Frane e alluvioni, con 4,1 miliardi si metterebbe in sicurezza l’Italia. I danni costano 5 volte di più
Basterebbero 4,1miliardi di euro per mettere in  sicurezza l’Italia, riducendo il dissesto idrogeologico: frane, alluvioni, smottamenti. Altro che i 6,3 miliardi previsti per il ponte di  Messina. I calcoli sono nel piano presentato venerdì dall’Anbi  (Associazione nazionale bonifiche, Irrigazioni e miglioramenti  fondiari).
Nel 1994-2004 si sono spesi 20,946 miliardi di euro  –  più di cinque volte tanto – per cercare di rimediare alle catastrofi  idrogeologiche. C’è un problema: gli appaltatori  intascano molto di più a rimediare che a prevenire.
L’Ambi prospetta una miriade di piccoli e piccolissimi  interventi. C’è un altro problema. Con un’unica grande opera e  un solo grande appaltatore è più facile indirizzare i soldi  pubblici verso gli amici e gli amici degli amici.
Secondo il ministero dell’Ambiente, il 68,6% dei Comuni  ricade in aree classificate ad alto rischio idrogeologico. Esse  interessano 2.150.410 ettari, pari al 7,1% della superficie italiana.
Negli ultimi cinquant’anni i cosiddetti fenomeni naturali sono costati   in media sette morti al mese. Sempre in media,  un’alluvione o una frana ogni giorno e mezzo.
La fragilità dell’italico stivale si è aggravata in seguito al consumo del territorio e all’abusivismo edilizio.  Come avverte l’Anbi, il risanamento è possibile solo a patto di  rispettare le regole sull’uso del suolo. E questo è un  ulteriore problema.
Il piano dell’Anbi non è una stima più o meno campata in aria. Discende,  dice l’associazione, dalle osservazioni inviate dai Consorzi di  bonifica e dal monitoraggio effettuato sul territorio ed è molto  dettagliato: per ogni regione sono indicati sia la spesa sia  gli interventi. Quasi tutti, sottolinea l’Anbi,  possono essere immediatamente avviati.
Si tratta di sistemare torrenti, rogge, canali  artificiali per adeguarli ai cambiamenti climatici e all’aumento della superficie cementificata, sulla quale  l’acqua scorre invece di essere assorbita dal suolo.
E poi far manutenzione sugli argini, creare laminatoi  (aree non edificate nelle quali le piene, in caso di necessità, possano  sfogarsi senza creare danni), stabilizzare pendii, adeguare la rete  delle fognature urbane. Piccoli interventi che creerebbero, oltretutto,  diffuse occasioni di lavoro.
Fonte articolo: http://www.blogeko.it


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