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Intercettazioni: privacy o censura?

di Carlo Cipiciani

Ci mancavano solo gli americani. Prima opposizioni, magistrati, capo della polizia, dopo editori e giornalisti, persino Vittorio Feltri che ha scritto di “attentato alla libertà di stampa ed effetti devastanti per la democrazia”. Poi il colosso dell’informazione Sky, che ha annunciato un ricorso anche presso la Corte europea dei diritti dell’Uomo. Adesso anche il sottosegretario al Dipartimento di Giustizia USA con delega alla criminalità organizzata internazionale Lanny Brauer, durante una conferenza stampa ha difeso le intercettazioni, definite “strumento essenziale per le indagini nella lotta alla mafia”.
Eppure, niente e nessuno sembrano fermare il rullo compressore della maggioranza di centro destra, con i senatori della maggioranza in Commissione Giustizia che fanno le 3 di notte per mandare in Aula a giugno il disegno di legge governativo sulle intercettazioni, in un Senato che lavora 9 ore alla settimana. Approvando emendamenti che prevedono forti limitazioni ai poteri dell’autorità giudiziaria e sanzioni dure per i giornalisti e gli editori che consentono le pubblicazioni. Tutto in nome della tutela della privacy dei cittadini, mentre il Parlamento non ha la stessa fretta per rimpolpare lo scarno disegno di legge governativo contro la corruzione, annunciato a dicembre 2009 e presentato in marzo, che deve ancora iniziare il proprio iter.
La privacy? Ma di chi? I telefoni intercettati in Italia nel 2009 sono stati 120 mila, che corrispondo a 80 mila cittadini su 60 milioni. Ed è per questo che non ci si occupa dell’autoriciclaggio dei soldi delle tangenti o dell’evasione fiscale, che continua a non essere reato? Per questo il parlamento lavora a cottimo sulle intercettazioni, mentre lo stupefatto Tremonti riferisce sulla crisi dell’euro davanti ad una Camera dei Deputati semideserta, pochi giorni fa? Sì: la priorità per il governo e la maggioranza, inclusa la Lega che ce l’ha a parole con Roma ladrona mentre copre con i suoi silenzi il banchetto, è quella – con la scusa della tutela della privacy – di mettere il freno ai giudici che indagano e zittire i giornalisti che informano.
Passano così norme oltre il limite della decenza: non solo le intercettazioni potranno essere disposte solo per i novantenni accompagnati da genitori, ma esse dovranno comunque terminare dopo 75 giorni, anche se emergessero elementi utili per scoprire i colpevoli di reati anche gravi: tempo scaduto, signor giudice, spengete i registratori e se ci sono cricche che restano impunite, pazienza. Non solo si impedisce la pubblicazione di intercettazioni già nella disponibilità dell’indagato, ma anche di pubblicare il contenuto non più coperto da segreto delle investigazioni giudiziarie in corso: nulla potremo leggere su casi come Bnl-Unipol, l’acquisto della casa di Scajola a sua insaputa o gli appalti gonfiati dei mondiali di nuoto, a nostre spese.
Si possono ingolfare carceri e sistema giudiziario per arrestare badanti irregolari o chi raccoglie pomodori nei campi,  prevedendo spese per centinaia di milioni di euro per le nuove carceri. Ma in nome di un diritto alla privacy che ha pure modo di essere tutelato, si ostacola il diritto ad avere giustizia e di perseguire reati gravi abolendo di fatto il diritto dei cittadini ad essere informati. Si scardina il principio del controllo di legalità e del diritto d’informare in un colpo solo, proprio mentre emergono fatti gravissimi, che siano isolati o sia un sistema diffuso. Forse è incostituzionale, di sicuro è antidemocratico.

dal sito www.giornalettismo.com

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