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Punto di rottura

di Antonio Padellaro

Mai Berlusconi avrebbe potuto immaginare che le basi del suo onnipotente governo sarebbero state rapidamente corrose non dagli odiati pm (ormai seppelliti sotto lodi e leggi vergogna), meno che mai dall'opposizione (via non scherziamo) bensì dalla smodata voracità di corte e cortigiani. Lui, che ha sicuramente naso per gli umori della gente, ha dato il benservito all’impresentabile Scajola sperando che un piccolo sacrificio umano potesse placare l’ira montante contro i papponi di Stato. Ma adesso, con lista Anemone che imperversa su giornali e tv in una nuvola di appalti e favori, forse anche il premier ha capito che si è vicini al punto di rottura. Lo descrivono preoccupato.

Manda avanti i Cicchitto a strillare contro le gogne mediatiche, ma sa perfettamente cosa pensa l’italiano medio, e cosa gli ribolle dentro quando legge di un ministro che sostiene di non sapere chi gli ha pagato l’appartamento. O di un coordinatore banchiere che invece di servire il Popolo (della Libertà) si fa servire da qualche imprenditore (e per ciò è indagato). O dei lavori e lavoretti gentilmente concessi dalla Cricca a lorsignori.

Lo sa bene il principe dei venditori che non potrai mai vendere a un paese spremuto e stressato 25 miliardi di nuovi tagli e nuovi sacrifici se poi la classe dirigente che promette lacrime e sangue si fa beccare col sorcio in bocca e una miriade di parenti ben foraggiati. Ormai il problema non è il quanto, ma il come. Perché centotredici parlamentari con doppi, tripli e quadrupli incarichi, funzionari pubblici che diventano imprenditori con mogli e figli soci in affari e tutto quell’esercito famelico che usa il Paese per fare gli affari propri (Sergio Rizzo "La Cricca") è qualcosa che non si può più sopportare.

Da il Fatto Quotidiano del 14 maggio

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