Fino a quando?
L’Irlanda annuncia una manovra pluriennale  aggiuntiva per centrare nel 2014 l’obiettivo di un rapporto deficit-Pil  del 3 per cento, dopo le devastazioni inflitte al bilancio pubblico da  banche sommerse da attivi tossici in un crescendo di svalutazioni che ricorda il climax de l’Apprendista Stregone; il governo di minoranza portoghese, guidato dal socialista José Socrates annuncia una manovra aggiuntiva,  basata sull’aumento di 2 punti percentuali dell’Iva, un taglio del 5  per cento del monte-salari pubblico, destinato a colpire i lavoratori  con un reddito superiore a 1500 euro mensili; un congelamento nel 2011  delle pensioni pubbliche, un taglio del 25 per cento nei trasferimenti  sociali.
Il tutto dopo la manovra di  maggio, fatta di aumenti delle imposte indirette e personali, e dopo che  il deficit pubblico è aumentato, nei primi sette mesi del 2010, di 400  milioni di euro, facendo del Portogallo l’unico paese europeo a non aver  ancora sperimentato una contrazione del fabbisogno pubblico. A ciò si  aggiunga che la Francia appare ogni giorno più  recalcitrante a stringere il percorso di consolidamento fiscale, avendo  messo in cantiere una finanziaria 2011 con un deficit-Pil al 6 per cento  ottenuto con una stima di crescita del Pil (2 per cento) che rischia di  essere ottimistica. E questo è stato (e sarà?) anche il problema italiano:  una crescita insufficiente ha causato un forte aumento (in senso  relativo) dell’entità della correzione attuata con la recente manovra,  solo per lasciare inalterato il percorso di rientro verso il fatidico 3  per cento di Maastricht.
La domanda sorge spontanea:  fino a quando i cittadini europei sopporteranno queste manovre che, per  quanto possa sembrare paradossale, non sono – ancora – classificabili  come draconiane? Per i paesi in maggiore sofferenza il peggio potrebbe  essere di là da venire. Attendersi sommovimenti sociali e politici in  questo scenario è esercizio persino banale.
dal sito http://phastidio.net


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