci fermeranno”, quale garanzia per i padroni Usa che la guerra – pardon, missione di pace – continua al fianco dell’alleato d’oltreoceano. Da buon ex-missino, poi ex-alleanzino, La Russa tenta di fare la “voce grossa”, sostenuto dai colleghi di Palazzo come il ministro degli Esteri Frattini che ha parlato di “barbarie terrorista”.
L’opposizione invece, unendosi al cordoglio dei rappresentanti dell’esecutivo, ha di fatto auspicato affinché si avvii al più presto un programma che porti ad una “via d’uscita internazionale”. E’ chiaro quindi che dalla guerra in Afghanistan non possiamo uscirci da soli, magari attraverso un confronto tra le forze politiche del nostro Parlamento, no; l’ “exit strategy” (così la chiamano), deve essere discussa in sede Nato e Onu: parola di Antonio Di Pietro.
Nessuna via d’uscita quindi sembra esserci a questa illogica guerra; e così, come è già successo per i nostri soldati caduti a Nassirja, assistiamo alle “lacrime di coccodrillo” di coloro che prima si esaltano, lodando l’impegno dell’Italia alla guerra afghana, per poi dotare di blindati di cartone le nostre truppe… nemmeno fossero carne da macello. Ma si sa, la colpa è sempre degli altri, degli “attentatori”, dei “terroristi”, dei “vigliacchi”. Solo loro sono i buoni, infatti non vanno in guerra.
La cieca obbedienza alla follia dell’impero statunitense ha ormai obnubilato le menti dei nostri politici - ma anche quelle dei francesi, tedeschi, inglesi… - nulla è più nostro, solo i morti.

http://www.rinascita.info

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Meglio ridere o piangere?

Guardate un pò questo video.......

http://pensareinprofondo.blogspot.com/2009/09/come-conta-berlusconi.html

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La mummia di Kim Il Silvio e il suo imbalsamatore

La salma di Kim Il Silvio è stata composta e mummificata nella terza camera del Parlamento italiano, la camera ardente di Porta a Porta, alla presenza dell’imbalsamatore ufficiale Bruno Vespa. Le laboriose operazioni hanno richiesto quasi tre ore e mezza di diretta, mettendo in fuga gran parte del pubblico di Raiuno. Nemmeno la desertificazione dei programmi sulle altre reti per costringere la gente a guardare solo lui ha sortito l’effetto sperato. I più hanno preferito qualunque cosa, persino L’onore e il rispetto con Gabriel Garko su Canale5 e la trentesima replica di Dirty dancing su Italia1, pur di non assistere alla raccapricciante decomposizione e ricomposizione del premier. E dire che martedì la platea televisiva era particolarmente nutrita: 28 milioni di persone. Di queste, ben 16 milioni sono transitate per qualche istante su Porta a Porta (i famosi “contatti”), ma solo una media di 3,2 milioni si è fermata lì. Nulla ha potuto il poderoso traino di Affari tuoi, che ha lasciato all’insetto una dote del 25% di share. Il tempo della pausa pubblicitaria e, alle prime note di Via col vento, la comparsa dell’asfaltato capino presidenziale in penombra ha messo in fuga quasi la metà del pubblico di Raiuno verso altri lidi. Solo il 13,4% ha deciso di sorbirsi il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni che vanta il 68% di consensi. In proporzione, meno di un terzo degli elettori della sua coalizione ha deciso di starlo a sentire: magari lo votano, ma non lo vogliono nemmeno vedere.

La fuga di telespettatori è proseguita incessante per tutta la serata (senza contare quelli che, essendosi addormentati, non son riusciti a cambiare canale): dopo il primo spot, gli iniziali 4 milioni si erano già ridotti a 2,5, con qualche successiva risalita fino a 3. Un’emorragia inesorabile che nemmeno il ritorno del pubblico alla fine delle partite, dei film e delle fiction è riuscito a compensare. Solo i quattro cosiddetti giornalisti presenti sul luogo del disastro (specialmente l’eroico Sansonetti) hanno totalizzato ascolti inferiori alla mummia del premier, con le loro domande persino più mortifere delle risposte. Naturalmente, se Kim Il Silvio piange, Mediaset ride: grazie a Porta a Porta e alla cancellazione di Ballarò, la prima serata è stata vinta da Canale5 e Italia1 (e per non far vincere pure Rete4, si è dovuta riesumare una boiata pazzesca come Selvaggi dei fratelli Vanzina).

E dire che il pover’ometto, nonostante i maggiordomi che lo assediavano, le ha provate tutte per bucare ancora una volta il video, come ai bei tempi, quando il grande comunicatore era ancora in vita. Il “sopralluogo” con insetto al seguito fra le betoniere e le gru del “più grande cantiere del mondo” è destinato a entrare nella storia della tv subito dopo i fratelli De Rege. La scena del premier che scopre l’edilizia antisismica e la illustra al mondo come una sua invenzione è meglio del Sarchiapone. Quando poi s’introduce nello chalet pagato dalla Provincia di Trento, se ne appropria e comincia a spalancare le antine della cucina componibile e l’armadio della camera da letto spiegandone l’uso ai terremotati, supera la Cuccarini nelle televendite della Scavolini, la più amata dagli italiani. E ancora : “Presto manderemo batterie di pentole, piatti, posate e bicchieri”, evidente omaggio a Vanna Marchi (che però in questi casi aggiungeva “cinque pentole antiaderenti a gratisss, siori e siore!”). La pronuncia “niu tauns” ricordava il miglior Arbore che pluralizzava tutto, anche i “tams tams”. Notevole anche il “ma quali casette in legno! Queste sono vere e proprie ville nelle quali tutti noi vorremmo abitare”: soprattutto chi ha la fortuna di averne sette in Costa Smeralda, due in Brianza, una sul lago di Como, una a Portofino, una alle Bermuda e un’altra ad Antigua.

Ma il top, pressochè inarrivabile, Kim Il Silvio l’ha toccato con l’annuncio: “Useremo il know how unico al mondo maturato con queste case, per costruire nuove carceri”. Qui l’audience, agonizzante nel resto del Paese, ha avuto un picco improvviso nei penitenziari. La promessa di nuove carceri prefabbricate in legno ha suscitato grande interesse presso i detenuti di oggi e di domani. Gli amici si vedono nel momento del bisogno.

Marco Travaglio - http://antefatto.ilcannocchiale.it/

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Il popolo dei sussidi

A quanto pare c'è qualcuno che ha il coraggio di dire che in caso di crisi della nuova Alitalia lo stato potrebbe rientrare nel capitale dell'azienda.....che dite? è la volta buona che voleranno le legnate?

Nei giorni scorsi la IATA, l’associazione mondiale delle compagnie aeree, ha rivisto al rialzo le stime delle perdite per l’industria aerea mondiale nel 2009 a 11 miliardi di dollari dai 9 miliardi stimati in precedenza. E la crisi del settore proseguirà anche nel 2010 quando le perdite dovrebbero attestarsi a 3,8 miliardi. La domanda di trasporto aereo è stata in calo anche a giugno, ultimo mese di dati disponibili, nella misura del 7,2 per cento sullo stesso mese del 2008, mentre la domanda cargo ha segnato una diminuzione tendenziale del 16,5 per cento.

Le compagnie stanno tagliando capacità, ma a passo inferiore rispetto al calo della domanda, e questo mette pressione ai conti economici, oltre a bruciare cassa. IATA prevede che quest’anno il passenger yield, cioè l’incasso medio per passeggero per miglio percorso, scenderà del 12 per cento, contro il calo del 7 per cento stimato a giugno. Per questo si ritiene che il settore dovrà affrontare una fase di consolidamento per uscire da una crisi senza precedenti. E questo ci porta inevitabilmente al caso Alitalia. Da mesi si rincorrono voci sulla necessità di procedere alla ricapitalizzazione del vettore italiano, circostanza che aprirebbe scenari interessanti. Ne ha parlato Oscar Giannino su Chicago Blog, riprendendo l’ipotesi del professor Ugo Arrigo:

Se entro due trimestri le perdite ipotizzabili dovessero condurre all’ipotesi di ricapitalizzare Alitalia e i soci riottosi si sottraessero, Air France-KLM - alle prese a propria volta con conti non brillanti – difficilmente si troverebbe nelle condizioni di subentrare subito. A quel punto, perché non pensare a Cassa Depositi e Prestiti e tornare sotto l’ala pubblica?

Già, perché no? Forse perché, come disse mesi addietro il ministro della Funzione Pubblica, ormai Alitalia è privata, quindi potrebbe pure fallire. O no? Oppure, scenario alternativo, Air France potrebbe utilizzare la ricapitalizzazione per prendere il controllo di Alitalia: in quel caso torneremmo al via, cioè alla originaria ipotesi di cessione del nostro vettore ai francesi, che fu duramente avversata dai nostri sindacati e dal premier, in nome dell’italianità e per impedire ai francesi di rapire i turisti diretti nel Belpaese. Per i contribuenti italiani un cartellino del prezzo pari a non meno di 3 miliardi di euro, e in omaggio la soppressione della concorrenza sulla Roma-Milano.

Terzo scenario, quello ipotizzato da Arrigo e ripreso da Giannino, sarebbe quello dell’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, cioè il reingresso del capitale pubblico nel nostro vettore. In quest’ultimo caso ci attendiamo che anche in Italia si svolgano Tea Parties sul modello americano, ma temiamo che in realtà avremmo solo discorsi a reti unificate del premier, che incolperebbe comunisti e farabutti assortiti per aver complottato contro l’interesse nazionale. Wait and see.

Altro tema evergreen della storia dei sussidi italiani è Fiat. Ieri Sergio Marchionne ha lanciato l’allarme per il prossimo anno: o si danno i sussidi o si muore. Immediato signorsì del ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, che ha definito la prosecuzione degli incentivi “auspicata ed auspicabile”, tutto rigorosamente a mercati aperti. Il settore auto ha un problema con un nome: eccesso di capacità produttiva. Un eccesso strutturale, che da sempre ci illudiamo sia solo causato dalla congiuntura, oppure che possa essere riassorbito dalla leggendaria motorizzazione di massa cinese ed indiana, che in realtà aggiunge capacità produttiva a quella esistente. Sfortunatamente, l’industria dell’auto è quanto di più nazionale esista, anche sul piano simbolico. Peraltro, trattandosi di crisi globale e non di un singolo costruttore, i produttori hanno buon gioco ad esercitare pressione sui governi nazionali, nessuno dei quali vorrebbe essere accusato di avere affondato il proprio campioncino nazionale. Il caso Fiat, poi, è da sempre contaminato dalla natura di conglomerata del gruppo, con interessi nei servizi finanziari. Difficile non alzare un sopracciglio.

A fronte di questi scenari, piuttosto onerosi sul piano dell’impegno di risorse pubbliche, resta la crisi fiscale italiana. Rinviare la resa dei conti con un modello malato e fallito, usando il tesoro del risparmio postale, magari infiocchettando il tutto con qualche frase aulica sul primato della politica o riformare il paese dalle fondamenta? La ricreazione volge al termine.

www.phastidio.net

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E’ morto Berlusconi: prove tecniche di coccodrillo

Ogni giornale che si rispetti ha il suo bravo archivio di coccodrilli pronti a piangere amarissime lacrime non appena si presenti l’occasione. Anche noi, ovviamente, ma ve lo facciamo leggere prima degli altri.
Siamo arrivati per primi sulla notizia del secolo: ancora prima che diventi una notizia. E, siccome lo scoop l’abbiamo fatto noi, abbiamo pensato di raccontarvelo in quattro modi diversi per consentire a tutti di scegliersi quello daportare per sempre nel proprio cuore. Scegliete il vostro colore e fate il vostro gioco. Noi, il nostro, l’abbiamo fatto.

Francesco Costa "L'uomo che morì 2 volte"

Maddalena Balacco "L'unico uomo per cui la storia non arriverà mai"

Abramo Rincoln "Chi odieremo, adesso?"

Mauro Senzaterra "Meglio aspettare il terzo giorno"