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I mercati al potere

della Redazione de Il Fatto Quotidiano

Dove finisce la pazienza degli investitori che stanno dettando l’agenda ai governi. Italia inclusa

di Superbonus

Il mercato ha il controllo totale della situazione finanziaria europea. Istituzioni come l’Unione Europea e il Fondo monetario internazionale non riescono ad arginare la crisi. Torna alla memoria una frase pronunciata da Bill Clinton: “Quando ero giovane avrei voluto reincarnarmi nel Presidente, nel Papa o in un famoso giocatore di baseball, adesso vorrei diventare il mercato obbligazionario perché puoi intimidire chiunque”. Il mercato sta intimidendo tutti i Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna), Italia compresa, il costo d’indebitamento del nostro paese è salito dello 0,80 per cento in due giorni e segue da vicino l’andamento dei titoli spagnoli. Il messaggio che viene dagli investitori mondiali è chiaro: dovete agire seriamente e rapidamente.

LE ULTIME CARTE. Di carte da giocare alla Bce ed ai capi di Stato europei ne sono ormai rimaste poche per evitare un collasso dell’area euro. Al momento i banchieri centrali si sono limitati a un ruolo "notarile" della crisi indicando i pericoli, le necessità d’intervento e convincendo Germania e Francia a fare delle concessioni. E’ giunta l’ora che la Banca centrale europea agisca come una banca centrale che si fa rispettare dai mercati utilizzando la sua potenza di fuoco per mettere a freno i ribassisti e rassicurare gli investitori. Può copiare le strategie della Federal Reserve, la banca centrale americana, che nel mezzo della crisi ha comprato titoli di stato americani. Si allargherebbe ulteriormente la base monetaria e probabilmente l’euro si svaluterebbe. E non di poco. Potremmo avere anche degli spiacevoli effetti inflativi nel medio termine ma l’alternativa a cui ci troviamo davanti è fra una perdita futura eventuale del valore dei propri risparmi e una perdita immediata quasi certa. Allungare nel tempo la crisi attraverso una svalutazione de facto dell’euro è l’unica strada che sta lasciando aperta il mercato e nella quale si dovrà infilare la Bce se non vuole assistere impotente all’estendersi della crisi Greca e dei relativi disordini. Anche questa però è una soluzione di corto respiro che aprirebbe un periodo finestra di sei mesi o un anno di tranquillità nel quale gli Stati europei potrebbero rifinanziarsi a tassi ragionevoli ma dovrebbero anche restituire fiducia ai mercati attraverso misure di finanza pubblica durissime.

LA GERMANIA. La Germania rimane il perno della situazione, i tedeschi hanno paura di farsi trascinare nel calderone dei debitori europei attraverso un sistema di garanzie incrociate talmente intersecato che potrebbe diventare inscindibile e soffocante. Ne sa qualcosa il presidente francese Nicolas Sarkozy che ha scoperto di avere una esposizione verso la Grecia di 45 miliardi di euro e una esposizione al debito pubblico italiano pari al 20 per cento dell’intero Pil francese. Ieri il presidente brasiliano Lula ha detto che il suo paese potrebbe offrire un prestito direttamente alla Grecia. E i “cugini d’oltralpe” ieri a Bruxelles, al vertice straordinario dell’Eurogruppo, si sono trasformati in fratelli di sangue sapendo che un eventuale nostro dissesto li trascinerebbe nella catastrofe. Il sistema verrà salvato non per convinzione, ma per necessità, per non creare devastazione e miseria sul continente europeo e tuttavia la soluzione ai problemi è ancora lontana e la traversata nel deserto è appena iniziata.

LA TREGUA. Il mercato concederà una tregua e poi resterà a guardare, tenterà di capire se i governi fanno sul serio nello sforzo di risanamento delle finanze pubbliche oppure stanno solo tirando a campare, si è aperta una sfida sulla “solvency” cioè sulla capacità di ripagare i debiti. Le stime che arrivano dalla commissione europea disegnano un quadro desolante del rapporto tra deficit e Pil per tutti i paesi dell’Unione, il debito italiano continuerà a crescere al ritmo del 5 per cento all’anno anche per il 2011 ed il 2012 per arrivare a sfiorare la quota di duemila miliardi di debito nel 2013. Come sosteniamo da qualche mese su queste colonne, la crisi porterà il governo a scegliere fra la confessione che un’intera classe politica ed economica del paese è cresciuta sull’aumento del debito pubblico (promettendo meno tasse per tutti e comprando la pace sociale con la spesa pubblica) o lo schianto inevitabile contro gli scogli del mercato finanziario. La nostra classe politica sarà chiamata a uno sforzo di rinnovamento del linguaggio, dei metodi e dei comportamenti per superare un periodo che si annuncia come uno dei più difficili della storia repubblicana. Per ora il ministro dell’Economia Giulio Tremonti continua a nascondersi dietro i giochi contabili e dice: “I soldi che daremo alla Grecia verranno contabilizzati come debito e non come deficit”. Sono proprio queste le cose che rendono gli investitori furiosi, ma probabilmente Silvio Berlusconi è contento del fatto che la manovra che annunciata è di “soli” 25 miliardi di euro. Lo attende un duro risveglio.

dal sito http://antefatto.ilcannocchiale.it

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