Bidone atomico»: ecco la centrale scelta dall'Italia
Certo che se in Finlandia sono quasi raddoppiati tempi e costi, non oso immaginare cosa succederebbe in Italia!
di Roberto Rossi
Non è vero che dovremo aspettare il 2013 per  vedere la prima centrale nucleare. Esiste già. Non è in Italia. È più a  nord, a 300 chilometri a ovest di Helsinki, nel Golfo di Botnia, nel Mar  Baltico, tra le pianure ghiacciate della Finlandia. Si chiama Olkiluoto  3. Il nome indica la piccola isola che la ospita. Il numero, invece,  una progressione. Nel raggio di 200 metri esistono altri due reattori,  costruiti nel 1978 e nel 1980. Roba vecchia, 800 megawatt ciascuno, ma  funzionante. Questo, invece, è nuovo di pacca. È di terza generazione. È  un Epr (European Pressurized water Reactor). 
Lo sta costruendo la francese Areva, che detiene i brevetti e che opera  in joint venture con Siemens. Svilupperà, a regime, 1600 megawatt. Ci si  illumina una città. Sarà la più grande centrale al mondo. Ed è, con  quello di Flamanville in Francia, lo stesso progetto che vuole Enel in  Italia. Il prezzo? Quattro miliardi. Ma quanto costa davvero impiantare  una centrale di questo tipo? Se lo sono chiesti in Finlandia quando dopo  vent’anni hanno deciso di riabbracciare alla grande il nucleare. Se lo  sono domandato gli industriali che controllano la compagnia elettrica  Tvo, committente del progetto, ma anche i normali consumatori. 
Dall’investimento totale dipende poi la tariffa finale. A Helsinki, tra  le tante proposte circolate, la risposta più convincente è stata data  proprio da Areva. Per la costruzione di Olkiluoto 3, nel 2002, nel  Parlamento finlandese la società guidata dall’amministratrice delegata  Anne Lauvergnon presentò un preventivo di 2,6 miliardi per 4 anni di  lavoro. 
L’idea piacque. Un po’ meno l’atteggiamento dei francesi. Che al momento  della stipula del contratto alzarono il prezzo a 3,2 miliardi. Ma  tant’è. Una volta iniziati i lavori, comunque fu presto chiaro che anche  il lasso temporale indicato, quattro anni, era piuttosto mendace. Prima  sei mesi, poi un anno, alla fine tre anni è stato il ritardo  accumulato. Olkiluoto 3 avrebbe dovuto già essere in funzione. Invece,  se tutto andrà secondo i progetti, sarà accesa per il 2012 o forse il  2013. Naturalmente più tempo implica anche più denaro. Anche i costi  sono diventati una variabile indipendente. Qualche tempo fa, durante la  presentazione del bilancio, la stessa Lauvergon, aveva detto di non  essere in grado di prevedere il costo finale. Con un ritardo di tre anni  sulla tabella di marcia fino a questo momento la spesa prevista è quasi  raddoppiata. Siamo arrivati a 5,5 miliardi di euro, ma quassù i  giornali scommettono che si arriverà a sette. 
Comunque sia un bel salasso. Per prima cosa nei confronti delle stesse  società impegnate nell’affare. Come ricordava il Financial Times, solo  nei primi sei mesi dell’anno Areva ha dovuto sborsare 550 milioni di  euro extra per Olkiluoto 3. La spesa non prevista è salita a 2,6  miliardi in totale. Cifra sempre in difetto e in costante crescita. Al  punto che la stessa Areva vorrebbe condividere le sue sventure con Tvo.  Vorrebbe che la società elettrica finlandese, che ha commissionato il  progetto ed eseguito gli scavi, partecipasse alle spese aggiuntive.  Areva ha chiesto un miliardo pulito. Che Tvo non ha intenzione di pagare  visto che la società si era impegnata a una consegna chiavi in mano e,  soprattutto, a prezzo fisso. Le carte sono nelle mani di avvocati e  qualche soluzione si troverà. Resta l’interrogativo su chi, alla fine,  pagherà i ritardi, ricordando che Areva è una società controllata al 91%  dallo Stato francese, mentre Tvo è una società privata che vende  energia ai consumatori finali.
Fonte articolo: www.unita.it


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