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La grande truffa e la disonestà intellettuale del mondo finanziario

Scritto da Francesco su usemlab.com

28 Maggio 2010

Pensavo che la grande crisi finanziaria del 2008-2009 potesse avere spinto tanti "colleghi" nel settore delle analisi economiche ad approfondire la scienza economica. Un estremo tentativo di riuscire a capire il perchè, da una decade, annaspano nel buio e prendono granchi. Mi sono sbagliato. Di quel 99% di analisti colti di sorpresa dalla crisi, forse appena un 4% ha deciso di rimettersi sui libri. Gli altri perserverano con le loro chiacchere di sempre.
L'approfondimento, il cercare di capire, sarebbe a questo punto anche questione di onestà intellettuale, ma in questo secondo caso siamo, come si può ben capire, di fronte a pretese assurde. Come il mondo politico, quello finanziario è ricco di intellettuali disonesti e di disonestà intellettuale.

Il processo di riconversione intellettuale richiederebbe una rinuncia a dei privilegi che garantiscono uno tra i migliori stili di vita alle spalle della società produttiva. A chi converebbe mai? Chi rinuncerebbe mai a poter spendere soldi finti, creati dal nulla, in importi che il proles medio fa solo fatica a immaginare. Tipo tre, quattro mila euro per una cena! O qualche decina di milioni per una barca.

Nel mondo finanziario la peggiore disonestà, senza limitarci neanche a quella intellettuale, si trova proprio ai massimi vertici. Proprio in quei comitati di governo delle banche centrali che falsificano costantemente il denaro in maniera istituzionale, organizzata, e sistematica, producendo enormi danni non solo all'attività economica, ma anche alla società intera! Mentre i privilegiati, sempre più ricchi, se la contano tra di loro e gozzovigliano alle nostre spalle.

Ci sono articoli come questo ad opera di Ambrose Evans-Pritchard pubblicato sul telegraph e ripubblicato da wallstreetitalia (complimenti a tutti e due) che riportano il grave stato di disonestà intellettuale di economisti e alti responsabili delle politiche economiche. Disonestà che influenza le nostre vite, che sta rovinando le nostre vite.

La tragedia tuttavia è che il pubblico è ancora ingenuo, non è ancora in grado di riconoscere quella sfacciata disonestà. Solo gli ingenui potrebbero infatti digerire quell'articolo senza un qualche conato di vomito. Tutti gli altri che hanno scoperto il problema alla radice, potrebbero invece sentirsi male nel leggere come ancora nel 2010 qualcuno osi dire:
"La politica fiscale non funziona - ha proseguito Congdon - gli Stati Uniti hanno appena provato il piu' grande esperimento fiscale della storia ed hanno fallito. Cio' che conta e' la quantita' di denaro. Se la Fed non agisce, una recessione a doppia V diventera' una certezza".

Tim Congdon, che qualcuno ha il coraggio di chiamare Professore, cosa di fronte alla quale mi sentirei degno di candidatura a premio nobel, lavora per l'International Monetary Research. Non sappiamo cosa sia, ma se queste sono le conclusioni a cui arrivano, ci sarebbe da farli chiudere per attività intellettuale fraudolenta, e spedirli tutti a lezione di Huerta de Soto, insieme ai ragazzini di 20 anni. Ovviamente qualcosa che potrebbe accadere solo in un mondo onesto, dove finalmente si è compresa la scienza economica. Non lo siamo, e la dimostrazione è proprio che tali scempiaggini vengano ripetute e pubblicate ad libitum dalla stampa di regime.

Dice Congdon: "Ciò che conta è la quantità di denaro".... "se la Fed non agisce"....

!?!? ... ?!?!?!?

La quantità di denaro?? quale denaro?? quello creato dal nulla dalla stessa FED iperattiva, grazie alla quale mentre 100 anni fa bastavano 20 dollari per comprare un'oncia d'oro, oggi ne servono 1200?

Quella M3, ovvero quel denaro virtuale fisicamente inesistente, che per anni, e per mano della stessa FED è cresciuto a ritmi del 10-15% l'anno gonfiando bolle di ogni tipo, senza alcuna lamentela da parte dei professoroni servi del potere?
Quella stessa quantità di denaro che adesso, per essersi contratta di qualche punto percentuale, terrorizza gli stessi inetti che fanno propaganda inflazionistica attraverso teorie economiche fasulle, e persistono nel difendere qualcosa di veramente indifendibile a costo oramai di passare per dei poveri cerebrolesi??

Quella quantità di denaro la cui crescita, come ripetuto milioni di volte, non contribuisce a creare alcun benessere e che tuttavia, secondo qualche astrusa teoria economica, sarebbe necessiario gonfiare costantemente??
Quella quantità di denaro la cui continua crescita, invece, non fa altro che trasferire il benessere e la ricchezza con il risultato che abbiamo tutti quanti sotto gli occhi, ovverosia la polarizzazione sempre più estrema tra ricchi e poveri?

Quella quantità di denaro che non ci viene mai data direttamente, ma viene canalizzata nel sistema passando prima per gli amici più prossimi alla stampante monetaria, mentre ai proles arriva solo quando ha perso valore??
Quella quantità di denaro che, come dice Mises, sarebbe opportuno lasciare immutata, in quanto qualunque ammontare riesce a servire lo scopo: far funzionare in maniera ottimale tutti gli scambi volontari del mercato?

In un sistema bancario a riserva intera sui depositi alla vista, senza banca centrale, con un denaro ancora costituito da una determinata quantità d'oro, NON si potrebbe verificare alcuna contrazione monetaria.
Non ci sarebbe infatti alcuna possibilità di creare denaro dal nulla per il semplice motivo che ciò che non esiste non può sparire, non si contrae, non si distrugge.

Non ci sarebbe in altre parole alcuna contrazione di un denaro che nel tempo è diventato rappresentativo di debiti insostenibili, cattivi investimenti, attivi finanziari di nessun valore e che per questi stessi motivi è destinato a distruggersi.
Non ci sarebbe boom insostenibile, e non ci sarebbe crisi che cerca di riaggiustare gli errori di investmento compiuti durante il boom economico artificialmente stimolato.

Non ci sarebbe alcuna corsa o alcuna lotta verso il potere, per ottenerlo, per influenzarlo, per corromperlo, per ingraziarselo, di modo da accaparrarsi il denaro creato dal nulla.
Non ci sarebbe quindi il successivo e ben più grave conflitto sociale per cercare di preservare un denaro che viene percepito come risparmio, ma che di fatto non esiste se non a livello contabile.

Ma lo vogliamo capire o no che esiste una grande piramide rovesciata, fatta di denaro virtuale creato a volontà e dal nulla dalle banche centrali e moltiplicato per un fattore di circa 10 dal sistema bancario??

Lo vogliamo capire o no che questo processo di falsificazione istituzionale della moneta crea enormi distorsioni nella allocazione dei capitali, nel mercato, sui mercati finanziari e quindi in ultima analisi nel pacifico processo di cooperazione sociale?

Lo vogliamo capire o no che questa crisi è solo l'inevitabile conseguenza di un sistema marcio oramai fino alle fondamenta, che si protrae tra alti e bassi da quasi un secolo, ed è finalmente giunto al termine dei suoi giorni, checchè ne dicano e ne facciano i burocrati preposti alla confisca dei frutti del nostro lavoro, sia tramite il prelievo fiscale, che quello inflazionistico??

E per chiudere leggiamo dallo stesso articolo le considerazioni di quell'altro fenomeno di nome Paul Ashworth, almeno da arrivare a una bella vomitata liberatoria:
Paul Ashworth di Capital Economics ha detto che la contrazione della massa M3 e' preoccupante, precisando che indica un crescente rischio di deflazione. "L'inflazione core e' già la piu' bassa dal 1966, quindi non abbiamo molto margine di errore. La deflazione diventa una minaccia se si protrae abbastanza a lungo da diventare radicata".

Meno male che questo non è un professore. Però dice cazzate del valore equivalente se non superiore a quelle dette sopra dal compagno di merende.
Ma quale minaccia deflazionistica?? Il mercato sta distruggendo l'M3 perchè la M3 è costituita da mezzi fiduciari, ovvero denaro che esiste solo grazie all'illusione contabile, denaro che, lo ripeto ancora, è rappresentativo solo di debiti insostenibili, di investimenti che non avranno alcun ritorno economico, di attivi finanziari che valgono zero.

La distruzione di questo denaro finto non è deflazione. E' un ritorno alla normalità. E' la marea dell'illusione di prosperità che, come è giusto e inevtabile che sia, si sta ritirando, sta scoprendo il re nudo.
Il problema è che qua a questo punto, oramai quasi tutti noi siamo re nudi. Sotto la propaganda di questi stessi professoroni, negli ultimi 60 anni ci siamo vestiti di cose che non potevamo permetterci, e la tragedia è che a questo punto non siamo disposti a rinunciarci.

Non vogliamo rinunciare a tutti i privilegi che ci sono stati concessi, ai sussidi, alle sovvenzioni, in poche parole non vogliamo rinunciare, come dice Huerta nella sua 16mesa lezione, all'oppio rappresentato dal socialismo che ci siamo fumati per oltre un secolo.

Perchè stampare denaro dal nulla oltre ad essere falsificazione, violazione dei diritti di proprietà, è una forma perversa di socialismo applicata strettamente al cuore del sistema economico.
Abbiamo creduto per 100 anni a questa tragica illusione, e non vogliamo rinunciarci. Adesso, come era inevitabile che accadesse, siamo spinti al conflitto sociale e alla lotta, tutti contro tutti.

Di questo passo, il processo di cooperazione pacifica che in occidente ha funzionato tramite l'illusione per oltre 60 anni, verrà distrutto entro la fine della decade.
E questo sia che si permetta all'onda di ritirarsi come è giusto che si ritiri, mostrando che siamo tutti nudi, sia che si cerchi di coprire la nudità buttando ancora più acqua.
II risultato di queta seconda azione, che si ripete oramai sistematicamente da diversi anni, grazie agli inflazionisti come Congdon e Ashworth, sarà uno Tsunami spaventoso.

A livello sociale lo Tsunami sortirà all'incirca lo stesso effetto del ritiro della marea, ci farà capire di essere nudi, ma a livello economico questa seconda risoluzione potrebbe comportare qualcosa di peggiore.
Quindi che sia marea deflazionistica o tsunami, per noi proles si tratta in fondo solo di una questione di relativa importanza.
Da questa tragedia non si scappa se non facendo tremendi sacrifici e rinunciando all'oppio.

Tornando a un quadro istituzionale in grado di limitare quanto più possibile privilegi e parassitismo, e di stimolare invece l'esercizio della funzione imprenditoriale e il libero mercato, ovviamente nel rispetto di Leggi assolute, di fronte alle quali siamo tutti uguali, senza eccezione alcuna.
Forse, dico forse, per essere coerente e realista fino in fondo, i sacrifici da sopportare sarebbero anche in questo ultimo caso spaventosi. Siamo andati troppo oltre. Veramente troppo oltre.

Forse i primi a riorganizzarsi secondo quelle direttive potranno uscirne in maniera quasi indolore, gli altri soffriranno inevitabilmente, e tanto peggio quanto indietro rimarranno nella corsa verso il libero mercato, la funzione imprenditoriale, la moneta onesta e il fiscalismo paradisiaco.

L'alternativa, escludendo l'unica soluzione alternativa fatta da nuovi totalitarismi guerre e distruzione, è tra un dow jones che scende a un valore compreso tra 1000 e 2000 con un prezzo dell'oro che tra alti e bassi resta qua dove sta adesso.

Oppure tra un dow jones che spara a 50 e 100mila e un oro che quota altrettanto. E se non li fermano per tempo, riformando il sistema, o alla peggio togliendo qualche zero alle nuove banconote in circolazione, entrambi potranno anche arrivare a 100 milioni, miliardi, trilioni.
Accadde durante la Repubblica di Weimar. Se pensate che non possa accadere agli Stati Uniti, o all'Europa, state continuando a sbagliarvi.

Come ho scritto nel mio libro, io propendo per questo secondo scenario di risoluzione del problema. Almeno fintanto che gli inflazionisti avranno la meglio. E come non potrebbero avere la meglio? Essi sono ovunque, nei posti di comando, in tutti i media, nelle accademie, nelle scuole, nelle banche, e in tutti quei luoghi dove si influenzano le idee dei proles. Anche su internet.

Attenti quindi più allo tsunami che alla marea che si ritira. A mio avviso lo Tsunami sta gonfiando ogni giorno che passa. Pensavo che potesse scatenarsi prima, ma arriverà, è solo questione di tempo. Arriverà come è arrivata l'inevitabile crisi finanziaria del 2008-2009. All'improvviso. Intanto per fortuna la marea si sta ritirando e ci sta scoprendo sempre più nudi, cosa che deve essere di stimolo per fare studi e ricerche, per divulgare l'errore intellettuale compiuto ancora dalla totalità degli inflazionisti.

Una ultima buona notizia per il popolo italiano. Qua nella terra del sole e del mare, della pizza e del mandolino abbiamo un motivo in più per non farci spaventare dalla propaganda e dalle minacce degli inflazionisti. Come riporta questo articolo, dal titolo The Snake Swallows Itself: Odd Italian M3 Activity, nonostante le leggere contrazioni di M3 negli altri paesi, la M3 italiana sembra crescere in maniera sana e robusta intorno al 6.5% l'anno.

Quindi GIOITE POPOLI ITALICI: qua da noi non c'è ancora nessuno spettro di discesa dei prezzi a sollievo dei consumatori. I nostri prezzi al consumo continueranno a salire gradualmente, a fronte di salari fermi, o quel che è peggio, di salari che spariscono. E per questo non scordatevi mai di ringraziare gli inflazionisti: tutti i lor signori e professori che fanno la stessa propaganda inflazionistica nonché i nostri banchieri centrali sempre ben iperattivi sulle leve della stampante monetaria.

dal sito http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&view=article&id=469:marea-o-tsunami&catid=21:scuola-austriaca-di-economia&Itemid=51

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Una flotta di auto blu: 624 mila in Italia rispetto le 72 mila negli USA. E l'Abruzzo se ne regala 11 nuove!

Non temiamo confronti .. almeno sulle auto blu non abbiamo rivali!

Come già di recente avevo raccontato, l'Italia è la nazione che possiede più auto blu dell'intero pianeta ... In Italia sono presenti 624.330 lussuose auto, secondo i conti del ministro Brunetta (che ne ha ben sette), contro le 72.000 negli Usa, 61 mila in Francia, 55 mila nel Regno Unito e 54.000 mila in Germania, fino ad arrivare alle 22 mila del Portogallo.

E visto il momento così ricco a livello finanziario ci pensa la regione Abruzzo a sperperare un altro po' dei nostri soldi, infatti ha ben pensato di regalarsi nuove e fiammanti quattro ruote, con vetri oscurati, sedili in pelle, computer di bordo e telecamerina ... e chi più ne ha  più ne metta! la cifra degli optional si aggira intorno ai 3000 euro per vettura!

Sono infatti state ordinate ben 11 undici Audi A6, grazie a una sorta di affitto triennale con la Consip, la Spa del ministero dell’economia. 

L'auto del presidente Chiodi ci costerà 1.791,85 euro al mese. Le altre dieci: 1.579,38 euro mensili a testa. Totale: 21.102,78 euro ogni trenta giorni.

C'è da capirli poveracci!!!!! le loro vecchie auto blu avevano 190.000 chilometri, ed era pur ora che ci fosse un nuovo ricambio ... generazionale!

Per non farsi mancare nulla è stata piazzata in ogni vettura, al banale costo di 43,75 euro mensili, la tivvù analogico-digitale , almeno potranno godersi in tranquillità i mondiali di calcio Sudafricani!!!

E pensare che secondo la Siar (il Sindacato italiano autisti di rappresentanza) le auto blu sono addirittura diminuite: sarebbero soltanto 3.420 , rispetto le 3.850 dell'anno precedente.

E ci è andata anche bene ... pensate che smacco per noi (i veri poveracci) se fosse passata la proposta del senatore Cosimo Gallo (Pdl) che aveva chiesto l'immunità sui punti della patente degli autisti delle lussuose vetture ... autisti pagati mediamente circa 3000 euro netti  mensili ....

Alla faccia della crisi!!!!!

dal sito  http://stopthecensure.blogspot.com

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Da oggi l'inferno sarà più duro...

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E pensare che la soluzione era sul collo di bottiglia!

LUI sa fare tutto, capisce tutto e risolve tutto ...
allora affidiamo a lui la soluzione !!!


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Più cocaina c'é più si controlla il gregge

di Marco Calì

Tanta cocaina: ottimo per chi é al potere.

Gentile lettrice e gentile lettore,
In Italia secondo l'OEDT (Osservatorio Europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, che ha sede in Portogallo a Lisbona),
in Italia ci sono circa 1.000.000 (UN MILIONE) di persone che fanno uso di cocaina.
Qualora non ti fosse chiaro, ti ripeto che in Italia, ci sono oltre 1.000.000 di persone che fanno uso di cocaina.

Ovviamente, al Signor Giulio Tremonti non é mai venuto in mente che dietro a 1.000.000 di persone che fanno uso di cocaina, ci possa essere qualche giro di danaro non proprio trasparente.... Di questo, i politici non ne parlano, ma che fatalità ! Milioni, milioni, milioni e ancora milioni di euro, quelli che girano attono al "mondo coca" che sono bazzeccole rispetto alle manovre proposte dal Signor "Trequartino Tremonti". Soldi sporchi che non vanno di certo a finanziarie opere pie, eh. Ma di questi i politici non ne parlano, ribadisco.

Ma non si parla di cocaina, sai perché?
Perché avere 1.000.000 di persone occupati dal pensiero di doversi rifornire di cocaina é splendido per chi é al potere.
E'fantastico, per chi é al potere, avere nel GREGGE questi cocainomani.
Ti ricordo, gentile lettice e gentile lettore, che anche nel tuo paese e/o nella tua città é pieno di persone che fanno uso di cocaina. E non sono certo gli anziani di 80 o 90 anni che tirano la cocaina. Non sono certo le persone di 60 e 70 anni che magari hanno lavorato una vita con sacrifici immensi.
Le persone che fanno uso di cocaina sono magari un po' più giovani.

Ma chi ne fa uso? Praticamente di cocainomani ne trovi dapertutto: avvocati, medici, poliziotti, manager, dirigenti statali, dipendenti pubblici, dipendenti privati, architetti, ingegneri, forze dell'ordine, politici, personaggi della tv, etc.

Ripeto: le persone che fanno uso di cocaina le puoi trovare in ogni ambito sociale.

Ed avere oltre 1.000.000 di persone, il cui pensiero é rivolto alla cocaina, é una strategia perfetta per chi comanda.

Ah, stavo dimenticando di dirti che ti suggerisco di provare a a far caso a qualche persona che conosci e che magari si tocca spesso il naso o "tira su" magari accusando i pollini. Forse non é un problema di pollini ....

dal sito http://sapienza-finanziaria.blogspot.com/

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Cucù! Il federalismo non c’è più

di Alessandro Robecchi

Resta soltanto un dubbio, a proposito del federalismo. Avrà un funerale di stato come Mike Bongiorno, oppure si terrà una cerimonia funebre di tipo celtico con il druido, un’ordalia di polenta e lo sbudellamento dei capitribù che hanno fallito? Secondo gli umoristi della Lega, Calderoli in testa, il federalismo si farà. Ma, come sa bene il capo del governo, Giulio Tremonti, le risorse per realizzarlo ammontano al momento a un peperone, due pomodori e mezza cipolla: un po’ poco per una riforma dello Stato. I gloriosi celti, fieri e indomiti, saranno costretti a fare i conti con un bilancio piuttosto magro: decenni di appoggio a un satrapo danaroso, voti a favore di leggi buone per coprire le terga al suddetto, alleanze con i ladroni di Roma, per incassare un pugno di mosche. Bell’affare, si dicono oggi affilando i forconi. E ora? Ora i padani si interrogano su chi infilzare per primo. Le cerimonie longobarde prevedono in questi casi procedure piuttosto dolorose, che culminano con la fusione di un bassorilievo in bronzo da inserire (immaginate voi come, io mi vergogno) all’interno di chi non ha mantenuto le promesse. A chi toccherà la terribile tortura? Al piccoletto prestanome che si finge il capo del governo Tremonti? Ai capipopolo della Lega che ci sono cascati come polli? Ai nuovi gloriosi governatori leghisti che si vedono tagliare i fondi come uno statale qualunque? Comunque vada, sarà un successo, il sogno federalista muore come tutte le altre promesse del pensionato a cui è intestato il governo Tremonti: puf! Cucù, il federalismo non c’è più! Come nelle migliori pièces dell’assurdo il finale è aperto: forse le masse padane si rivolteranno come bisce scoprendo che per dieci anni Silvio li ha menati per il naso. Forse invece si scoprirà che del federalismo, in realtà, non gliene frega niente a nessuno, tranne a chi ci ha fatto carriera: capi padani, molto romani, i soliti barbari tutti chiacchiere e distintivo.

dal sito http://www.alessandrorobecchi.it

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Facce da C…risi

di Il Senio mormora

Alla fine la bolla di sapone è scoppiata. Ad annunciarlo e' stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta“La manovra economica messa a punto dal governo conterrà sacrifici molto pesanti, molto duri che siamo costretti a prendere, spero in maniera provvisoria, con una temporaneità anche già definita, per salvare il nostro Paese dal rischio Grecia”.
Che tradotto significa:
Italiani ed Italiane, da due anni vi prendiamo per il culo. Vi abbiamo imbrogliato, vi abbiamo mentito dicendovi che la crisi era una invenzione dei soliti disfattisti di sinistra che ne parlavano.
Lo abbiamo fatto, perché eravamo tutti impegnati a salvare il fondoschiena del capo banda da quintali di reati commessi. L’annuncio lo leggo oggi io il Letta, perché quel paraculo del Padrone non ha neanche avuto il coraggio di metterci la sua faccia.
Comunque non metteremo le mani in tasca degli italiani ma direttamente attorno al collo.


dal sito http://ilseniomormora.blogspot.com/

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Il trucco c’è e si vede

di Luigi Pecchioli

La manovra economica correttiva fortemente voluta dal Ministro Tremonti ed imposta obtorto collo a Berlusconi è stata varata. L’iter di questa manovra è stata accompagnata da una litania recitata da ogni esponente del governo e della maggioranza, una frase ripetuta che assomigliava ad un mantra tibetano e che doveva avere gli stessi effetti tranquillizzanti: “con questa manovra non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”. Anche oggi il Presidente del Consiglio, in collegamento telefonico con l’amico Belpietro su Canale 5, ha ribadito: “Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta senza mettere le mani in tasca agli italiani”.

Ma le cose non stanno proprio così. 

L’ipocrisia di fondo è considerare “mettere le mani in tasca” esclusivamente l’aumento delle tasse dirette statali (IRPEF e IRPEG). Ma, evidentemente, esistono numerosi modi indiretti per sottrarre denaro agli italiani che portano allo stesso risultato: la riduzione della propria disponibilità monetaria.
Il primo ed il più facile è lasciare che il “lavoro sporco” venga fatto da altri. La manovra taglia i trasferimenti alle Regioni in due anni per oltre 10 miliardi di euro, ed alle Province ed ai Comuni per complessivi 3 miliardi e 200 milioni di euro; i casi sono due: o gli enti locali risparmiano, tagliando drasticamente i servizi che offrono al cittadino, o sono costretti ad aumentare le tasse locali. Nel primo caso il cittadino è costretto a sborsare dei soldi per pagare privatamente quello che l’ente pubblico non gli può più offrire, nel secondo è costretto a pagare più tasse. Non credo che a qualcuno di noi interessi se le mani nelle nostre tasche l’ha messe lo Stato o il Comune o la Regione o se siamo stati noi a mettercele per pagare qualcosa che prima non pagavamo: il risultato è lo stesso.
Anche il peggioramento di un servizio o di un bene pubblico è un costo, non immediatamente visibile, ma che in futuro si farà sentire: ad esempio la ridotta manutenzione stradale, la limitazione dei controlli e degli interventi sugli impianti fognari ed idrici, porteranno ad un decadimento più rapido di quei beni ed all’aumento di disagi e sprechi che sono comunque un costo per la collettività. Anche la riduzione o la soppressione di eventi culturali, quando hanno un loro valore oggettivo, importa un danno economico (riduzione delle presenze turistiche in alberghi e minor flusso per la ristorazione ed il commercio) che porta impoverimento.
Un secondo modo è aumentare le imposte indirette, ovvero introdurre nuovi balzelli, non collegati direttamente al reddito. La manovra introduce il pedaggio per i raccordi autostradali e la tassa (iniqua) a carico dei turisti che si recano a Roma di 10 euro: se i nostri governanti avessero letto i commenti dei turisti soprattutto stranieri sul trattamento che ricevono nel nostro Paese, considerato caro, con servizi costosi, ma scadenti e pronto alla truffa ed al raggiro del turista per spillargli denaro (soprattutto a Roma), forse ci avrebbero pensato un po’ su prima di introdurre queste misure. Ma tant’è. Naturalmente siccome a ciascuno di noi capita di percorrere i raccordi autostradali (che collegano fra loro molte località), ecco che ci tolgono del denaro “senza mettere le mani in tasca”.
Un terzo modo, molto gettonato, è quello di diminuire o congelare gli stipendi, misura che, a fronte della svalutazione della moneta che l’inflazione naturalmente determina e dell’aumento costante dei prezzi delle merci e dei servizi, determina lo stesso impoverimento che avrebbe portato un aumento della tassazione su stipendi adeguati all’inflazione. La manovra economica congela gli stipendi degli statali per quattro anni, oltre a tagliare gli stipendi di funzionari, magistrati e manager di importi del 5% ed il 10%, solo però per stipendi sopra rispettivamente i 90.000 ed i 130.000 euro.
Piccola notazione: poiché gli stipendi degli onorevoli sono collegati a quelli dei magistrati di Cassazione (cosa che ha permesso ai nostri politici nel passato di dire che non si aumentavano lo stipendio, perché furbamente aumentavano quello dei magistrati…) il taglio per questi ultimi è sì del 10%, ma calcolato sulla quota eccedente i primi 80.000 euro e non su tutto il percepito. Le valutazioni le lascio a voi.
Non entro nel merito delle altre misure adottate con questa manovra, rinvio delle finestre per il pensionamento, condono catastale, ecc. che aggravano situazioni già insostenibili, o l’aumento del limite di invalidità per ottenere la pensione al 80%, che trovo eticamente odioso (“macelleria sociale” l’ha definita Nichi Vendola); mi basta che si comprenda la suprema ipocrisia e falsità di chi continua a sostenere che questa correzione di 24 miliardi avverrà senza tagliare i servizi e senza mettere le mani nelle tasche degli italiani: come in un pessimo gioco di prestigio, il trucco c’è e si vede.


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TOO PIG TO FAIL

dal sito http://www.miamiherald.com

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IL BUFFONE PERFETTO

E' noto come Silvio Berlusconi ami raccontare barzellette. Non lo fa solo in privato ma pure in occasioni solenni. L'incontenibile smania di strappare consenso fa tutt'uno col suo narcisismo e la sua megalomania. Egli è un tolemaico, nel senso che considera se stesso al centro degli eventi e del mondo.
Così facendo sfuma i confini tra la realtà e il suo proprio immaginario. Il suo patologico "ottimismo", frutto del suo straordinario successo personale, lo conduce infatti a smarrire il senso delle proporzioni. L'amore per la barzelletta si spinge al punto che la realtà finisce per essere rappresentata come una barzelletta, con se stesso come protagonista.

L'esempio più disarmante è come egli ha voluto raccontare la crisi economica che attanaglia il capitalismo occidentale ed in particolare quello italiano. Egli l'ha negata e continua a negarla, nonostante l'evidenza, malgrado tutti le affermazioni in senso contrario dei suoi compari ai vertici del sistema. Quello che potrebbe sembrare una distorsione psicologica, essendo egli Primo ministro, rischia di diventare un drammatico problema politico. La farsa del berlusconismo è una singolare metafora della tragedia italiana. Il Titanic è sull'orlo dell'abisso mentre il suo capitano ci racconta delle storie, tratta i cittadini come clienti che deve convincere ad acquistare la sua mercanzia.

Tuttavia la sua impudenza comincia ad innervosire la stessa borghesia. Ne abbiamo avuto una prova all'assise della Confindustria l'altro ieri. Essendo che la crisi ha gettato nel panico i capitalisti, l'atmosfera plumbea non ha consentito a Berlusconi di buttarla in barzelletta. Evidentemente imbarazzato dato il clima plumbeo ha quindi tirato fuori dal cappello il suo coniglio, certo di fare colpo sulla platea depressa. «Come vedreste la Marcegaglia come ministro dello sviluppo? Chi è daccordo alzi la mano!» Gelo in sala, le braccia restano immobili. In evidentissimo imbarazzo, non meno di quando Fini lo apostrofò alla riunione del PdL, il Cavaliere ha impudentemente chiosato: «Volete che rimanga in Confindustria? Allora non potete più prendervela col governo».

Una vicenda clamorosa, che denuncia non solo il malumore dei padroni, il loro disincanto rispetto a questo "buffone perfetto", il fastidio ad essere trattati da dipendenti della sua ditta. Un incidente che simboleggia la fine del pur breve e contrastato sodalizio tra la borghesia italiana e questo suo enfant prodige. Berlusconi oramai è solo virtualmente Presidente del consiglio. Dovrà presto lasciare il comando, con le buone, o con le cattive.

Passavano poche ore e Berlusconi inciampava in un'altra, non meno clamorosa gaffe, citando Mussolini al vertice dell'OCSE a Parigi. E' sintomatico che abbia citato proprio il Duce e la sua frustrazione: «Dicono che ho potere, ma ce l'hanno i gerarchi... So solo che posso ordinare al mio cavallo di andare a destra o a sinistra. E di questo devo essere contento». Una metafora  per affermare che «... come primo ministro non ho mai avuto la sensazione di essere al potere... Ne ho avuto come imprenditore quando avevo 56mila collaboratori, ma non adesso».

La qual cosa non solo rivela a quale politico italiano egli preferisca paragonarsi. Come Mussolini avrebbe voluto trattare i  suoi sodali come cavalli e il palazzo del governo come la sua propria scuderia, Berlusconi vorrebbe ministri e collaboratori come dipendenti a comandoe trattare il paese come la sua azienda privata.

E' di tutta evidenza che questo personaggio psichedelico è una mina vagante, una minaccia molto seria, non solo per gli italiani in generale, ma per la stessa classe dominante, che dovrà sbarazzarsene, più presto che tardi. Staremo a vedere se egli accetterà una fine mesta o se la vorrà, come pare essere nelle sue corde, un commiato pirotecnico.
 

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INCUBO DISOCCUPAZIONE AMERICANA


In america cercano di far passare un decreto che permetta ai disoccupati di ricevere ancora sussidi...altrimenti...i disoccupati, nelle prossime statistiche, scenderanno (per la gioia di OBAMONE) solo per il fatto che, non ricevendo piu' un aiuto statale....si trasformeranno in BARBONI!!!

DAL PRIMO GIUGNO, se non passerà il decreto, ci saranno 19400 americani che non riceveranno piu' l'assegno di disoccupazione.

Entro due settimane il numero salirà a 324.000, entro tre a 903.000 e, per la fine del mese il numero sarà pari a 1,2 milioni...

I SOLDI IN AMERICA STANNO PER FINIRE (A MENO DI STAMPARNE DI NUOVI...VERO BERNANKE?)

se i sussidi verrano concessi..le casse dello stato andranno sempre piu' in rosso, se verranno cancellati...inizieranno i disordini per le strade.

E' STATO PIU' FACILE SALVARE LE BANCHE CON SOLDI PUBBLICI CHE DARE I SUSSIDI A QUATTRO STRACCIONI SENZA LAVORO (vero Obama democratico? )

dal sito http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.com/

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Crisi a babordo! Varato il sacrificio di Piersilvio!

di Alessandro Robecchi


Mentre papà Silvio era a Palazzo Chigi a varare la manovra per fregare 25 miliardi agli italiani insieme al suo capo Giulio Tremonti, il figliolo Piersilvio varava il suo nuovo yacht da 37 metri, quattro suite, un’area fitness, velocità massima 27 nodi e costo 18 milioni di euro. Lo Yacht doveva essere lungo 37 metri e mezzo, ma Piersilvio ha voluto dare l’esempio al Paese e accontentarsi di un misero 37 metri. Giusto: tutti dobbiamo fare qualche sacrificio. Del resto il povero padre indigente e intristito dalla crisi l’aveva detto durante la conferenza stampa: "Siamo tutti sulla stessa barca". Forse pensava a quella del figliolo, che con un tempismo geniale l’ha varata proprio nel giorno del varo della manovra. Il grande sacrificio di Piersilvio è uscito dai cantieri Ferretti di Ancona,  che magnificano la loro creatura: la vasca idromassaggio, il grande tavolo in teak per dodici persone e la zona ponte rialzata per permettere la massima privacy. Il sacrificio di Piersilvio, un Custom Line 124, può ospitare fino a dieci persone e sei uomini d’equipaggio, e questo preoccupa un po’. Ci starà, così stretto? Non avrà esagerato con i sacrifici? Non è che tra un anno o due dovrà comprarsene un’altra? Del resto, Piersilvio aveva già uno yacht, il Suegno, ma era lungo soltanto di 30 metri, una cosetta umiliante. Ora finalmente Piersilvio ha una barca degna della crisi economica europea: più grande. Aspettiamo con ansia che i lavoratori bastonati dalla manovra di Tremonti - il badante di papà Silvio - si affollino sul molo di Porto Cervo per salutare con la manina e fare le foto con il telefonino, felici e invidiosi della loro responsabile classe dirigente.
Nella foto, il sacrificio di Piersilvio Berlusconi, varato il 26 maggio 2010, lo stesso giorno in cui papi varava la manovra da 25 miliardi. Attenzione: cliccate sulla foto a vostro rischio, potreste diventare comunisti!

dal sito http://www.alessandrorobecchi.it/

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Quattro milioni di congelati? E cosa volete che sia…

di Carlo Bertani


Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare.


Bertolt Brecht

Mi ha fatto enormemente piacere aver appreso che, io ed altri 4 milioni d’italiani dipendenti pubblici, siamo stati “congelati” per quattro anni, ossia non percepiremo “un euro in più” (parola di Tremonti) fino al 2013: con l’approssimarsi dell’Estate, un po’ di fresco ci voleva.
Il capataz di Arcore non mette le mani nelle tasche degli italiani – lui no, non lo fa – semplicemente, li congela. Oppure li rapina direttamente negli androni delle case.
Cogliamo l’occasione, quindi, per informarlo sulle decisioni che abbiamo preso nell’ultima riunione condominiale.

Nella famiglia di Martina, collaboratrice scolastica a 1200 euro il mese, marito cassintegrato a 700 euro più la pensione sociale della nonna (300 euro) e due figli, hanno deciso di congelare la nonna. L’assemblea ha approvato il piano di congelamento, raccomandando però che il congelatore sia di classe A+: abbiamo salutato tutti la simpatica nonnina Adele e speriamo di ritrovarla nel 2014 sana ed arzilla come sempre, anche perché contiamo d’assaggiare ancora il suo insuperabile pesto alla genovese.
La situazione era invece più difficile da risolvere per Mario, impiegato al Catasto, con moglie CoCoCo a 400 euro in una cooperativa e tre figli. Eh sì, tutti sanno che Mario e la moglie sono molto innamorati e…ci è scappato pure il terzo figlio. Che fare?
Dopo lunga riflessione, l’assemblea ha consigliato di congelare Giada, la più piccola, per le seguenti ragioni:

1) sarebbe sbagliato congelare Monica, la maggiore, perché frequente la terza Ragioneria ed è quindi “fuori” dalla cosiddetta riforma Gelmini: se nella sciagura si può evitare una disgrazia, è meglio farlo.
2) per la stessa ragione sarebbe inutile congelare Walter di 12 anni – detto “Bartali”, perché corre tutto il giorno sulla vecchia bici del nonno, una numero 28 un po’ troppo grande per lui, ma quello passava il convento – giacché la “sfiga Gelmini” già ce l’ha, e dunque sarebbe del tutto inutile.
3) c’è sempre la speranza che un futuro governo di salute pubblica, di larghe intese, di stretta osservanza, di manica larga o di poca sapienza richiami la Russo Jervolino (!) per stendere una riforma della controriforma Gelmini. Mai dire mai, perché l’Italia è il Paese dei Miracoli: mandano persino la tessera n. 1816 della P2 a governare la nazione!

Inoltre, allo scongelamento di Giada – che oggi ha cinque anni – Monica ne avrà 21 e quindi potrà occuparsene qualora – per imperscrutabili disegni del destino italiota – fosse necessario congelare anche la mamma.
L’assemblea ha approvato la richiesta di Giada di portare con sé un telefonino: è stato reperito un vecchio Nokia da Stefano, imbianchino ad ore del terzo piano. Le batterie sono andate, ma per la mezzora del congelamento terranno.

Meno drammatica la situazione di Giuliano, vigile urbano, perché la moglie guadagna bene facendo i lavori ad ore – a dire il vero, ci furono delle malelingue le quali “ricamarono” qualcosa di più torbido su quelle “ore”…la signora è una gran bella donna…ma non è questa la sede per soddisfare la pruderie dei lettori… – perciò hanno deciso un semplice “taglio” di tutte le paghette dei figli superiori ai 220 centesimi. In questo modo, si spera di risparmiare almeno dieci paghette il mese.

Infine, sono state sanate situazioni minori: saranno congelati due cani, quattro gatti, tre canarini, un cardellino ed otto criceti. Qualcuno, vista la contemporanea presenza di gatti e criceti, ha pensato bene di raccontare la famosa storiella del lupo, della capra e dei cavoli…quella che devono attraversare il fiume con una sola barca…ma l’assemblea ha tagliato corto, sentenziando congelamenti separati. Un po’ di federalismo, per Dio!
Se le future condizioni economiche lo consentiranno, si provvederà all’acquisto di un grande congelatore condominiale, ma solo se il fondo perequativo previsto all’art. 119 del Regolamento Condominiale lo consentirà.

Stavamo per firmare il verbale ed andarcene, quando il rag. Venanzio del quinto piano – non interessato al congelamento, giacché bancario – ha richiamato la nostra attenzione. Ma – ha esordito – vi siete accorti che i conti non tornano?
Visto il nostro stupore – eravamo tutti convinti che quei sacrifici fossero necessari per salvare la Patria…la Grecia, gli investimenti, le agenzie di rating, l’America, la Germania…e dunque li accettavamo di buon grado. Che volete che sia, in un palazzo, avere tre o quattro persone congelate? Abbiamo quindi domandato lumi al nostro maghetto contabile.
In effetti, qualche sorpresa c’è, ed abbiamo ritenuto di farvi cosa gradita nel comunicarvela. Ascoltate il rag. Venanzio.

Proviamo a capire per quanto “parteciperanno” alla manovra di Berlusconi e Tremonti i dipendenti pubblici: per carità, solo “congelati”, mica stramazzati.
Gli stipendi saranno “congelati” per quattro anni, dal 2010 al 2014: l’inflazione sarà anch’essa “congelata”? Non ci sembra: d’altro canto, più volte abbiamo sostenuto che Berlusconi è soltanto il figlioccio di Craxi, e l’aggiornamento dei salari all’inflazione (la cosiddetta “scala mobile”) fu eliminata proprio da Craxi.
Sicché, stando ai dati ufficiali sull’inflazione (quella reale è altra cosa) potremo aspettarci una perdita di valore reale del 2%: l’economia continuerà a “tenere a freno” l’inflazione più a meno su questo valore, i dipendenti pubblici il “freno” lo metteranno alla cinghia dei pantaloni.

Saranno felici i lavoratori autonomi (uh! E’ toccato ancora a loro! Berlusconi sì che ci difende!) ma sarà una soddisfazione da poco: falliranno a migliaia, perché una simile contrazione dei consumi li taglierà nella carne, non nella pelle.
Se n’è accorta persino la presidentessa di Confindustria Marcegaglia, la quale ha invocato provvedimenti “di crescita”: strano connubio, quello che aleggia nelle sale degli industriali, nel desiderare rigore sui conti, provvedimenti di crescita e un po’ di francescanesimo per i politici.
Forse, la buona Emma dovrebbe farsi raccontare la storiella della botte piena e della serva ubriaca, oppure dovrebbe meditare che è il sistema ad essere alla frutta: i palliativi sono come la morfina per un organismo che non reagisce più.
Quindi, per 4 milioni di dipendenti pubblici, risparmio all’osso su tutto e addio a spese varie, vestiti, scarpe, turismo, auto, motorini…ecc: ce ne accorgeremo tutti insieme fra un paio d’anni, quando “l’economia reale” inizierà ad andare a fondo per tutti.
Ma, quanto pagheranno i pubblici dipendenti? Perché siamo così pessimisti?

Calcolando uno stipendio lordo di 2.000 euro il mese (corrispondente, all’incirca, a 1.500 euro netti), la “suzione” sarà del 2% annuo per quattro anni.
Su un totale annuo (13 mensilità) di 26.000 euro, ogni lavoratore perderà 520 euro il primo anno, 1040 il secondo, 1560 il terzo e 2080 il quarto. Addio vacanze, pizzeria, cure mediche, studi per i figli…e tante altre cose.
Senza contare che, chi andrà in pensione dopo la “vacanza contrattuale e previdenziale”, lo farà con gli ultimi anni a stipendio svalutato e con la liquidazione rateizzata. In tre rate, ma quando l’ultima rata? Vista la pessima abitudine di Tremonti di pescare nel fondo TFR dell’INPS, la cosa insospettisce.
Di più: nella stessa legge Finanziaria – nonostante i richiami del Presidente della Repubblica di non affastellare nella medesima legge provvedimenti di varia natura – hanno deciso d’azzerare il Consiglio d’Amministrazione dell’INPS. Resteranno soltanto il Presidente e il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza: i dipendenti privati sono avvertiti di quel che sta per succedere.
Nei quattro anni in oggetto, quindi, il dipendente pubblico medio consegnerà alla classe politica, nella persona del Presidente Berlusconi, 5.200 euro, quasi il prezzo di un’utilitaria! Alla faccia di chi non mette le mani nelle tasche degli italiani! Questo è un furto d’auto bello e buono! E lui lo chiama “stare fermi un giro”: ma cosa crede, che i lavoratori pratichino il gioco dell’Oca?

Quanti sono i pubblici dipendenti?
Una cifra indicativa di 4 milioni è quella più vicina alla realtà, e coerente con le amministrazioni pubbliche del resto d’Europa, i calcoli sono in nota[1].
Il primo anno, dunque, i “risparmi” saranno di 2,080 miliardi di euro, il secondo di 4,160 miliardi, il terzo 6,240 miliardi ed il quarto 8,320 miliardi. Totale: 20,800 miliardi di euro. In buona sostanza, i pubblici dipendenti pagheranno quasi da soli l’entità della manovra economica stimata in 24 miliardi di euro.
E, questo, con buona pace della necessaria “equità” richiesta dal Presidente della Repubblica, degli “approfondimenti” che l’UDC valuterà, dei “dubbi” di Fini e dello sterile chiacchiericcio del PD e dell’IDV. Pagheranno in egual modo, ovviamente, i pubblici dipendenti “cornuti” della Lega, quelli “responsabili” del PdL, siano essi “berluscones” di Forza Italia o ex-missini di Gianfranco Fini. Complimenti: tornate a votarli.
Infine, i sindacati faranno una bella messa cantata per celebrare la loro contrarietà – durante la quale CISL, UIL ed UGL faranno finta di cantare, aprendo solo la bocca a comando (d’altronde, è l’unica cosa che sanno oramai fare) – mentre la CGIL emetterà qualche suono in più, presto dimenticato.

Alcuni dipendenti pubblici saranno graziati – ossia i corpi di polizia (minuscolo), perché il lavoro sporco richiede qualche soldo in più (Cucchi, Uva, Aldrovandi, Sandri, Genova, ecc) – ma lo faranno successivamente ed in silenzio, senza troppo clamore.
Nel programma del PdL c’era l’abolizione delle Province: promessa mantenuta! Ma solo per quelle non di confine (per accontentare la Lega) e con meno di 220.000 abitanti: Asti, governata dal centro destra, ne ha 221.000 e si salverà. Che lungimiranza o casuale coincidenza, la quale salverà la “fedelissima” berluscones Armosino!
In sostanza, saranno “forse” abolite sei province: ma, qualcuno di voi ci crede? Oppure saranno successivamente mantenute in stand-by da una serie di norme transitorie? Non le avessimo mai viste queste cose!
Per inciso, l’abolizione di tutte Province (solo per i politici, s’intende, non per i dipendenti!) avrebbe condotto a risparmi per 8 miliardi di euro.

Dopo il resoconto del rag. Venanzio, siamo andati a scartabellare i dati raccolti da un noto quotidiano bolscevico – Il Sole 24 Ore[2] – il quale aveva promosso una consultazione fra i suoi lettori su quali voci della spesa tagliare: il lettore medio del quotidiano di Confindustria – stella rossa sul berretto e Kalashnikov dietro la porta, ovviamente – consigliava l’abolizione delle Province, il ritiro dalle missioni “di pace” all’estero e l’abolizione delle auto blu.
Quale saggezza! Un simile “pacchetto” avrebbe condotto direttamente a risparmi nell’ordine dei 30 miliardi l’anno!

A quel punto, Venanzio decise di ribattere, affermando che non avevamo capito niente, che quelle misure c’erano, eccome!
Sinceramente, eravamo tutti basiti.

Previsto inoltre un taglio dell'80% alle spese della pubblica amministrazione per studi e consulenze, relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, sponsorizzazioni e auto-blu.”

Ora, se le sole auto blu comportano un aggravio di spesa di 18 miliardi l’anno[3], tagliarne l’80% significherebbe – solo per le auto! – risparmiare 14,4 miliardi l’anno! Che bisogno ci sarebbe di fare tutti gli altri prelievi?
E non basta[4]:

Dieci miliardi di tagli per gli Enti Locali, quattro preventivati dal condono edilizio…aumenti dei pedaggi autostradali – anche nei raccordi – fino al 25%! Poi c’è lo “spezzatino” di misure minori – quella del prelievo sui parlamentari è risibile, perché è del 5% per la sola parte eccedente gli 80.000 euro l’anno, ma lo stipendio dei parlamentari non è così alto, i veri soldi che acchiappano sono le indennità, i rimborsi, i benefit – perciò facciamo finta che queste cose le abbiano soltanto dette, ma non le faranno per davvero.

Quelle che invece faranno sicuramente rispettare sono le nuove norme per gli invalidi, ossia il passaggio dal 74% all’80% d’invalidità per avere la pensione. Ma, ci domandiamo, o un invalido è un falso invalido – ed allora non ha proprio diritto – ma se è “solo” invalido al 74%, non ha diritto a niente?
A quel punto, il rag. Venanzio ci ha chiesto d’avvicinarci e, bisbigliando, ci ha confessato d’aver saputo che Romeo, l’invalido del piano rialzato, al quale fu amputata una gamba sotto il ginocchio, sta pensando di farsi levare anche il ginocchio per arrivare all’85%, così – qualora dovessero inasprire ancora i termini – avrebbe ancora un “bonus” del 5%. La decisione di Romeo ci è sembrata saggia: già che uno c’è, non bisogna pensare solo alle disgrazie dei governi attuali, ma anche a quelle dei governi futuri!

Sia come sia, lo scenario dipinto dal nostro valido ragioniere va ben oltre quei “24 miliardi in due anni” che il ministro Tremonti aveva all’inizio ipotizzato. Perché, allora, inasprire così le richieste?
Ancora una volta, il nostro strabiliante contabile ci è venuto in soccorso.
«Forse, perché quei soldi servono al altro.» Frase sibillina. Abbiamo immediatamente chiesto lumi.

Non tutti quei risparmi saranno effettivi – soprattutto quelli che riguardano i parlamentari e le Province – ma tanti altri lo saranno e supereranno – di molto! – quei fantomatici “24 miliardi” che nessuno, a dire il vero, ha compreso perché dobbiamo tirare fuori. Un mese fa non andava tutto bene? A detta di Tremonti, non eravamo messi meglio degli USA ed alla pari con la Germania[5]?

Ma, allora, a cosa serve quella montagna di soldi? E’ la domanda che scaturì dai nostri occhi.

A trovare fondi per il famoso fondo perequativo previsto dall’art. 119 della Costituzione, per attuare il federalismo fiscale! Non l’avevate capito? Nemmeno i quotidiani ci sono arrivati! Tutti a star dietro alle presunte “beghe” nel PdL! Il solito teatrino.
Se le regioni del Nord non vogliono più pagare le tasse (a dire il vero, anche là le pagano solo i soliti noti), bisognerà provvedere affinché le regioni del Sud non vadano proprio a fondo, altrimenti tutto è inutile!
Allora, si fa un bel prelievo dai pubblici dipendenti per darlo a Bossi che sarà contento: adesso, che ha anche il figlio consigliere regionale, con il federalismo fiscale e le mani sulle banche lui e Tremonti sono felici come fringuelli!
Pazienza per i dipendenti pubblici della Lega: pare che sia allo studio la fornitura gratuita di CPDP, ovvero delle specialissime Corna del Dipendente Pubblico Padano. Lega in Titanio e vernice verde fosforescente: così nessuno potrà mai dire che sono dei cornuti qualunque.

Adesso, ci dovete scusare, ma dobbiamo riportare anche l’intervento della signora Concetta: abbiate pazienza, ma si tratta di una signora meridionale molto sanguigna, dai toni popolani, senza peli sulla lingua. So che capirete.

Ma quale congelamento – ha esordito la signora Concetta, casalinga con marito spazzino e muratore ad ore (fa un sugo all’amatriciana che è il paradiso in terra) – questa è ‘na rapina bella e buona! ‘Stu fetentone ‘e Berlusconi…quello s’acchiappa tutto per fare ‘stu divorzio milionario, e poi lo viene a prendere dallo stipendio del marito mio! Ma chill’ è peggio delli guaglioni che s’arrubbano l’elemosine…

Scusate, ma il resto dell’intervento non era proprio pubblicabile: abbiamo compiuto questo sforzo di democrazia nel pubblicarlo, ben sapendo che presto non lo avremmo più potuto fare. Iniziamo a sperimentare dei mini-bavagli condominiali.

Il rag. Venanzio, però – quale saggezza contengono quei sessanta chili di pelle ed ossa! – ha voluto rispondere con gentilezza alla signora anche se – solo per il tono, assolutamente disdicevole – siamo certi che dei veri gentiluomini come Ignazio La Russa o Renato Brunetta l’avrebbero mandata sicuramente al confino. Magari nella sua amatissima Ventotene.
E, le parole del ragioniere, ci schiusero altre porte.

Venanzio, prima d’iniziare, assunse un’aria grave, da cospiratore ottocentesco. Si notava ch’era nervoso: continuava a ripulire le lenti degli occhiali con il fazzoletto, tormentava la penna, come se avesse un segreto inconfessabile da comunicarci. Poi, varcò il Rubicone.

«Come presumo saprete, mio cognato Alfonso, quello che abita al caseggiato 2B, fa l’usciere a Palazzo Chigi.»
Ci fu un silenzioso assenso da parte dei presenti, ma Venanzio non attese consensi non richiesti e continuò.

«E’ giunto a quel posto dopo anni di sacrifici: scaricava i camion a Segrate, non vi dico per chi…lo avrete già capito…poi ha fatto tutta la trafila. I Circoli della Libertà, del Buon Governo, il Promotore della Libertà…altro, adesso non ricordo…ed era presente a palazzo Chigi la sera del Consiglio dei Ministri. Sì, proprio la sera della manovra, proprio di servizio alla porta della sala.»

Noi, che comprendevamo il suo imbarazzo, non osammo interromperlo.

«Ed ha ascoltato quel che ha detto Berlusconi. Ve lo racconterò – battute e lamentele da osteria a parte – solo per spiegare alla signora Concetta perché devono giungere a rapinare lo stipendio del marito spazzino.»

Venanzio riportò che, da quello che il cognato era riuscito ad ascoltare, non c’erano grandi perplessità: qualcuno lamentava che il suo ministero sarebbe andato “in sofferenza” per i tagli…ma Berlusconi rassicurava: «Tranquillo, togliamo con la destra e ridiamo dieci volte con la sinistra!»
Poi, qualcuno mostrò preoccupazione per il salasso sui pubblici dipendenti: e i voti?

A quel punto, Berlusconi si mise a ridere. Non crederete mica che non ci avessimo pensato?
I voti si prendono a tranche, e quella dei dipendenti pubblici era – secondo gli approfonditi studi sociologici che abbiamo commissionato – quella sulla quale facevamo meno breccia. Perciò, se si deve dissanguare qualcuno, per primi tocca a loro!
Non tutti, però: sono dipendenti pubblici anche le forze di polizia ma quelle – con il solito emendamento – le salveremo. Magistrati ed insegnanti sono il peggio, per noi, però qualche modesta “quinta colonna” la teniamo anche là: pensate ai prof di Religione, con tutto quel che abbiamo loro concesso! E, con quei provvedimenti, ci siamo anche riavvicinati al Vaticano!
Poi, per fare numero, si vanno a cercare le associazioni: riforme a costo zero! Pensate ai cacciatori. Concedendo loro di sparare anche ai canarini in gabbia, abbiamo legato 700.000 cacciatori al nostro carro!
Ora, immaginate una situazione assurda.

Un pubblico dipendente si vede impallinare il canarino che ha sul balcone e protesta. Con chi?
Se protesta con il cacciatore è dei nostri, con i carabinieri uguale – altrimenti, col cavolo che li esentiamo dal congelamento degli stipendi! – se va dal prete è dalla nostra anche lui, non sia mai che i comunisti gli requisiscano la chiesa. Se va da un sindaco nostro non combinerà nulla, mentre se è dell’altra parte non potrà far niente.
Se pensa di rivolgersi alla Magistratura, si dovrà mangiare la casa per pagare gli avvocati…cosa potrà fare? Nulla, ed il cacciatore continuerà a votarci. Così si governa!

Dobbiamo tenerci cari quelli che stanno sicuramente con noi, quelli che hanno già attuato la rivoluzione fiscale non pagando più le tasse…e poi preti, suore e religiosi, Vaticano, commercianti, cementieri, puttane (con tutto il lavoro che diamo loro…), i sindacati li abbiamo comprati…e gli altri…che vadano a farsi fottere! L’importante è farli pagare, e nessuno è in una condizione peggiore dei dipendenti pubblici!

L’unica cosa, della quale dovremo stare attenti, è la comunicazione: non dovremo mai parlare di sacrifici, bensì di “razionalizzazione della spesa”, mai di “tagli” bensì di “ottimizzazione”…le parole d’ordine dovranno essere “modernità”, “futuro”, “ricchezza”…poi, potremo continuare a spolparli come dei gonzi, anche quelli che ci votano!
E’ quindi molto importante chiudere la bocca a tutti i disfattisti, soprattutto a quella gente di Internet: con i giornali ci metteremo d’accordo…in fin dei conti siamo nella stessa barca…mentre quelli sono battitori liberi, sono pericolosi…

Ah, Gianni, chiamami quel, quel…quello dell’UDC, quello che ha presentato la legge del bavaglio…
D’Alia.
Sì, quello: bisogna affrettare i tempi e concludere il lavoro, prima che qualcuno s’accorga della presa per il sedere: voglio quella legge contro Internet, capito? E in fretta!
 

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Berlusconi, siamo tutti sulla stessa barca!

di Aldo Vincent

berlusconi che dice “siamo tutti sulla stessa barca lo stesso giorno che Piersilvio vara il suo nuovo yacht da 18 milioni, mi pare un poco inopportuno…



IO COMUNQUE MI CHIEDEVO, MA SULLA NOSTRA, CI SARA’ PURE LUI?
SU FACEBOOK MI HA RISPOSTO TOMMASO:
Certo che c’è pure lui, ci mancherebbe, noi remiamo, e lui frusta, e intanto si toglie anche qualche sfizietto con la ciurma…
CARO, NON MI PREOCCUPA QUESTO. NON VERREI CHE GLI VENISSE IN MENTE DI FARE PURE SCI NAUTICO…
eehehehehehe

www.giornalismi.info/aldovincent

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L’iPad e il feticismo consumista

di Italo Romano

Oggi in Italia è uscito l’ultimo gingillo di casa Apple. Nonostante la crisi dilagante non sono mancate le file dinanzi gli store addetti alle vendite dei feticci della mela morsicata. Decine di persone hanno dormito all’addiaccio pur di accaparrarsi l’oggetto del desiderio. Gente disposta a percorrere lo stivale per intero, pur di appropriarsi in anteprima di un attrezzo che definire di culto è riduttivo. La magic box tanto acclamata da Steve Jobs, è stata preceduta da una campagna pubblicitaria durata circa un anno.
In questi mesi dove misteri e indiscrezioni facevano capolino da Cupertino, base operativa di Apple, è cresciuta spasmodicamente l’attesa per l’oramai celebre tablet. La strategia di marketing ha fatto centro. Greggi di adoratori belanti stamani si accalcavano dinanzi gli Apple Store, con la bava alla bocca, pronti a fiondarsi dentro guidati da profondi spasimi di consumismo.

Quella della mela morsicata è una mania, una fede indissolubile, visto i prezzi definibile elitaria. I prodotti di Steve Jobs sono entrati di diritto nella galleria degli status symbol. Acclamati, spesso, più per moda che per effettiva utilità. L’ideologia consumista che regna nel mondo, cosidetto civilizzato, ha fatto il resto. Apple, giustamente, come tante altre aziende, ha cavalcato e cavalca l’orda barbarica, arricchendosi oscenamente.
L’iPad ha avuto un successo planetario, forse inaspettato. Le scorte del prezioso tablet sono state messe a dura prova. A quei poveretti addetti all’assemblaggio, in Cina, li attendono mesi di fuoco, sudore e sangue. Noi continuiamo a vivere la nostra vita, a vendere e acquistare, consapevolmente colpevoli in un mondo ingiusto dove i vizi e i lussi di pochi, sono poggiati sulla morte e la sofferenza dei morti. Ma si sa, occhi che non vede, occhio che non duole. Viviamo la nostra falsa vita, fatta di apparenza. La follia consumista sta dando il meglio di sè. Non ci si può mica fermare sui rimorsi di coscienza. Allora  tutti all’arrembaggio di questa costosissima quanto inutile scatola vuota.
Queste resse, a cui si è potuto assistere oggi, sono lo spunto adatto per evidenziare la schizofrenia che regna nella mente collettiva. La sfrenata ricerca della felicità attraverso l’acquisto di oggetti inanimati e privi di qualsiasi peculiarità. L’ideologia materialista ha preso il sopravvento, spingendo a crederci dipendenti dallo spasmodico consumo di beni materiali. Siamo investiti quotidianamente da continue novità in ogni campo. Ci hanno ABITUATO a comprare prodotti non per quello che sono o per quello a cui potrebbero servire, ma per quello che rappresentano.
La pubblicità facilità il giochetto. Ma ciò che lo rende reale e l’ignoranza e l’ottusità diffusa nella massa. Pigra, totalmente disimpegnata, povera, conformista e schiava degli stacchetti pubblicitari.
Si sono create delle vere e proprie sette, gruppi di fedeli pronti a fare carte false pur di possedere gli oggetti con i marchi adorati. Alcune aziende, come la Apple, godono di trattamenti speciali. I suoi prodotti sono sempre giudicati a priori innovativi e rivoluzionari. Come spesso accade, non è tutto oro quello che luccica, ma i più non interessa. Taluni sono così deviati da ragionare acriticamente, o diciamolo schiettamente, fideisticamente. Le mancanze o gli errori di progettazione sono presentati e giustificati come scelte. Scelte accettata come dogmi imposti dalla Chiesa-mela.
E’ una civiltà strana la nostra. Dove regna l’alienante sillogismo di tutti colpevoli, tutti innocenti. Forse voi vivete meglio così, io non ce la faccio proprio più.

dal sito http://www.oltrelacoltre.com

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L'asino e l'alta finanza

di Santaruina

Qualche tempo fa Billy comprò da un contadino un asino per 100 dollari.
Il contadino gli assicurò che gli avrebbe consegnato l’asino il giorno seguente.

Il giorno dopo il contadino si recò da Billy e gli disse: “Mi dispiace ma ho cattive notizie: l’asino è morto.”
Billy rispose:  “Allora dammi indietro i miei 100 dollari”
E il contadino:  “Non posso, li ho già spesi”.
A quel  punto Billy si fece pensieroso, poi disse al contadino:  “Va bene, allora dammi l’asino morto.”
- “E che te ne fai di un asino morto, Billy?”
- “Organizzo una lotteria e lo metto come premio”
Il contadino gli disse ironico: “Non puoi vendere biglietti con un asino morto in palio”.
Allorché Billy rispose: “Certo che posso, semplicemente non dirò a nessuno che è morto”.

Un mese dopo il contadino incontrò di nuovo Billy, così gli chiese: “Come è andata a finire con l’asino morto?”
- “L’ho messo come premio ad una lotteria, ho venduto 500 biglietti a due dollari l’uno e così ho guadagnato 998 dollari”
- “E non si è lamentato nessuno?”
- “Solo il tipo che ha vinto la lotteria, e per farlo smettere di lagnarsi gli ho restituito i suoi due dollari”

Billy attualmente lavora per la Goldman Sach.


dal sito http://santaruina.splinder.com

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Ce ne vuole prima di mettere le chiappe al sicuro...

La tregua delle borse è un'illusione 

di Superbonus

Non fatevi ingannare dalle Borse: i titoli azionari festeggiano lo scampato pericolo di defaultGao Xiquing, il presidente del principale fondo sovrano cinese (che agisce sui mercati per conto del governo), ha chiarito che “l’Europa è stata e sarà uno dei mercati principali per gli investimenti della Cina delle sue riserve”. Che significa: tranquilli, non vogliamo fuggire dall’euro, siamo al vostro fianco. Il termometro vero della situazione, in questi momenti, sono però i mercati obbligazionari visto che la crisi è entrata in una fase in cui i governi non sono più la soluzione ma parte del problema, soprattutto per come gestiscono i loro debiti pubblici. Ed è un segnale preoccupante che i titoli di Stato italiani continuino a rendere molto di più dei titoli tedeschi e francesi e leggermente meno di quelli spagnoli. E’ il segnale che il mercato ancora non si fida della volontà del governo di ridurre il debito pubblico e chiede un tasso d’interesse maggiore per sottoscrivere i titoli di Stato italiani rispetto che ai governi di Paesi più solidi.
imminenti (soprattutto quello della Grecia, almeno per ora) e gli ottimi dati sull’economia che provengono da Stati Uniti e Giappone. I risultati registrati ieri dai mercati internazionali farebbero pensare che, dopo molte settimane, finalmente sta tornando la calma dopo che perfino l’Italia ha varato una manovra correttiva per rimettere in sesto i conti pubblici. La Borsa di Milano ha chiuso in rialzo del 4,30 per cento, quella di Londra del 3,12 per cento, Parigi del 3,42 per cento. Persino l’euro torna a rafforzarsi dopo le giornate terribili che, secondo le interpretazioni più pessimiste, hanno quasi determinato la sua dissoluzione. Anche la Cina ha contribuito a rassicurare gli investitori.


LE ASPETTATIVE. Chi investe a medio lungo termine vuole avere la ragionevole certezza di vedere, in futuro, restituiti i suoi soldi con gli interessi e questa certezza si è affievolita nelle ultime settimane. Certamente ha inciso la crisi Greca (che adesso sembra congelata, notizia di ieri che stanno tornando i depositi nelle banche di Atene, dopo che i clienti avevano svuotato i conti correnti per paura) ma non in maniera esclusiva. Che l’Italia dovesse affrontare una manovra finanziaria impegnativa è noto da almeno 5 mesi agli investitori più accorti, che questa manovra sarebbe dovuta essere di 40 miliardi e non di 24 per il biennio 2011-2012 è un fatto oramai notorio non solo nelle sale cambi ma anche nella Confindustria e persino sui giornali di centrodestra. All’interno di questa manovra gli analisti più attenti hanno anche notato che 7 miliardi dovrebbero provenire dalla lotta all’evasione fiscale, non si tratta quindi di tagli ma di entrate presuntive ed ottimistiche che potrebbero non trovare riscontro nella realtà. Di fronte a queste osservazioni l’atteggiamento degli investitori è quello di chi si mette alla finestra ed aspetta che il tempo confermi o smentisca le previsioni del governo, prima fra tutte quelle di un Pil che dovrebbe crescere nel 2011 del 1,5 per cento e nel 2012 del 2 per cento, previsioni che il ministro Tremonti ha confermato nel corso della conferenza stampa di presentazione della manovra.

LE INCOGNITE
. Se tutto dovesse andare secondo le previsioni del Governo è lecito aspettarsi una nuova manovra da 16 miliardi nei prossimi 10 mesi se invece qualcosa dovesse andare storto, i margini di sicurezza nei confronti di un disastro sono stati pericolosamente accorciati. Sono stati accorciati politicamente da un governo che continua a ripetere la frase “non abbiamo messo le mani in tasca agli italiani” ed ha limitato i sacrifici alla sola categoria dei dipendenti pubblici nel tentativo di minimizzare l’intervento sulla propria base elettorale. Una nuova manovra fatta in fretta e furia sotto la pressione di dati macroeconomici non allineati alle previsioni del ministro dell’Economia colliderebbe frontalmente con una linea politica, e di comunicazione, pensata ed organizzata dal Presidente del Consiglio e dai suoi fedelissimi. I delicati rapporti fra il professore Tremonti e Berlusconi provocherebbero una frattura difficilmente sanabile che potrebbe produrre sbocchi politici e finanziari dall’esito imprevedibile. Sono anche saltati i margini di sicurezza economici, aver varato una manovra che non modifica la struttura della spesa pubblica e non fa del tutto chiarezza sui conti pubblici ha messo il Tesoro nelle condizioni di dover rifinanziare il debito a tassi crescenti che a loro volta incidono sulla spesa, sul rapporto deficit/pil con le conseguenze che ben sappiamo. La sensazione è che il Governo abbia intrapreso una nuova partita di poker con il mercato calando sul tavolo una carta (la manovra) abbastanza alta da non provocare il rilancio dell’avversario ma non tanto alta da provocare l’abbandono del tavolo.

Da
il Fatto Quotidiano del 28 maggio

link: http://antefatto.ilcannocchiale.it

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L'Italia è malata, bastoniamola

di Ullikummi

Tremonti si accoda nel vento europeo con la sua manovra di emergenza. Nelle stesse ore, l'Istat diffonde i numeri del paese, che mostrano i guasti già fatti da una recessione che con i nuovi tagli potrà solo approfondirsi, in una spirale pericolosa. La contro-manovra di Sbilanciamoci

Il debito pubblico italiano è troppo alto in rapporto al Pil? Certo che sì. Serve a qualcosa, la manovra da 24 miliardi sobriamente definita da Tremonti “un tornante della storia”? Certo che no. Da tempo gli economisti (solo alcuni per la verità) cercano di spiegare quello che i bambini di solito studiano in quarta elementare, cioè le frazioni: se scende il numeratore, ma contemporaneamente scende anche il denominatore, non è detto che il valore del rapporto si riduca. Anzi può persino aumentare: dipende (nell'aritmetica) dall'entità delle rispettive riduzioni, e (nell'economia politica) dalla strada che si prende per la discesa. In parole povere: se scende il debito, ma scende anche il Pil, il rapporto può persino peggiorare. Il Rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del paese, diffuso per coincidenza nello stesso giorno della manovra ci aiuta a capire che proprio questa è la dinamica in cui ci siamo infilati; mentre un documento come la “contromanovra” di Sbilanciamoci! ci aiuta a pensare a strade alternative per una discesa sostenibile.

Le cifre dell'Istat. La quantità di informazioni è sterminata, e ciascuno se ne può fare un'idea direttamente (prima che il Gasparri di turno dica che a lui risultano altri numeri, o che si decida di chiudere anche l'Istat dopo l'Isae e l'Isfol). Semplificando al massimo, l'Istat quest'anno ci dice due cose: 1) che la crisi economica in Italia è peggiore che in altri paesi europei: nel biennio 2008-2009 la flessione del Pil è stata del 6,3%; 2) che l'hanno pagata, finora, soprattutto i giovani, protagonisti della fascia del mercato del lavoro sterminata dal taglio dei contratti atipici, e le donne, che vanno ad aumentare la fascia degli inattivi per “scoraggiamento”. Di tutto il capitolo 3 (Gli effetti della crisi su individui e famiglie) andrebbe data pubblica lettura nelle sedi in cui si discuterà e voterà la manovra; basti citare due dati: nel 2009 il reddito disponibile delle famiglie è sceso del 2,9% e il potere d'acquisto procapite è sceso sotto il livello del 2000. Ma, restando ai conti pubblici, concentriamoci sulla prima parte della storia: l'avvitamento tra crisi, deficit e debito. I governi dei paesi europei hanno speso di più, mentre le entrate rallentavano e il Pil scendeva. Così per l'insieme dall'area dell'euro il rapporto tra debito e Pil è passato da 69,4 a 78,7%, mentre l'indebitamento netto (il deficit annuale) è salito dal 2 al 6,3%. In questo quadro, l'Italia occupa una posizione particolare: mentre gli altri hanno speso molto di più per sostenere le banche, la nostra spesa pubblica è cresciuta di meno e soprattutto in relazione all'aumento della cassa integrazione; inoltre, anche la riduzione delle entrate è stata meno forte di quella degli altri (per effetto dello scudo fiscale). Però, “in ragione della forte caduta del Pil e del livello elevato del debito”, i conti alla fine sono peggiori di quelli degli altri: il rapporto debito/Pil sale da 106,1 a 115,8 e l'indebitamento da -2,7 a -5,3. Siamo partiti da un debito più alto (numeratore), siamo scesi con una caduta più rapida del Pil (denominatore).

Emergenza pubblica. Di fronte a queste cifre, chi vuole può continuare a pensare che l'emergenza sia nei numeri del debito pubblico – che è troppo alto sì, ma da qualche decennio – e non in quelli della disoccupazione, inoccupazione, spreco di risorse. Può dimenticarsi l'opportunistica riscoperta keynesiana di qualche mese fa, buona per tamponare le falle finanziarie, e tornare a una visione smemorina dell'economia e della politica economica, quella che dice che affamando lo stato (e i suoi impiegati, nel caso specifico) si risolleva l'umanità. Deve comunque poi spiegare come fa a togliere risorse all'economia senza deprimere l'economia; a tagliare gli stipendi agli insegnanti convincendoli però ad andare a fare shopping e vacanze nel tempo libero; a bloccare le assunzioni e i nuovi contratti chiedendo nel contempo ai ragazzi di uscire di casa e magari comprarsela anche, una casa; a continuare a dare cassa integrazione in deroga senza far niente perché le deroghe cessino di essere la norma. E' vero che in questa trappola – il rigore in recessione, bastonate sul malato – è caduta tutta l'Europa, ma è anche vero che ci sono malati e malati, bastonate e bastonate (nonché medici e medici: la lotta all'evasione fiscale fatta subito dopo il regalo ai capitali evasi all'estero e in contemporanea col condono edilizio è uno spettacolo inedito persino per il paese che costruisce ad Agrigento nella Valle dei Templi).

Si può fare qualcosa di diverso, per raddrizzare i conti e re-indirizzarli? Qualcuno pensa di sì, e ci prova. Il documento della campagna Sbilanciamoci!, che si può leggere nell'allegato, mostra in successione una serie di mosse possibili. Sulla base delle quali vorremmo far partire su questo sito una riflessione: criticatele, smontatele, integratele, proponetene altre. Discutiamone.

In allegato pdf (237,69 kB), le controproposte della Campagna Sbilanciamoci!

dal sito http://www.doppiocieco.splinder.com/

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Delirium premier

di lameduck

Ha ragione Marco Travaglio. Dobbiamo lasciarlo lavorare, il piccoletto, perchè sta scavandosi la fossa da solo e ormai è arrivato ai fatidici six feet under.


Un Berlusconi sotto osservazione da parte di numerosi poteri forti internazionali per le sue tendenze autoritarie e le minacce alla libertà di stampa che fa? Va a Parigi e cita Mussolini, sottilmente paragonandovisi e lamentando che "i capi di governo non hanno potere". Parla di gerarchi, di cavalli, neanche fosse Caligola, insomma un delirio totale ed ormai irreversibile. Si può pensare che se il prossimo 25 luglio Fini e Bocchino non lo faranno cadere durante un Gran Consiglio dei Ministri, ne farà una malattia.

Non abbiamo visto le facce di chi lo ascoltava durante il vertice parigino dell'OSCE ma possiamo immaginarle simili a quella dell'impietrito Gianfranco Fini all'epoca dello Schultz-suggerito-nel-ruolo-di-Kapo nella famosa guittata in "chiacchiere&distintivo mode" di Strasburgo.

La cosa incredibile comunque è che abbia scelto, come fonte della sua citazione odierna, i "diari di Mussolini". Diari sbandierati tempo fa da Marcello Dell'Utri come una grande scoperta storica e in seguito bocciati come falsi clamorosi dagli esperti. Non si accontenta più delle sue, di bugie, utilizza anche quelle altrui, raccatta le cicche.

Il suo rapporto con la menzogna è a dir poco cosmico. Giorni fa ha inanellato una sequela di balle sull'operato del suo governo che ad un certo punto il naso ha sfondato la vetrata.

Durante un incontro con la Lega ha affermato che "con me tecnico il Milan sarebbe campione" e "Avrei vinto lo scudetto con 5-6 punti di vantaggio".

Non è che al Real lo vorrebbero al posto di Mourinho? A me, come premier, al suo posto, andrebbe benissimo anche Leonardo.

dal sito http://www.ilblogdilameduck.blogspot.com/

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La testa fuori dalla sabbia della crisi

di subecumene

Ora che per l’autorevole voce di Gianni Letta la necessità di “sacrifici duri, molto duri” è verità di regime persino nel Paese dei Balocchi raccontato fino all’altro ieri da Berlusconi e dai suoi benevoli glossatori, ho un’idea del ventaglio di opzioni che si presenterà alla minoranza parlamentare per agire all’interno del nuovo quadro politico. Le opzioni saranno due, solo apparentemente opposte:

a) la tentazione costante di dare mostra di “senso di responsabilità” e di “senso dello stato” spingerà la minoranza ad aiutare il governo nel rimettere ordine ai conti dello stato;

b) si cercherà di trarre vantaggio nella competizione politica interna dalla difficoltà di immagine che il centrodestra fatalmente attraverserà dopo aver fatto sua la parola d’ordine dei sacrifici.


Una terza opzione, la più importante, la più innovativa, non verrà neanche contemplata. Questa consisterebbe nel ragionare insieme agli italiani sullo strano paradosso della richiesta di sacrifici per mettere sotto controllo una spesa pubblica che non è affatto fuori controllo, come ammesso a denti stretti dalla stessa Moody’s nel suo ultimo rapporto sui conti pubblici dei paesi dell’eurozona. Sulla curiosa pretesa dei mercati di avere garanzie extra sulla solvibilità del debito italiano, anche se su di esso non vi è l’ombra del default. Sullo strano circolo vizioso per cui le austere politiche di bilancio che si annunciano potrebbero sortire un effetto opposto a quello atteso nel caso in cui deprimessero un’economia già stagnante al punto di determinare una caduta del gettito fiscale dello stato.

In altre parole la minoranza di questo paese dovrebbe smetterla di ripetere l’ode alle virtù disciplinatrici dei mercati, e cominciare a denunciare il mazzo di carte truccate delle istituzioni finanziarie internazionali nelle quali siamo costretti a operare. A quel punto, una volta tirata la testa fuori dalla sabbia, sarebbe forse possibile intravedere qualche soluzione.

dal sito http://subecumene.wordpress.com/

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Istat: il "research divide" mina la competitività e ipoteca il futuro degli italiani di domani

orcocan, xemo miga ciapai ben, eh? Pori italiani .....

di Lucia Venturi

GROSSETO. E' un paese al bivio quello che rappresenta l'Istat nel suo rapporto annuale presentato ieri nella sede di Montecitorio e che dovrebbe individuare bene dove porre le poche risorse disponibili per garantire un futuro alle prossime generazioni.

Un paese su cui, mentre sono ancora del tutto evidenti i segni della crisi economica planetaria, si stanno evidenziando, come nel resto d'Europa, i problemi che derivano dal non aver messo assieme ad una politica monetaria anche una politica economica capace di mettere regole e freni ad un sistema finanziario che è ancora libero di far prevalere i propri interessi speculativi.

Ma, si legge nelle conclusioni del rapporto Istat, «le difficoltà e le incertezze del presente non devono però far dimenticare i problemi che il Paese deve affrontare per assicurare un futuro di prosperità alle generazioni attuali e a quelle future. Alla vigilia dell'adozione della nuova Strategia Europa 2020 è necessario comprendere come orientare le risorse disponibili al fine di creare le condizioni economiche, sociali e ambientali che determinano la qualità della vita in un Paese».

Delle questioni ambientali Istat si occupa egregiamente in questo rapporto, come ne abbiano dato conto ieri e lo fa anche rispetto ad altre questioni che occupano una posizione strategica per la qualità della vita del paese, ovvero i settori della ricerca e quello della formazione culturale, che presentano, invece, bilanci niente affatto commisurati al ruolo che dovrebbero assumere come leva per raggiungere quegli obiettivi indicati dalle strategie europee.

«Purtroppo - si legge nel rapporto - il deficit storico di ricerca e innovazione che caratterizza il nostro Paese condiziona negativamente la crescita economica, la produttività e l'accumulazione di capitale. Guardando all'analisi del livello e dell'evoluzione recente degli indicatori che descrivono queste dimensioni, si nota, nel confronto con la media europea, un ritardo in tutti gli ambiti, a eccezione dell'indicatore relativo alle imprese che usano servizi di e-government».

La spesa complessiva in Ricerca e Sviluppo (R&S) è per il 2008 all'1,2% del Pil, ovvero quanto si spendeva a metà degli anni Ottanta: assolutamente non in linea con la media europea che è all'1,9% e decisamente lontano dal 3% fissato come obiettivo nella strategia di Lisbona e confermato in quella di Europa 2020.

La distanza che ci separa dal resto d'Europa rimane assai elevata relativamente alla spesa in R&S sostenuta dalle imprese, ferma allo 0,6% del Pil rispetto a una media europea dell'1,2 % e al numero di ricercatori a tempo pieno presso le imprese che è salito appena del 14% tra il 1990 e il 2008, contro il 40% della Germania, mentre in Francia il numero dei ricercatori è raddoppiato e in Spagna triplicato.

Ma non è più confortante il dato relativo al livello d'istruzione della popolazione: il 46,1% della popolazione adulta (25-64 anni) ha conseguito al più la licenza media rispetto al dato europeo del 28,5%. L'Italia si distingue negativamente nel contesto europeo anche per la quota di giovani (18-24 anni) che ha abbandonato gli studi senza aver conseguito un diploma di scuola superiore: il 19,2 % nel 2009, che significa ben quattro punti percentuali in più della media europea e nove punti rispetto all'obiettivo fissato dalla Strategia di Lisbona e riproposto da Europa 2020.
Un divario su cui incide ancora molto la scarsa partecipazione all'istruzione secondaria e terziaria da parte della popolazione di estrazione sociale più bassa.
Lontano dalla quota del 40% proposta da Europa 2020 è anche la percentuale dei laureati, che- nonostante vi siano stati incrementi positivi, nel 2009 è ancora al 21,6% dei giovani tra i 25 e i 29 anni.

L'Italia registra anche uno dei tassi di partecipazione alla formazione continua degli adulti tra i più bassi in Europa: nel corso del 2005 soltanto il 22,2 % dei 25-64enni ha effettuato almeno un'attività di studio e/o di formazione, contro una media europea del 36%. E questa carenza di formazione colpisce soprattutto i disoccupati (16,9%), gli inattivi (11,4%), le persone delle classi di età più avanzate (11,8 % tra i 55-64enni) e i possessori di basso titolo di studio (8,2%) alimentando un circolo vizioso in cui diventa difficile recuperare il divario per chi parte già svantaggiato dal punto di vista dell'istruzione scolastica.

Questo scarso bilancio del sistema di istruzione e formazione si riflette poi sulle competenze e conoscenze acquisite da giovani e adulti, che in base ai risultati dell'indagine Pisa (Programme for international student assessment) promossa dall'Ocse, mostrano una situazione critica su tutte le discipline collocando il nostro Paese sempre al di sotto dei valori medi dei 30 paesi Ocse. Situazione che diviene ancora più preoccupante per quanto riguarda la popolazione adulta il cui livello di competenze risulta tra i più bassi dei paesi Ocse.

Una distanza rispetto agli altri paesi sviluppati che si mantiene elevata anche nel campo dell'utilizzo delle nuove tecnologie e su cui ancora una volta pesano le differenze sociali: meno del 20% dei ragazzi da 6 a 17 anni figli di dirigenti, imprenditori e liberi professionisti non usa il personal computer, percentuale che diventa del 35% per i figli di operai e che si azzera per i ragazzi delle classi sociali più basse che non hanno il pc in casa e non trovano nella scuola un adeguato riequilibrio delle opportunità.

dal sito http://www.greenreport.it/

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L'igiene prima di tutto


Pubblicato da Roberto Baldissari su http://www.insertosatirico.com/

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Tagliamo la guerra: contro-manovra da 24 miliardi

Sacrifici duri? Facciamoli pagare alla guerra, non alle fasce deboli. Mentre la Cgil annuncia lo sciopero generale contro la manovra di salvataggio proposta da Giulio Tremonti per mettere l’Italia al riparo dal dissesto finanziario innescato dalla crisi globale e in particolare dal crack della Grecia, dalla provincia di Venezia arriva una singolare contro-proposta: «La mia manovra? Semplice: tagliare la guerra». Ermes Drigo, protagonista della riconversione ecologica di Portogruaro, fa i conti in tasca alla difesa: ritirando le truppe dall’Afghanistan e limando qualche voce dagli armamenti, si risparmiano giusto 24 miliardi di euro, quelli che il governo si appresta a spremere dagli italiani.


Per semplificare, Drigo ricorre a un calcolo elementare: «Non sono mai stato un esperto di bilanci – premette – ma sono preoccupato che questa crisi sia pagata come sempre dai meno potenti». Pallottoliere alla mano, Drigo ha condotto «una ricerca semplice e veloce sulle spese militari dell’Italia». La sua “manovra” è semplicissima: si basa sulla somma di alcune voci di costo. Secondo Sipri Yearbook di Stoccolma, per le spese militari, nel 2008 l’Italia ha speso 40,6 miliardi di euro, tra Afghanistan, bombardieri, sommergibili e navi.

In particolare: secondo il blog “Sbilanciamoci” (www.sbilanciamoci.org), la difesa italiana impegna mezzo miliardo di euro all’anno per la campagna in Afghanistan, ha ipotizzato di spendere altri 16 miliardi per acquistare 131 bombardieri invisibili F-35, aerei “stealth” di ultima generazione, mentre 2 miliardi di euro sono il costo di 4 sommergibili U-212. Inoltre, secondo “Il Sole 24 Ore”, la portaerei Cavour rappresenta un autentico salasso per le finanze statali: l’ammiraglia della marina militare, ferma o in navigazione, costa 150.000 euro al giorno.

«Con i soldi della portarei Cavour potremmo finanziare la scuola pubblica», dice Drigo, esponente del Movimento per la Decrescita Felice, presentando la sua contro-manovra finanziaria: mezzo miliardo risparmiato col ritiro dall’Afghanistan, più 16 miliardi che resterebbero in cassa rinunciando ai bombardieri F-35 e altri 2 miliardi risparmiati lasciando perdere i nuovi sommergibili. Se poi si tolgono 5,5 miliardi dal bilancio 2010 della difesa, si ottiene in un solo anno la cifra esatta della manovra biennale di Tremonti: 24 miliardi di euro.

dal sito http://www.libreidee.org/