l’EURO A RISCHIO CRAC
di Moreno Pasquinelli
Giovedì 11 febbraio si è svolto a Bruxelles un  “anomalo” Summit dell’Unione Europea con all’ordine del giorno la  questione della gravissima crisi greca. Anomalo, visto che, a parte il  primo ministro ellenico Papandreu, mancavano quasi tutti i capi di  governo. Presenti invece i soci di maggioranza di Eurolandia Spa, quelli  che contano davvero, i carolingi Nicolas Sarkozy e Angela Merkel,  ovviamente accompagnati dali loro cani da guardia, il capo della Banca  centrale europea Jean-Claude Trichet  e il presidente della Commissione  Barroso.
 
I convenuti al capezzale di Atene, con grande  disappunto di Papandreu, hanno deciso che L’Unione Europea, malgrado la  situazione di  pre-default della Grecia, non tirerà fuori un soldo per salvare  questo paese. Decisione apparentemente sorprendente, visto che  l’eventuale default di Atene non solo è  imminente, ma rischia di  travolgere l’Euro. Al contrario è tutto molto chiaro: i padroni  dell’Europa aiuteranno il moribondo capitalismo ellenico solo a  condizione che il governo, entro l’anno in corso, riduca il disavanzo  (rapporto deficit-Pil) di 4 punti rispetto all’attuale 12,7%. Cioè a  condizione che venga applicata una impressionante cura da cavallo di cui  a farne le spese saranno ovviamente le masse popolari. Non bastano  affatto, a tedeschi e francesi, le misure di tagli alla spesa  prontamente annunciate da Atene. Lo ha fatto chiaramente capire  Jean-Claude Juncker: “...non potremo stanziare denaro sino a che il  piano greco non apparirà credibile”, ovvero sufficientemente draconiano.
Mario Draghi, che non era presente al Summit, ha  condiviso queso ricatto. Nel suo discorso al convegno di Napoli del 13  febbraio ha fatto eco ai suoi compari d’oltralpe: “La Grecia deve  tirarsi da sola fuori dai guai; lo possiamo dire noi italiani, che nel  1992 eravamo in condizioni molto più drammatiche e da soli ne siamo  usciti”. Draghi non dice però che l’Italia la scampò sì dal rischio   default, ma solo  differendolo nel tempo, predispondosi a pagare un dazio enorme  all’ingresso nella zona Euro, e ammucchiando nuovo debito. Non dice che  la “piccola” differenza tra la Grecia di oggi e l’Italia del 1992 è,  essendoci adesso l’Euro, Atene non ha alcuna sovranità monetaria, non  può svalutare la moneta, né gli è consentito rivolgersi ad esempio alla  Cina, che si è detta infatti pronta a salvare il moribondo in cambio di  una equivalente porzione del sistema bancario nazionale. Una extrema ratio a cui i  greci non possono non pensare (una decisione che implicherebbe di fatto  l’uscita dalla zona Euro e il ripristino della Dracma  come cometa nazionale), dato che le condizioni cinesi sembrano meno  capestro di quelle europee e consentirebbero di evitare il rischio  serissimo di precipitare il paese in un periodo di scontro sociale dalle  incalcolabili conseguenze.
L’  asse carolingio o renano non ha infatti fatto altro che ricattare  il governo greco. L’eventuale aiuto europeo è vincolato non solo al  massacro sociale, ma ancor più alla capacità dello Stato di tenere testa  alla rivolta popolare e se necessario schiacciarla senza pietà.  Altrimenti che la Grecia vada pure in malora, che esca pure dall’Euro  zona.
Questa posizione, apparentemente avventurista, è  in realtà la scelta del “male minore”. Dove il male maggiore in  agguato, ove non si tenesse duro, sarebbe  il default dei “PIIGS”, e  quindi il  crac della traballante moneta europea.
Non siamo noi a dirlo, ma i cervelloni della  finanza. 
Ci riferiamo all’ultimo  report di Société Generale, una  delle più grandi banche dell’area Euro. Riunitisi a Parigi il13  febbraio, essi hanno detto che qualunque piano di salvataggio  dell’economia greca saranno solo “cerotti” per coprire le debolezze  strutturali della moneta europea. Albert Edwards, stratega di Soc. Gen.  ha detto senza peli sulla lingua che il crac dell’euro ci sarebbe anche in caso di aiuto alla  Grecia. Peter Mandelson, ministro britannico dell’economia, ha detto che  “Qualsiasi aiuto dato alla Grecia non farà che ritardare la rottura  all’interno dell’Eurozona”. Stessa la tesi sostenuta da Mats Persson,  direttore del think thank "Europe Open" . (La Stampa del 14 febbraio).
I padroni dell’Euro, ritenendo in cuor loro che  il governo Papandreu non ce la farà a resistere alle pressioni e alla  rivolta popolari, e che il  paese balcanico entrerà  in un periodo di  turbolenza sociale e politica senza precedenti, hanno insomma messo nel  conto l’inevitabilità del   default greco e l’uscita di Atene dall’Eurozona. Un prezzo  che ritengono minore di quello che, proprio per salvare la Grecia ( e  altri PIIGS) la Banca centrale si dissangiui e l’Euro ci lasci le penne.  Una vera e propria capitolazione alla speculazione finanziaria. E un  minaccioso avvertimento ai paesi denominati PIIGS: se volete restare  nell’Eurozona, sbrigatevi e, costi quel che costi, approntate drastici  piani di riduzione del disavanzo e del debito pubblico, altrimenti  farete la fine della Grecia. Anche l’Italia è stata avvertita.
Fonte articolo: http://sollevazione.blogspot.com


0 commenti:
Posta un commento