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Furbo e Più Furbo

Soldi. Se non li hai non puoi capire. Puoi fare cose che nemmeno ti immagini, tipo accompagnarti a femmine bellissime a bordo di bolidi che costano come un appartamento e poi andare al porto e fare un giro sul tuo quaranta metri completo di equipaggio e pranzare a base di ostriche, caviale e carne di panda.


Io avevo questo ed altro perché avevo i soldi. E sai perché li avevo? Perché sapevo vivere. Sapevo muovermi. Sapevo bene che la piccola azienda agricola a gestione familiare che ereditai da quei poveracci dei miei mi avrebbe concesso a stento di sopravvivere. Ma io ero io, e di certo non mi trovavo su questa terra per limitarmi a sopravvivere.

Così per prima cosa chiesi al ministero un pacco di finanziamenti per rimodernare la baracca che il mio povero babbo - pensa che a sessant'anni andava ancora in giro in Fiat - aveva mandato avanti a stento per tutta la vita. La domanda fu inserita in coda ad una lunga lista, ma mi bastò porre le domande giuste alle persone giuste per apprendere il nominativo di colui il quale avrebbe potuto - con una semplice pressione di un dito sul computer - farmi balzare in cima a quella lista. Un funzionario furbacchione come me, così mi bastò  mollargli una mazzetta per andarci d'amore e daccordo.

Ottenni i finanziamenti. Grazie a un giro di fatture fasulle feci risultare di avere acquistato i nuovi macchinari e ristrutturato gli edifici, ma in realtà spesi solo un decimo della cifra e il resto lo insacchettai. Di controlli nemmeno l'ombra, e da quel momento le cose incominciarono a girarmi bene. Una parte la usai per comprare un ferrarino ed un attico in centro, ed il resto - grazie ad alcune utili amicizie nelle aule di diritto fallimentare - la investii in beni immobili presso aste giudiziarie; fabbricati che già dopo un anno potei rivendere al triplo del prezzo di aggiudicazione.

Ma l'appetito vien mangiando, e dopo non molto il ferrarino e l'attico in centro smisero di rappresentare un punto di arrivo e si trasformarono in una nuova base di partenza. Pensa che la sola bamba mi costava un occhio della testa. Inoltre la tizia che mi scopavo a quei tempi, un gran cavallona, in cambio delle cavalcate pretendeva cene, gioielli, viaggi e merdate del genere. E poi da qualche tempo avevo iniziato a crogiolarmi su una villa in Sardegna, uno chalet a Cortina, una guardia del corpo e - perché no - un bello elicotterino per spostarmi in scioltezza dalla mia azienda al centro città. Lo elicotterino - per inciso - è roba da fare andare in brodo di giuggiole non solo le femmine qualunque, ma anche quelle della televisione. Voglio dire, avrei mai potuto rinunciare alla bamba e allo elicotterino?

Così, essendo risaputo che il possidente confinante con la mia proprietà se la passasse piuttosto male, il giorno in cui si diede a incendiare - come consuetudine - le sterpaglie allo interno della sua proprietà, ne approfittai per appiccare il fuoco ad alcuni miei fabbricati, regalai qualche pezzo da cento ad un paio di morti di fame affinché testimoniassero a mio favore e poi lo citai in giudizio per alcuni milioni di euro, sostenendo che le sue fiamme fossero sconfinate nella mia proprietà distruggendo gran parte del raccolto, alcuni fabbricati recentemente ristrutturati, e rendendo incoltivabile una vasta porzione di terreno.

Il pezzente non aveva abbastanza soldi per sostenere un lungo processo. Così dopo qualche sterile discussione addivenimmo ad una conciliazione, con cui mi cedeva la metà dei suoi poderi, tutti i suoi animali da pascolo, e mi chiedeva pure umilmente scusa.

Che grandissima figata. Quella mossa da maestro mi permise di ingrandire la sottospecie di fattoria su cui si era spezzato la schiena quel buono a nulla di mio padre, e di espandere il business anche ai settori carneari e caseari. Vacche, porci e compagnia bella. Mungevo e Scannavo, Porto Cervo e Cortina, scannavo e mungevo, guardia del corpo ed elicotterino. Ma soprattutto: incassavo e reinvestivo in beni immobili, che iniziai a costruire personalmente. A momenti mi commuovo. Sicuramente uno dei periodi più belli della mia vita.

Dopo qualche annetto di spasso, ebbi la sfortuna di conoscere la mia ex moglie: Chantal. La avevo notata tra le veline del quiz che andava in televisione all'ora di cena. Grazie ad un comune conoscente contattai il produttore del quiz e mi feci invitare in studio in veste di figurante del pubblico. Le feci recapitare in camerino un diamante da ottantamila euro unitamente a una fotocopia della mia denuncia dei redditi sulla quale apposi di mio pugno poche righe che dicevano: "ci ho i soldi ... mi sposi?"

La prima richiesta di Chantal fu un attico bilivello in centro grande il quadruplo di quello in cui avevo abitato fino ad allora. All'arrivo dei pargoli avremmo dovuto essere pronti ad allevarli in una casa grande e bella, con tutti i comfort, non distante dalle migliori scuole cittadine, sicché l'unica soluzione era quel carinissimo attico bilivello da 20.000 a metro quadro. Dopodiché seguirono automobili di fascia alta ogni sei mesi, pellicce di Orso bianco, gioielli come se piovesse, shopping semiquotidiano da mille euro di media, un maggiordomo da tremila auro al mese ed un cuoco da millecinquecento euro al mese ... Tanto per renderti l'idea di che razza di sanguisuga mi ero messo in casa.

Fortuna che le cose in azienda filassero alla grande. Chiacchierando con alcuni colleghi scoprii la utilità delle tempeste ormonali e della nutrizione forzata. Voglio dire, roba da fare raddoppiare gli introiti con un tocco di bacchetta magica. Le vacche sviluppavano mammelle che sembravano mongolfiere. Sputavano latte per ore. Ed i porci diventavano grassi il doppio. Fantastico.

Ricordo che fu proprio in quel periodo che smisi di nutrirmi con i prodotti che producevo. Neanche li sfiorai più con lo sguardo. Chi  me lo faceva fare? Avrei potuto intossicarmi, con tutta quella robaccia chimica. E poi dovevo proteggere Chantal. Meglio che quella roba la consumasse il consumatore. La mia famiglia si sarebbe nutrita solo con cibi provenienti da piccole fattorie scalcinate rassomiglianti a quella che mandò avanti quel miserabile di mio padre.

Quindici mesi dopo lo sposalizio nacque la nostra primogenita, che chiamammo Aqua di Giò in onore del profumo che aveva indosso Chantal quella sera, a Cortina.

Aqua di Giò purtroppo nacque con un terzo orecchio al posto della cavità orale. Sia io che Chantal avevamo geni forti, sani. Eppure venne al mondo quella strana creaturina totalmente afona, impossibilitata a nutrirsi se non per via endovenosa, ma con un udito formidabile.

Dopo alcune indagini appresi che il quartiere in cui Chantal aveva vissuto fino alla maggiore età si trovava a pochi passi da una discarica abusiva di sostanze radioattive, scoperta per caso quando era già da tempo in disuso. Dannazione! Ero davvero esterrefatto! Chi poteva essere stato così irresponsabile da lasciare quei veleni a pochi metri da dove giocano dei bambini, tra cui la mia signora? Che roba. Fosse stato per me li avrei messi tutti al muro, sporchi delinquenti da quattro soldi che per un piatto di lenticchie mettevano a repentaglio la vita di povere creature innocenti! Maledetti!

Portammo Aqua di Giò presso una rinomata struttura sanitaria privata dove fu sottoposta ad intervento chirurgico da parte di un famoso pluricattedratico, per asportare l'orecchio superfluo, costruire una bocca artificiale e rifare tutto l'impianto retrostante.

L'intervento non andò molto bene, nel senso che la neonata morì sotto i ferri. Quando il professore venne a comunicarcelo aveva un tono greve, l'aria contrita e uno sbaffo di bamba sotto la narice sinistra.
Chantal ed io demmo in escandescenze.
I test provarono che il professore aveva operato nostra figlia sotto l'effetto di stupefacenti illegali. La sentenza  ci accordò un risarcimento milionario. Il che alleviò un pò il dolore.

Il professore però risultava nullatenente, e la sua polizza assicurativa non copriva i danni derivanti da atti illegali e colpa grave. Vi erano ottime probabilità - ci confidò il nostro avvocato con aria arguta - che avesse intestato tutti i suoi beni ad una società estera di cui nessuno conosceva il nome. Il professore fu condannato a cinque anni per omicidio colposo, ma uscì all'istante in quanto incensurato, e in appello la pena gli fu ridotta. Alla fine proseguì ad esercitare in territorio svizzero. Quanto alla struttura sanitaria entro cui aveva avuto luogo l'intervento, dichiarò prontamente bancarotta e smise di essere solvibile.

Dannazione! Ero esterrefatto! Con chi credevano di avere a che fare? Un idiota?  Un consumatore? Io ero molto più furbo di loro! Non potevano trattarmi in quel modo! Quella gente aveva ucciso la mia bambina, e adesso doveva pagarla cara! Che fine aveva fatto la giustizia? Maledizione!

La ferale esperienza mutò il carattere di Chantal. Da bellissima donna tutti vezzi e attenzioni si tramutò in un pezzo di ghiaccio. Quando provavo a farmela restava rigida come un manichino. Poi una sera tornai a casa prima del solito e la trovai a letto con il massaggiatore che mi era stato descritto come gay. Scena madre in camera da letto. Lei si chiuse in bagno, lui si dette come un centometrista ed io restai lì, impalato, con la faccia di chi ha appena bevuto una pinta di succo di limone.

Dannazione! Ero esterrefatto! Quella puttana! Come aveva potuto farmi questo? Nemmeno un anno dopo la tragica morte di nostra figlia! Io le avevo comprato tutto il comprabile e lei mi ripagava con quella moneta? La verità era che non mi aveva mai amato. Mi aveva sposato solo per i soldi, la sanguisuga!

La mattina successiva presi a vagliare attentamente l'idea di chiedere il divorzio, tuttavia la mia signora mi precedette: fui raggiunto da una ingiunzione da parte del suo avvocato, il quale sosteneva di essere in possesso di fotografie che mi raffiguravano mentre mi intrattenevo in espliciti atti sessuali con prostitute e transessuali. Il che mi indusse a credere che la sanguisuga avesse ingaggiato come minimo da tre mesi un investigatore privato, dal momento che - fatti due conti - non andavo a puttane che erano oltre sessanta giorni.

Chantal ottenne il divorzio. Per scongiurare colpi di testa di qualche giudice moralista accettai bonariamente la sua proposta di lasciarle l'attico bi-livello e pagarle alimenti per quindicimila mensili.

Ma la cosa peggiore è che questa mazzata ebbe luogo proprio nel periodo in cui un grande edificio residenziale che avevo costruito subappaltando la opera ad una nota impresa di costruzioni, dopo una lieve scossa tellurica collassò e andò in frantumi, ammazzandone diciannove e ferendone una trentina.

In fase di perizia si riscontrò che l'edificio fosse stato costruito con impasti sabbiosi in luogo del cemento armato. Il che scatenò un putiferio.

Le cause per danni mi videro soccombente, e fui condannato a soddisfare un mucchio di  esosissime richieste di risarcimento. Fortunatamente sono una persona previdente. Una parte dei miei beni l'avevo intestata ad una società off shore, proprio come il professore che aveva operato mia figlia. Così finì che gli sciacalli poterono cibarsi solo di una parte del mio patrimonio (tra cui la azienda che un tempo fu di mio padre) e l'intero massimale della polizza di responsabilità civile.

Fu comunque un colpo tremendo. Infatti diedi mandato ai miei legali di intentare una azione di rivalsa sulla nota impresa di costruzioni alla quale avevo subappaltato i lavori, scoprendo che era stata liquidata due anni prima e che dei singoli soci si erano perdute le tracce.

Dannazione! Ero esterrefatto! Lo dicevo io che quell'appalto fosse troppo vantaggioso! Voglio dire, mi avevano presentato un ribasso superiore del 72% rispetto alla seconda impresa in graduatoria. Sporchi assassini farabutti, avidi figli di puttana. In che razza di Paese vivevo? Un Paese fatto di gente senza un briciolo di responsabilità! Si sarebbero venduti anche la madre pur di fare due soldi in più. Un Paese senza giustizia per i derubati, dove i furbi la facevano sempre franca! Per un piatto di lenticchie avevano ammazzato diciannove persone e ridotto sul lastrico un onesto imprenditore che si era tirato su dal nulla! Maledetti!

Quel giorno ero così fuori di me che dovetti sostare nei pressi di un bar per mandare giù una doppia razione di pillole contro la gastrite. Neanche il tempo di rimettermi in marcia che fui colpito da un ictus che mi privò dello  uso delle gambe, dell'occhio destro e della parola. Le mani e la memoria tuttavia continuarono a funzionarmi alla perfezione, altrimenti non sarei qui a scrivere questa denuncia.

Dopo non molto saltò fuori che la azienda produttrice del farmaco contro la gastrite aveva immesso sul mercato il prodotto senza effettuare tutti i test necessari. In sintesi, era stata provata la correlazione tra la assunzione del farmaco in questione e le ischemie che in breve tempo avevano ucciso o invalidato una enorme percentuale di coloro i quali lo avessero assunto, tra cui il sottoscritto.

Dannazione! Ero esterrefatto! Com'era possibile che il fior fiore degli scienziati stipendiati per mantenere il genere umano in salute, per la prosaica impellenza di anticipare la concorrenza intenzionata a commerciare un farmaco dalle medesime proprietà, avessero corso quel rischio, finendo per danneggiare gravemente o mandare a morte centinaia di fiduciosi infermi? Maledetti!

La casa farmaceutica fu condannata a pagare un risarcimento astronomico. Obbligo che - ad onor del vero - assolse con grande stile, senza nemmeno contrattare sulla somma. Infatti se oggi posso avvalermi del supporto di una eccellente struttura sanitaria per la riabilitazione degli invalidi da ictus, è anche grazie ai milioni che mi piovvero addosso con quel provvidenziale risarcimento.

Come vedi, casco sempre in piedi. E sai perché? Perché so vivere.

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