Arriva la superstangata UE. Italia come la Grecia ?
di Marcello Foa
Come capita di sovente le notizie più importanti  sono quelle che sfuggono al radar dei grandi media. E infatti questa  notizia non la trovate sulla home page dei principali quotidiani  nazionali (tranne quella del Giornale.it), ma solo su quelli economici  come il Sole 24 Ore, ma con tono anodino, tranquillizzante. E invece è  una bomba, che annuncia una superstangata europea per l’Italia, che  rischia di dover adottare misure simili a quelle imposte alla Grecia. 
Infatti la Commissione europea ha adottato la proposta legislativa che  riscrive il Patto di Stabilità. I dettagli tecnici e la versione soft li  trovate in questo articolo del Sole 24 Ore ( http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-09-29/nuovo-patto-stabilita-stretta-130210.shtml?uuid=AYM8spUC ), ma le sue implicazioni sono spiegate molto bene in questo pezzo del Fattoquotidiano ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/27/ue-conti-pubblici-berlino-detta-la-linea-dura-e-per-l’italia-sono-guai/65182/ ). 
In sintesi. 
- I Paesi caratterizzati da un rapporto debito/Pil superiore al 60%  dovranno infatti tagliare l’eccesso del proprio debito di almeno un  ventesimo all’anno se vorranno evitare di incorrere nelle sanzioni di  Bruxelles. 
Dunque l’Italia dovrà tagliare otto punti in tre anni, pari a 130  miliardi di euro 
- Chi non ottempera deve pagare una multa pari allo 0,2% e subire tagli  ai fondi per lo sviluppo e ai sussidi agricoli, sospensione del diritto  di voto nel Consiglio dei ministri dell’Unione per quegli Stati membri  incapaci di adeguarsi alle direttive. 
A spingere in questa direzione è l’establishment europeo del misterioso  presidente Von Rompuy, che il Financial Times considera molto influente  (guarda caso), e della Germania che guida il drappello dei “duri e  puri”. 
Non è ancora detto che il Patto di stabilità venga adottato in questa  forma. L’Italia si oppone, la Francia anche. Ma la direzione è quella e  d’altronde lo stesso Tremonti, nell’intervista che poche settimane fa ho  citato su questo blog, ha lasciato intendere che la decisione ormai è  presa. L’Italia potrà limare e attenuare, ma non potrà spingersi oltre. 
Da parte mia alcune considerazioni. 
- Che l’Italia debba ridurre il debito è fuor di dubbio, ma imporre una  tabella di marcia di questo tipo mi sembra folle, perché significa  uccidere qualunque speranza di crescita e, anzi, in epoca di deflazione  come questa, provocare un arretramento dell’economia reale e uno suo  depauperamento, questo sî strutturale. Crollo dei consumi, moria di  piccoli commerci e piccole imprese, aumento della disoccupazione. Il  rimedio è peggiore del male? 
- Che senso ha punire con multe stratosferiche un Paese che non ha  risorse finanziarie per rispettare la tabella di marcia? E’ come  chiedere soldi a un imprenditore sul lastrico. Non li ha e così accentui  le sue difficoltà. Misura strampalata. 
- Dietro questo percorso vedo delinearsi due disegni. 
Quello dell’establishment europeo che si batte per il definitivo  disgregamento degli Stati nazionali e un trasferimento di potere e  sovranità a Bruxelles, ma senza consenso popolare diretto; dunque  gestendo l’Europa secondo gli attuali nebulosissimi criteri, che  attribuiscono all’Europarlamento poteri marginali. 
E quello della Germania la quale pretende che l’Europa si adegui ai  propri standard, senza chiedersi se tutti i Paesi  possano adottare le  sue strutture economiche, finanziarie e sociali. Come ho già scritto,  riconosco ai tedeschi molti meriti, ma il loro modello non è applicabile  dappertutto e non può essere esportato in modo rigido, perché implica,  alla lunga, l’eliminazione delle peculiarità di Paesi come l’Italia, che  hanno un alto debito, ma anche virtù industriali proprie. Il rischio è  di appiattire tutta l’Europa, rendendola nominalmente più stabile ma di  fatto più povera, molto più povera, per compiacere la Germania. Ne vale  la pena? 
Entrambi gli scenari mi sembrano molto inquietanti. Ma sui giornali  nessuno (o quasi) ne parlerà in questi termini. Prevarrà la retorica,  prevarranno il provincialismo e la pavidità delle nostre élite (anche  giornalistiche) 
O no? 
dal sito http://blog.ilgiornale.it/


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