Una barzelletta.
Dato che è ancora tutto da dimostrare, facciamo finta che sia una barzelletta. Una di quelle classiche. Ci sono un funzionario dei servizi segreti, un direttore dei servizi segreti, un sacerdote imprenditore e un presidente del Consiglio. I primi due hanno “spiato”, “creato dossier e schede”, “consultato fonti aperte e fiduciarie”, “archiviato documenti in cui si ipotizzavano interventi per “disarticolare”, “neutralizzare”, “ridimensionare” e “dissuadere”, anche con “provvedimementi” e “misure traumatiche”, i presunti avversari del premier”. Per cinque anni, dal 2001 al 2006. Un’intera legislatura (tutta coperta dallo stesso premier). Al cui inizio il funzionario aveva comunicato al presidente del Consiglio (via fax): “(…) Sarò, se Lei vorrà, il suo uomo fedele e leale…”. 
Il funzionario poi ha anche dei legami col sacerdote imprenditore, dato che ne è stato il consulente. Una volta ai servizi segreti, il funzionario contratta un “programma vasto e impegnativo” in cui c’è posto per raccomandazioni, affari immobiliari e “bussare a quattrini” perfino oltreoceano (grazie alle amicizie del direttore), il tutto a vantaggio del sacerdote (qui più in veste di) imprenditore. 
Dimenticavo: il sacerdote imprenditore è amico di lunga data del presidente del Consiglio.
Il funzionario è Pio Pompa. Il direttore Nicolò Pollari. Il sacerdote imprenditore è Luigi Maria Verzè. E il presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi. Gli spiati Violante, Colombo (Furio), D’Ambrosio (Loris), Brutti, Arlacchi, Caselli, Flores d’Arcais, De Benedetti, Bruti Liberati, Alderighi, Natoli, Ingroia, Maritati, Sabella, Mancuso, Milillo, Monetti, Salvi, Cesqui, Lembo, Paraggio, Bargone, De Pasquale, Napoleone, Casson, Perduca, Borrelli, Davigo, Bocassini, Taddei, Inchino, Carnevali, D’Ambrosio, Colombo (Gherardo), Visco, D’Ambrosio (Gerardo), Scernicola, Veltri, Orlando e Garzon Real. 
Tutti da neutralizzare e disarticolare. Ad esempio, togliendo la scorta a chi ha condannato all’ergastolo boss mafiosi. Oppure “bonificando” le forze di polizia. Forse addirittura organizzando pedinamenti e disponendo intercettazioni telefoniche.
Il 5 luglio 2006, nell’ambito dell’inchiesta sul rapimento dell’imam egiziano Abu Omar da parte della CIA (a cui il funzionario e il direttore vengono accusati non solo di avere offerto copertura, ma addirittura di avere collaborato – anche se verranno entrambi ritenuti non giudicabili grazie al segreto di Stato), la magistratura di Milano viene in possesso dei documenti che provano quanto appena scritto, il cosiddetto “archivio di via Nazionale“. Il fascicolo viene trasferito nel 2007 a Roma, e da Roma, in aprile, a Perugia. Dove oggi i due vengono rinviati a giudizio. 
Nella barzelletta oltre alla finzione ci sono le risate. La nostra non fa eccezione. Basta pensare che a nessuno, tranne che al Fatto Quotidiano, è venuto in mente di chiedersi perché funzionario e direttore abbiano fatto ciò che hanno fatto. Qualcuno però deve essere riuscito a trovare un attimo di lucidità, se è vero che soltanto il 24 dicembre Peter Gomez scriveva di “un’indagine che a Perugia era a un passo dalle richieste di rinvio a giudizio, ma che adesso è invece avviata verso un binario morto”. I rinvii a giudizio sono arrivati. Chissà se ora qualcuno proverà anche a chiedersi perché il funzionario e il direttore abbiano raccolto tutto quel materiale per neutralizzare e dissuadere (anche in modo traumatico) tutti e soli gli avversari di Silvio Berlusconi. Se qualcuno chiederà a Silvio Berlusconi come mai abbia deciso di coprire col segreto di Stato l’intera documentazione, invece di fare in modo che tutti sapessero cosa stava avvenendo a sua insaputa (ribadendolo tra l’altro per alcune vicende riguardanti l’ex braccio destro di Pollari).
Chissà se ora tutto questo rimarrà una barzelletta.
Fonte: http://ilnichilista.wordpress.com
 
 
 


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