Politica, quanto mi costi: i conti in tasca ai candidati delle Regionali
di Giovanni Palombo
Lo spettacolo dei cartelloni pubblicitari che tappezzano le città in tempi di campagna elettorale spinge a fare due somme su quale sia il prezzo da pagare per portarsi a casa un seggio. Troppo alto per essere sostenibile
Mancano una quarantina di giorni alle  elezioni regionali e ciascuno di noi avrà certamente fatto caso all’orda  barbarica di manifesti, volantini e quant’altro, attaccato in ogni dove  con spunti di fantasia davvero singolari. Tralasciando il solito,  sempiterno, rimbrotto per l’oltraggio al decoro urbano  che fa tanto chic e turba fintamente i nostri amministratori che, 
con  una mano alzano l’indice inquisitore contro gli imbrattatori mentre con  l’altra assoldano legioni di “attacchini”, e’ doveroso domandarsi quanto  costi questo circo mediatico ad uso e consumo di muri e cartelloni.
POLITICA, QUANTO MI COSTI – Mi sono finto candidato nel Lazio ed ho interpellato diverse aziende specializzate in pubblicità. Facendo la somma dei vari preventivi ho raggiunto una somma tale da essere completamente fuori portata per chi campa di uno stipendio normale e non ha rendite “da scudare”. Un “supporto pubblicitario” (un cartellone, per dirla semplice) da 6 metri per 3 costa 4mila euro al mese di noleggio e, se sei un candidato non troppo sfigato e con una qualche possibilità di essere eletto, ne devi prenotare almeno un paio di cento sparsi nei vari angoli della città e altri 200 per la provincia. Totale della spesa: 1,6 milioni di euro (che include anche il lavoro di stampa, le fotografie e quant’altro occorra per presentare il mio bel faccione ai concittadini elettori). Se, poi, sono parecchio in grana, mi è d’obbligo acquistare almeno due o tre pagine all’interno di qualche quotidiano. Le tariffe variano da 10mila euro dei quotidiani minori, sino ai 100mila euro per quelli a diffusione nazionale: senza strafare sommiamo altri 150mila euro.
ALTRE… PICCOLE SPESE –  Un candidato che si rispetti non può non avere un Comitato  elettorale a cui affidare l’organizzazione del la propria  campagna e quindi è necessario affittare una sede adatta per almeno un  paio di mesi. Considerando gli affitti di Roma per una sede di 200mq se  ne partono altri 4mila euro al mese. Poi ci sono le persone addette alla  segreteria, le spese telefoniche, elettriche, i  computer. Altra nota dolente sono i manifesti da far affiggere in ogni  dove: ne serviranno almeno 30mila (e siamo sui 12mila euro) da affidare a  gruppi di attacchini (di solito
  extracomunitari) che si fanno il giro della città ad appiccicare il mio  sorriso ovunque alla modica diaria di 100-150 euro al giorno (colla  inclusa). Non meno importanti sono gli “eventi”, gli incontri con gli  elettori, le cene e cenette, qualche buono benzina per i simpatizzanti ,  qualche gettone per i militanti che si prodigano alla ricerca  di consenso. Poi ci sono i faccendieri, gli artisti delle liste  elettorali, che si presentano alla mia sede con pacchetti di voti già  confezionati e sanno dirti quanti voti prenderai seggio per seggio con  una perizia matematica fuori dall’ordinario. Per un lotto di 500  voti sicuri siamo sui 7-8 mila euro minimo. Fatti due totali  si arriva e si superano facilmente i 2 milioni di euro. E ora la domanda  delle domande: chi paga ?
CONQUIBUS PRODEST? –  Beh, se sarò eletto potrò contare su un cospicuo stipendio  da consigliere regionale che, tra annessi e connessi, si aggira sui 16mila  euro al mese. Conto le mensilità usando la punta del naso e  rilevo che, senza prendere un caffè e andando a piedi, lo stipendio da  consigliere frutterà 180mia euro all’anno, moltiplicato per i 5 anni che  “dovrebbe” durare una legislatura, incasserò circa 900mila euro.  Insomma, tutta questa fatica per essere eletto e per rimetterci  un milione di euro secco? Sembra una follia, non si dovrebbe  trovare uno disposto a candidarsi neanche sotto tortura , invece, nei  vari partiti si sgomita e ci si danno botte da orbi per essere  in lista. Chiedo lumi ad un “collega” eletto in passato e lui,  sorridendo, mi dice che per la campagna elettorale mi debbo trovare  degli sponsor che mi sostengano finanziariamente. Ah,  ecco il pezzo che mi mancava, debbo ingraziarmi qualche imprenditore che  sganci assegni congrui e il gioco è fatto. Ma ritengo che il mio  sponsor una volta che fossi eletto, non avrebbe alcuna remora a battere  sulla mia spalla ogni qual volta gli dovesse servire un occhio di r
iguardo,  una scorciatoia, una spintarella, no? Il tono dell’articolo è semi  serio, volutamente, perché è evidente che i conti non tornano e  che le attuali leggi elettorali non permettono il prevalere di quelle  persone che fanno del rigore e dell’integrità il loro faro guida.
CHE SIAMO VENUTI A FARE? – I ludi cartacei elettorali sono il trionfo del compromesso e dell’accordino sottobanco e non hanno niente a che spartire con le idee, i valori e gli interessi della collettività. Un paese democraticamente serio dovrebbe impedire questo sconcio, dovrebbe fissare regole ferree per tutti, prefissando un limite di spesa “umano” in linea con il reddito medio annuale di un cittadino di questa repubblica delle banane. Non credo che avrete modo di leggere sui grandi giornali nazionali dotti pareri che mirino ad introdurre nella politica un comportamento “francescano”. Sono, ahinoi , in troppi a lucrare su questa metodica con buona pace di cassintegrati, precari e disoccupati che sono anch’essi comparse di questo gioco, carne da macello a costo zero che ognuno tenta di imbonirsi. Apro la mia finestra e mi godo la sterminata foresta dei 6×3. Tra un mese e poco più saranno carta straccia, facce buffe per messaggi inutili e anche questa volta probabilmente non troverò nessun motivo decente per andare a votare.
Fonte articolo: http://www.giornalettismo.com


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