Pages

Nucleare, posizioni furbette in campagna elettorale

di Alessandro D'Amato

A leggere le dichiarazioni di questi giorni, pare che per l’atomo all’italiana la nuova stagione sia finita già prima di cominciare. Il sottosegretario alle Attività produttive Stefano Saglia ha infatti fatto sapere che le centrali si edificheranno solo, soltanto e solamente dove le regioni sono d’accordo. E, dal canto loro, da parte dei candidati alle poltrone di governatore sono arrivati un coro di no. In Puglia, oltre allo scontato diniego di Vendola, è arrivato anche quello di Rocco Palese; nel Lazio la Polverini proprio ieri ha detto “no pasaran”; soprattutto, Luca Zaia dal Veneto nuovo laboratorio della politica leghista alla conquista del Nord (e all’assalto della leadership del PdL), ha anch’egli dichiarato che non ha alcuna intenzione di vedere impianti nucleari nel suo territorio. A dire sì alle centrali sono rimasti in pochini, tra quelli che hanno possibilità di vittoria (Scopelliti in Calabria, Caldoro in Campania, Biasotti in Liguria e Cota in Piemonte).

Ma, andando a scandagliare più nel profondo, sembra proprio che le posizioni di netto diniego, specialmente in zone candidate come il Veneto (Porto Tolle?) o il Lazio (Montalto di Castro?) non possono che essere puramente elettoralistiche. Perché, come il ministro Zaia sa benissimo visto che ha votato la legge Scajola sul nucleare, e come sa anche il sottosegretario Saglia visto il conflitto di attribuzione appena sollevato contro Puglia, Basilicata e Campania davanti alla Corte Costituzionale, l’ultima parola sulla decisione di edificare o meno una centrale non spetta al Governatore, ma al consiglio dei ministri integrato dal presidente della Regione ed – eventualmente – dal rappresentante del comune dissenziente: una norma ampiamente discussa e considerata a rischio censura da parte della Consulta, ma che tuttavia è lì, pronta ad essere utilizzata in caso di bisogno se davvero si arrivasse allo scontro (improbabile, ma nel caso succeda pronti con popcorn e patatine) tra governo di PdL e Lega che vuole l’eventuale centrale in Veneto, e maggioranza della regione Veneto formata da PdL e Lega che invece non la vuole. La stessa cosa potrebbe succedere nel Lazio.

Insomma, se quella norma non viene impugnata davanti alla Corte Costituzionale e di seguito bocciata, il nucleare si farà anche nelle regioni che oggi dicono di no. Ma affinché succeda, davanti alla Consulta dovranno presentarsi i governatori eletti con i voti che oggi sostengono il governo, oppure questi ultimi dovranno sperare che a impugnare siano quelli del centrosinistra. E poi eventualmente ringraziarli per aver fatto il lavoro “sporco” al loro posto, con l’esecutivo magari pronto a dare la colpa ai giudici per il fallimento. Se poi la Corte dovesse invece ritenere accettabile la norma, il nucleare in Italia si farà ovunque. Con tanti saluti alle prese di posizioni furbette delle campagne elettorali.

dal sito http://www.giornalettismo.com

btemplates

0 commenti:

Posta un commento