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Un paese tranquillamente razzista

di Luigi Pecchioli

Basta con le ipocrisie e le minimizzazioni: l’Italia è diventato un paese razzista.

La maggior parte degli italiani, e non solo chi si ritrova con questa maggioranza, complice lo “sdoganamento” di modi di pensare ed agire che nel passato avrebbero fatto vergognare e che ora vengono orgogliosamente sbandierati come giusti e sacrosanti, pensa, parla e si comporta in modo razzista. La diversità, sia fisica del disabile, sia affettiva dell’omosessuale, sia culturale dello straniero o semplicemente la non omologazione al pensiero oggi dominante, non è più tollerata. Dall’avventore del ristorante di Treviso che apostrofa il padre di una bambina disabile perché dà fastidio esclamando “se uno ha una figlia mongoloide, che se ne stia a casa”, alle bambine di Verona lasciata a piedi all’uscita di scuola dallo scuolabus, perché i genitori sono indietro con il pagamento del servizio, dalle aggressioni a Roma ai gay da parte di naziskins, all’ormai famoso sindaco leghista di Adro che ha escluso dalla mensa i bambini delle famiglie, in maggioranza extracomunitarie, “morose“ (e gli esempi potrebbero continuare), gli episodi di intolleranza si susseguono sempre più frequenti e sempre più feroci, nella pressoché tranquilla indifferenza della gente comune.

L’ultimo luminoso esempio lo ha dato la sig.ra Letizia Moratti, Sindaco di Milano, che, intervenuta lunedì ad un convegno tenuto all’università Cattolica su immigrazione ed integrazione, ha esordito con questa considerazione “I clandestini che non hanno un lavoro regolare normalmente delinquono”, per poi proseguire "La clandestinità è un reato, ma un clandestino colto in flagranza non può essere espulso se ha altri processi in corso. Per rendere efficace il reato di clandestinità occorre assorbirlo in altre fattispecie di reato". Ecco risolto il problema dell’integrazione: rendiamo la clandestinità un reato prevalente e buttiamoli fuori, tanto sono tutti delinquenti. Gelo in sala.
Persino il buon Maroni, che è leghista ma non stupido, nel suo intervento successivo ha tentato di minimizzare la portata delle affermazioni della Moratti (“Non mi pare che la Moratti ha fatto questa equazione tra clandestini e criminali''), negando ciò che tutti avevano sentito; peccato che la stessa, in una saletta poco più in là, stava in quel momento ribadendo ai giornalisti il concetto appena espresso.
Il giorno dopo mi sono imbattuto in una trasmissione del primo pomeriggio di Raidue, il "Fatto del Giorno" dove si dibatteva la frase incriminata; c’erano esponenti del PD, del PDL a me sconosciuti ed altri personaggi, tutte donne. La conduttrice, Monica Setta, dava la parola all’esponente del PD, la quale faceva notare l’errore di equiparare clandestino=delinquente, pur ammettendo che statisticamente i clandestini delinquono percentualmente di più (e vorrei vedere…), e segnalava la follia di una legge che vorrebbe l’immigrato dotato di lavoro in Italia, prima ancora di metterci piede e che rende “clandestino” anche il residente che perde lavoro. La Setta la interrompeva con un dato statistico a suo dire incontrovertibile: l’80% dei reati a Milano sono commessi da clandestini e le toglieva la parola. Subito l’esponente del PDL attaccava ironicamente dicendo che la sua collega evidentemente stava cercando di arrampicarsi sugli specchi di fronte ad un dato così netto, raccogliendo il plauso delle altre ospiti. A questo punto ho spento.
Ho spento perché non ero lì e non avrei potuto dire a quelle signore eleganti e spietate: “care signore, vi passa per la mente che se qualcuno vi togliesse i vostri lauti stipendi, i vostri bei vestiti, vi buttasse fuori di casa e non ci fosse un cane che vi aiutasse o vi offrisse un lavoro, tempo un mese commettereste gli stessi reati che ora valutate sprezzantemente, se non altro per non morir di fame? Avete mai pensato che compiere dei reati non significa automaticamente essere delinquenti, soprattutto se la tua stessa esistenza è considerata reato? Che, facendo un esempio storico, gli italiani immigrati in America che vivevano ammassati a Five Points erano diventati la peggior feccia criminale (“Gangs of New York” lo ha mostrato in tutta la loro ferocia), soprattutto perché venivano considerati e trattati come bestie dalla colta e borghese popolazione locale? E se foste voi a venire buttati in freddi capannoni, come a Rosarno, senza uno straccio di cesso ed in venti in uno stanzone per andare la mattina a raccogliere pomodori per ben due euro l’ora, e la sera vi sparassero per divertirsi un po’, non vi verrebbe alla fine voglia di delinquere, ad esempio prendendo a mazzate le macchine di quei bravi signori che si arricchiscono sulla vostra pelle?”.
Ma questi sono discorsi complessi, che implicano valutazioni, ragionamenti, capacità di comprendere le situazioni degli altri, di immedesimarsi: troppo difficili per quest’Italia superficiale e tranquillamente razzista, che vorrebbe cacciare tutti per ritrovare la serenità di un mitico tempo passato, senza crisi ed immigrazione, un’Italia benestante, ma spaventata, incapace, in tempo di crisi, di lottare con gli stranieri per gli stessi posti di lavoro. Quale italiano ormai lavorerebbe negli allevamenti bovini nelle condizioni in cui lo fanno gli indiani? Quale italiano ormai resisterebbe alla fatica ed al sole cocente come riescono i raccoglitori senegalesi?
Certo, l’aumento della percentuale di immigrazione ha avuto l’effetto di importare anche la delinquenza degli altri paesi, ma proprio per questo bisognerebbe saper distinguere fra chi viene per delinquere e chi viene per vivere in pace e lavorare e non gettare i secondi, con norme stupidamente feroci, nelle braccia dei primi.
Ma è più facile prendersela con gli altri piuttosto che vedere i propri difetti, è più facile farsi cullare dagli slogan leghisti xenofobi (padroni a casa nostra, via i musulmani, ecc.) piuttosto che affrontare la realtà multiculturale: l’altro, il diverso da te, ti costringe a valutare te stesso, quello che sei, quello che vali e la forza delle tue convinzioni e non sempre ne esci bene. Se sei, per dire, un Renzo Bossi è consigliabile non incontrare “terroni“, non frequentare “culattoni” e stare alla larga dagli immigrati: potrebbero essere tutti meglio di te.

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