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Il consumo del territorio

posted by Ugo Bardi

Tempo fa, mi ricordo di aver parlato con l'assessore all'urbanistica di un comune toscano. Gli ho detto "Ma non ti sembra che sia tempo di smettere di fare villette a schiera? Non lo vedi che il mercato immobiliare sta crollando?" Lui mi ha guardato con quel sorriso obliquo che, traslato in parole, vuol dire "io sono più furbo di te!" Poi mi ha risposto, "Lo hanno detto tante volte che il mercato immobiliare doveva crollare e poi è sempre salito."
Questo bravo assessore fa il paio con quello che, una volta, disse pubblicamente a Luca Mercalli che "non posso pensare a un mondo diverso dall'attuale."
Il caso della cementificazione del territorio è quello forse più evidente della nostra incapacità di guardare il futuro ad appena un centimetro più in la del nostro naso. In altri campi, magari si può anche capire che uno possa essere confuso: per il petrolio sono pochi quelli che seguono i dati della produzione e le stime delle riserve; per il clima ci manca la percezione diretta dei cambiamenti epocali che stanno accadendo su questo pianeta (in effetti, basterebbe un viaggetto a Courmayer per rendersi conto del ritiro dei ghiacciai, ma non tutti lo fanno).
Ma per quanto riguarda il consumo del territorio, ce lo abbiamo tutti davanti agli occhi: ci sono dappertutto capannoni vuoti, appartamenti sfitti, eppure si continua a costruire a ritmo forsennato: le periferie sono piene ovunque di gru e cantieri. Al massimo, c'è chi teorizza che dobbiamo metterci a costruire case "ecologiche". Ma com'è possibile che non ci si renda conto che il territorio non è infinito? Che stiamo distruggendo una risorsa limitata, il suolo fertile, che non sarà poi possibile ripristinare per migliaia di anni almeno?
Il futuro ha un suo modo di impadronirsi della realtà e - sfortunatamente per gli assessori all'urbanistica - il destino delle villette a schiera è segnato. Solo, dovremo sbatterci la testa contro prima di accorgerci che la realtà è molto più dura della fantasia. Per questo, ci vorrà ancora qualche tempo. Non so se si parla di mesi o di anni, ma in un paese in crollo economico verticale come siamo noi, l'industria edilizia deve prima o poi fare la fine di quella delle macchine a vapore e dei regoli calcolatori.
Tuttavia, c'è chi cerca di anticipare un po' le cose e di provare a vedere se si riesce a fermarsi - o perlomeno a rallentare - prima di andare a sbattere nel muro. Questo lo sta facendo Nicola dall'Olio, geologo e membro di ASPO-Italia, che ha diretto l'ottimo film "il suolo minacciato".
E' un film-denuncia che prende in considerazione principalmente la cosiddetta "food-valley", la zona dell'Emilia che produce alimentari di qualità e che, ciononostante, viene lo stesso ricoperta di capannoni. E' una visione che ti far venir voglia di gridare "Smettetela di fare capannoni, non lo vedete che state distruggendo la terra che ci da da mangiare?"
Quello che è stato distrutto, purtroppo, è stato distrutto. Ma forse c'è ancora tempo in Italia per una piccola rivoluzione culturale che ci porti a fermare, o perlomeno a rallentare questo disastro.
Il film è in distribuzione, per informazioni connettetevi al sito http://www.ilsuolominacciato.it/

Fonte articolo: http://www.aspoitalia.blogspot.com/

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