Lacrime di coccodrillo
di       MARCELLO SORGI
Passeranno alla storia come le più classiche lacrime di coccodrillo, le  dichiarazioni indignate con cui ieri il presidente del Senato Schifani  si è impegnato ad espellere al più presto da Palazzo Madama, facendolo  decadere dalla carica, il senatore Nicola Di Girolamo.
Parlava, appunto, come se il caso che riguarda il parlamentare  truffatore - che, fingendo di aver residenza in Belgio, era riuscito ad  essere inserito in lista con una raccomandazione del suo amico nazista  Gennaro Mokbel, già in rapporti con la Banda della Magliana e con il  potente clan calabrese Arena, e si era poi fatto eleggere come  rappresentante degli italiani all’estero grazie a un’attiva  collaborazione del ramo tedesco della ’ndrangheta -, non fosse già noto,  nelle sue grandi linee, e rubricato dagli uffici del Senato da un anno e  mezzo. Come se un altro esponente del Pdl, il senatore Augello, non  avesse cercato, fin da agosto 2008, di convincere i suoi colleghi a  intervenire. E come se la questione non fosse tornata all’ordine del  giorno una seconda volta, quando appunto fu reiterata dal Senato la  decisione di proteggere dalle sue ignominiose responsabilità il suddetto  Di Girolamo.
Ora è tutto uno scaricabarile. Il presidente della Camera Fini, in  aperta polemica con i senatori della sua stessa parte, dice che  voterebbe per l’arresto di Di Girolamo. Il capogruppo Gasparri, che si è  battuto per evitarlo, sostiene che la responsabilità è di chi accettò  che un simile campione fosse messo in lista. E fa il nome di Marco  Zacchera, pure lui ex An, che ha riconosciuto che la scelta fu sua.
Zacchera non è certo uno sconosciuto per Fini. E poi, andiamo, è  possibile che il partito che più s’era battuto per concedere il diritto  di voto agli emigrati italiani - una storica battaglia condotta per  decenni, fin dall'epoca del Msi, da Mirko Tremaglia -, alla seconda  occasione in cui questo genere di elezione veniva messa in pratica, non  avesse un candidato migliore da proporre? Ed è credibile che un  qualsiasi candidato, non solo quello da presentare all’estero, sia  entrato in lista, con buone probabilità di essere eletto, senza che i  leader del partito lo conoscessero e sapessero qualcosa delle ombre che  si portava dietro?
Diciamo la verità, è impossibile crederlo. Ma anche ammesso che Di  Girolamo, in buona o cattiva fede, fosse stato garantito al limone ai  vertici del Pdl - o più precisamente dai vertici dell’ex An a Berlusconi  -, con le carte che sono arrivate al Senato dopo la sua elezione, ce  n’era abbastanza per capire che aveva voluto farsi eleggere per ragioni  inconfessabili, forse proprio per evitare di finire in carcere. E di  conseguenza, per sbatterlo fuori prima ancora che la sua vita da  parlamentare cominciasse.
Invece, è andata come è andata, e adesso c'è la rincorsa a metterci una  pezza. Sono tempi difficili per la Seconda Repubblica, non passa giorno  che non salti fuori una storia di corruzione o di rapporti obliqui tra  politici e criminalità organizzata. Combinazione, alla fine di questa  settimana, dovranno anche essere presentate le liste per le regionali.  Vediamo cosa s’inventano, stavolta, per convincerci che è impossibile  che salti fuori un altro Di Girolamo.
Fonte articolo: http://www.lastampa.it


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