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Scudo mediatico: rimpatriato davvero solo il 41% del totale

di Pietro Salvato

Bankitalia smentisce Tremonti. Solo una parte dei capitali “scudati” è rientrato in Italia. Il restante è stato “riciclato” ma resta ancora all’estero. Intanto, la Procura Antimafia denuncia: “Le holding mafiose, grazie all’anonimato, reinvestiranno quei soldi per creare circuiti finanziari paralleli”.

Ci hanno raccontato per mesi che lo scudo fiscale sarebbe stato una sorta di “male  Scudo mediatico: rimpatriato davvero solo il 41% del totalenecessario”. Lo stesso premier, Silvio Berlusconi candidamente sosteneva: “In costanza della crisi e del fatto che abbiamo deciso di non mettere le mani nelle tasche degli italiani, l’entrata di nuovi soldi servirà per tutte quelle spese di buonsenso, dall’università alla sanità che oggi invece abbiamo difficoltà a fare“. Dal canto suo il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti si diceva certo che: “La criminalità non si servirà di questo strumento“. In quanto a quei capitali “illegalmente” esportati all’estero, una volta rientrati in Italia – sempre a detta di governo e maggioranza – questi avrebbero contribuito in modo determinante alla ripresa della nostra economia”. Oggi, sia la Banca d’Italia, sia la Procura Antimafia smentiscono nei fatti queste affermazioni.

L’ANNUNCIO URBI ET ORBI - Erano gli ultimi giorni del 2009. Il Mef, sigla dietro cui si cela il Ministero dell’Economia e della Finanza, diramò una nota stampa per annunciare “lo straordinario successo dell’operazione scudo fiscale“. Quasi tutti gli organi d’informazione, senza farsi troppe domande non diciamo “etiche” ma semplicemente deontologiche, riverberarono la notizia. I tg della sera, quelli col massimo ascolto, annunciarono poi come lo scudo fiscale avesse regolarizzato ben 95 miliardi di euro, di cui il 98% era costituito da rimpatri effettivi in Italia”. Numeri che avevano del prodigioso. Non solo, i nostri “mezzibusti” dei telegiornali si affrettarono pure a ricordare come quel 98% sarebbe stato reinvestito, entro breve tempo, nel nostro circuito economico, quasi per avvalorare quell’altro “mantra”, recitato sempre in quei giorni, che ci voleva già fuori dalla crisi, prima e “meglio degli altri”.

UN ESEMPIO DI DISINFORMAZIONE - Le bugie, sì sa, hanno le gambe corte. Così, a distanza di un mese e mezzo, un’altra nota informativa, questa volta proveniente dalla Banca d’Italia e ripresa dall’economista de lavoce.info Maria Cecilia Guerra, spiega come quello del Mef sia stato solo un espediente “per far credere che il 98% dei 95 miliardi scudati fosse davvero rientrato in Italia, pronto ad affluire alle nostre imprese in crisi“. “Il trucco comunicativo consisteva nel giocare sull’ambiguità del termine “rimpatri effettivi”, senza ricordare che essi consistono – spiega la Guerra – di rimpatri veri e propri e di “rimpatri giuridici” i quali, analogamente a quanto avviene per le regolarizzazioni, non comportano alcun disinvestimento di attività estere“. La distinzione fra rimpatri veri e propri da un lato e rimpatri giuridici e regolarizzazioni, dall’altro, è necessaria al fine di stilare le opportune statistiche relative alla bilancia dei pagamenti del nostro paese su cui si basano, per esempio, i dati dell’Istat e quelli della stessa Corte dei Conti. A tale scopo vengono giustamente registrati solo i primi.

BANKITALIA HA FATTO I CONTI - Nei suoi calcoli, il servizio studi e rilevazioni di Via Nazionale, ha tenuto conto di 85 dei 95 miliardi di euro ricordati dal Mef, in quanto la sua rilevazione esclude alcuni beni patrimoniali, le operazioni d’importo inferiore a una determinata soglia: 50.000 o 12.500 euro (a seconda del paese considerato per il rimpatrio) e le situazioni in cui l’effettivo rimpatrio o regolarizzazione delle attività “scudate”, per le quali cioè si è gia versata l’imposta, sia stato differito, come ammesso dalla stessa normativa. Il risultato è stato il seguente. I “rimpatri con liquidazione” ammontano a 34,9 mld di euro, mentre i “rimpatri senza liquidazione e regolarizzazioni” sono pari a 50,3 mld di euro per un totale complessivo, come detto, di 85,1 mld di euro. I rimpatri con liquidazioni, ossia quei capitali effettivamente tornati nel nostro paese, che potrebbero – volendo – essere quindi reinvestiti in attività economiche, ammontano soltanto al 41% del totale. Il resto continua a stazionare al di fuori del nostro paese.

E LA MAFIA RINGRAZIA - Pochi settimane fa, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi ha dichiarato pubblicamente: “Le perduranti difficoltà di accesso al credito, favoriscono fenomeni di usura e scalate alla proprietà di aziende, grazie alla disponibilità di liquidità acquisita illegalmente. Sono due fenomeni molto diffusi elevati nel Mezzogiorno dove, secondo recenti dati, sono a rischio usura 500 mila famiglie e 600 mila piccoli imprenditori“. Sulla scorta di quest’affermazione, il procuratore Antimafia, Alberto Cisterna ha lanciato il seguente allarme: “Questo terzo scudo fiscale è dedicato a capitali che hanno cercato, con successo, soprattutto di sottrarsi all’imposizione fiscale“. Aggiungendo poi: “Quel che interessa il Mezzogiorno non è tanto la quota spettante del “tesoretto” sanato quanto il pericolo che lo scudo fiscale si risolva a favore del crimine organizzato e vada ad alimentare circuiti di usura e di appropriazione di aziende in difficoltà“. E ancora: “È improbabile che lo scudo fiscale faccia rientrare capitali nel Mezzogiorno utili per sostenere la sua economia. È invece possibile che holding mafiose, approfittando dell’anonimato che caratterizza il provvedimento, approfittino dell’opportunità di poter utilizzare patrimoni “parcheggiati” all’estero e ora, “sdoganati” a costi risibili, per creare circuiti finanziari paralleli“. Dichiarazione, come si vede, che smentisce il disarmante ottimismo succitato del ministro Tremonti. Un proverbio siciliano ammonisce: chi è orbo, sordo e tace, vive cent’anni in pace. In molti, sembra, si sono subito adeguati.

Fonte articolo: http://www.giornalettismo.com

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