Fiorani al pm: "Ecco i politici che ho pagato"
di Gianni Barbacetto
Da Dell’Utri a Calderoli; da Brancher a Grillo: 100-200mila euro  elargiti dal banchiere imputato a Milano nel processo Antonveneta
Il  banchiere che nel 2005 diede l’assalto alla finanza italiana è  rilassato, nel suo completo gessato grigio. Gianpiero Fiorani,  allora amministratore delegato della Popolare di Lodi, oggi imputato  nel processo Antonveneta, si è lasciato alle spalle l’euforia del  banchiere vincente, ma anche la disperazione dello sconfitto che tenta  due volte il suicidio. "Dopo le vicende che mi hanno coinvolto, si  diventa come degli appestati. Prima ero centrale nel sistema, poi c’è la  morte civile, tutti quelli che hanno avuto a che fare con me e che sono  stati beneficiati da me sono spariti. Come fossi un lebbroso e avessero  paura del contagio". Interrogato in aula, a Milano, dal pubblico  ministero Eugenio Fusco, racconta la sua verità. Il  legame fortissimo con il governatore di Bankitalia Antonio Fazio.  I rapporti incrociati tra il suo assalto ad Antonveneta e l’assalto  dell’Unipol di Giovanni Consorte a Bnl  ("Io do una mano a te, tu dai una mano a me"). Ma soprattutto gli  intrecci con la politica, con gli uomini dei partiti informati sulle  scalate e "oliati" con i soldi della banca.
Il politico più  interno all’operazione è il senatore di Forza Italia Luigi  Grillo, vicinissimo a Fazio e ufficiale di collegamento tra il  governatore e Fiorani. "Gli ho dato 100 mila euro, poi altri 200 mila,  poi altro ancora. Su un conto aperto alla Popolare di Lodi per  operazioni finanziarie sui derivati. Un aiuto per le sue spese  elettorali". Una parte dei soldi finisce al senatore Marcello  Dell’Utri. "Sì, 100 mila euro: Grillo me li chiese  espressamente per il senatore". Ma poi, chiede Fusco, gli sono  effettivamente arrivati? "Certamente, perché Dell’Utri mi ha  ringraziato".
Altri soldi vanno al deputato di Forza Italia Aldo  Brancher: "Mi chiese un contributo perché aveva perso dei  soldi investiti in un’azienda. Gli diedi 100 mila euro, su un conto  corrente intestato alla moglie. Altri 100 mila glieli diedi per Roberto  Calderoli, l’esponente della Lega nord".
I soldi  servivano a rinsaldare il trasversale "partito del governatore" contro i  nemici di Fazio (Giulio Tremonti, Bruno  Tabacci, Giorgio La Malfa...) che volevano far  passare in Parlamento il mandato a termine per il governatore della  Banca d’Italia. "Anche la Lega era acerrima nemica del governatore", ha  ricordato Fiorani, "ma poi ha cambiato idea": dopo che Fazio e Fiorani  portarono a termine il salvataggio di Credieuronord, la banca della Lega  che era "sull’orlo del fallimento". Altri soldi, ricorda Fiorani, sono  arrivati a un personaggio a cavallo tra la politica e la finanza: Fabrizio  Palenzona, massiccio esponente della Margherita e banchiere di  Unicredit: "Due bonifici, più versamenti in contanti. Sul  conto Radetzky, presso la filiale di Montecarlo della Banca del  Gottardo".
Fiorani prova a tirare le somme della sua esperienza:  "Cosa non rifarei nella vicenda Antonveneta? Non ho nulla da  rimproverarmi. Come si poteva rinunciare a un progetto così  importante?". Il banchiere lo racconta come una grande operazione  finanziaria compiuta sotto l’ala di Fazio, fautore dell’"italianità  delle banche" da strappare ai compratori stranieri: "Gli ho sempre detto  tutto, se mi avesse comunicato che c’erano problemi, avrei subito  consegnato le azioni Antonveneta agli olandesi, realizzando una bella  plusvalenza da 280 milioni di euro. Sarei diventato il banchiere con la  più alta liquidità in Italia. Invece Fazio mi ha usato e adesso scarica  tutte le responsabilità su di me". Informato di ogni passaggio, secondo  il banchiere di Lodi, anche il presidente della Consob,  l’agenzia di controllo della Borsa, Lamberto Cardia. E  gli scalatori avevano dalla loro parte anche un giudice del Tar  del Lazio, Pasquale De Lise.
Alleato prezioso,  perché proprio il Tar doveva decidere su un esposto degli  olandesi di Abn-Amro, che i “concorrenti” di Lodi volevano a ogni costo  bloccare. A un certo punto, nell’estate 2005 tra gli scalatori si  diffuse la paura di essere intercettati. Chi li avvisò che i telefoni  erano sotto controllo? Segnali arrivarono a un alleato di Fiorani, Stefano  Ricucci, "messo in allarme dal senatore Giuseppe  Valentino", di An, ex sottosegretario alla Giustizia.  Ma si allarmò anche la moglie di Fazio, Cristina Rosati.  Racconta Fiorani: "Mi rivelò che il suo telefono era sotto controllo, e  mi disse che gliel’aveva riferito Paolo Cirino Pomicino, che era in  contatto in ambienti romani con esponenti dei servizi segreti".
Fonte articolo: http://antefatto.ilcannocchiale.it


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