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Fotovoltaico: fa male al territorio?

I pannelli fotovoltaici sono compatibili con l’agricoltura? 

Era pochi mesi fa che mi trovavo a ispezionare un terreno dove sarà installato un impianto fotovoltaico a terra. A vedere quel bel prato verde leggermente in discesa, mi è venuto un po’ un dubbio sull’opportunità della cosa. Così, ho chiesto al proprietario, che era accanto a me, “ma non è un peccato mettere i pannelli qui? Non si potrebbe invece coltivare qualcosa?” Lui mi ha guardato un po’ strano, ha indicato il terreno e mi ha detto, “Ma non lo vedi? Qui è tutto sassi. E tutto rovinato – non ci si coltiva più niente!” Ho guardato bene e ho visto che aveva ragione: l’erba mascherava appena i sassi sparpagliati – era un terreno rovinato da anni di coltivazione troppo intensiva e che ormai non poteva produrre più niente. Metterci sopra dei pannelli non rovinava niente di utile.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto sulla questione. Mi è venuto in mente che il fotovoltaico può avere un effetto benefico sul terreno. Non ho trovato studi a proposito dell’effetto dei pannelli fotovoltaici sul terreno sottostante, ma credo che se si montano a una certa altezza, in modo da fare arrivare luce diffusa al terreno, l’effetto non possa essere che di dare all’humus rovinato dalla coltivazione intensiva una possibilità di riformarsi negli anni.
Ovviamente, queste cose sono ancora un po’ premature, dato che la frazione di territorio occupata dal fotovoltaico in Italia è ancora infinitesimale. Ma non è troppo presto per pensarci, anzi, è il momento buono, anche se sembra che qualcuno – come sempre – le cose le capisca al contrario.  Per esempio, con l’idea di far respirare il terreno, una ditta che conosco ha fatto un progetto dove i pannelli di un impianto in costruzione erano a circa un metro e mezzo di altezza. Risultato? Il comune ha bocciato il progetto perchè così i pannelli “si vedono” è ha imposto di abbassarli. Appunto….
Ma, più che altro, la faccenda ha dato origine proprio in questi giorni a una bella polemica sulla stampa. Ha cominciato il 12 Marzo la Coldiretti di Ascoli con un comunicato descritto da Ilaria Traditi il con titolo appropriatamente sensazionalistico: “No al sacco del terreni agricoli.” Carlo Petrini, a sua volta, ha scritto un articolo abbastanza equilibrato su Repubblica del 17 Aprile – peraltro con il titolo anche quello sensazionalistico “via i pannelli dalle campagne”. Come era ovvio, questo ha dato il via alle solite polemiche di bassa lega di gente che non cerca altro che una minima scusa per attaccare l’energia rinnovabile. Particolarmente deprimente l’articolo di Alessandro Cecchi Paone sul giornale del 18 Aprile, intitolato “Contrordine compagni, basta pannelli solari” Non sarà il primo su questo tono: quando comincia la polemica, è garantito che viene fuori il peggio.
Insomma, come per tutte le cose ci vuole un po’ di riflessione prima di lanciarsi in una nuova crociata contro questo e contro quello. La frazione di territorio necessario per produrre energia fotovoltaica in quantità tale da sostituire i fossili e dell’ordine dell’1%, quindi possiamo installare i pannelli che ci servono anche su terreni agricoli senza fare danni significativi all’agricoltura. D’altra parte, è ovvio che installare su terreni di pregio è un’assurdità e che bisognerebbe tener conto di questo fattore nelle incentivazioni; cosa che il legislatore non ha fatto finora e non sembra intenzionato a fare. Bisognerebbe graduare le incentivazioni in modo tale da favorire l’installazione su terreni di basso pregio o rovinati dall’erosione. Si potrebbe anche prevedere un incentivazione per la “rotazione” del fotovoltaico. Dopotutto, la rotazione delle coltivazioni è un principio di base dell’agricoltura per preservare il terreno, perché non inserire anche il fotovoltaico nel ciclo?

dal sito http://www.aspoitalia.it/blog/nte/

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