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Quel soviet anti-italiano di Bankitalia

di Carlo Cipiciani & Pietro Salvato

L’ultimo bollettino economico pubblicato dalla Banca d’Italia offre un quadro a tinte fosche sullo stato della nostra economia e, soprattutto, sulle sue più immediate prospettive. Palazzo Koch, infatti, pur prevedendo una graduale uscita dalla recessione, ha rimarcato nel suo recente rapporto come “la ripresa dell’economia nel prossimo biennio sarà debole, con una forte incertezza legata all’andamento della domanda mondiale e alla debolezza del mercato del lavoro”. Tra 2008 e 2010 l’Italia resta per crescita il fanalino di coda tra i grandi del continente, con aumenti modesti e assai inferiori rispetto a quelli previsti per gli altri più importanti partner (e concorrenti) europei con conseguenze molto pesanti su occupazione e disoccupazione.

La Banca d’Italia ha preso finalmente in considerazione non solo i lavoratori “disoccupati” ma, anche quelli in cassa integrazione e, soprattutto, i cosiddetti “scoraggiati”, cioè coloro che hanno proprio smesso di cercare lavoro a causa della crisi. Il dato complessivo della disoccupazione, di conseguenza, nel secondo trimestre del 2009, è risultato pari al 10,2% anziché al 7,4% “ufficiale”. Quasi il 3% in più, dovuto per l’1,2% alla Cig e per 1,6% al fenomeno dello “scoraggiamento”. Ce ne siamo occupati già in passato riportando una precisa analisi del fenomeno a cura dell’istituto Nens, in cui evidenziammo come “la crisi economica ha indotto molti più all’inattività che alla disoccupazione. Va ricordato come l’Istat considera “in cerca di occupazione” (ovvero disoccupato) chi ha compiuto almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nei trenta giorni precedenti l’intervista. E’ invece classificato come “inattivo” chi non fa parte delle forze di lavoro, ovvero chi non è occupato o in cerca di occupazione”.

E per quanto riguarda la cassa integrazione, come ricordavamo qui nel corso del 2009 si assiste non solo ad un aumento esponenziale delle ore richieste di cassa integrazione, ma al progressivo spostamento dalle richieste di quella ordinaria (crisi momentanea) a quelle straordinaria (crisi strutturale). Un lento scivolamento verso la chiusura delle imprese, come conferma la crescita delle procedure concorsuali e fallimentari, soprattutto quelle di piccola dimensione, la spina dorsale dell’industria italiana.

Non va meglio sul versante del debito e del deficit pubblico. Nel 2009, prevedono gli esperti di Via Nazionale, “l’indebitamento della pubblica amministrazione (deficit pubblico) dovrebbe salire al 5,3% del Pil dal 2,7% dell’anno precedente. Il debito dovrebbe aumentare di circa dieci punti attestandosi al 115,1%” con la concreta prospettiva, aggiungiamo noi, di raggiungere nel 2011 la vetta del 120% del nostro prodotto interno lordo. Anche in questo caso già ce ne siamo occupati, mettendo in risalto come “l’aumento del debito si deve ad un forte incremento della spesa pubblica” ed rimarcando l’auspicio che qualcuno cominci a prendere dei provvedimenti, prima che sia davvero troppo tardi”.

Per la verità, questa volontà non sembra proprio mostrarla il governo. Anzi, le reazioni dell’esecutivo, finora, sono andate tutte nell’esatta direzione opposta. Si pensi alla replica infastidita, saccente e diciamo pure provocatoria del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ai dati sulla disoccupazione riportati dallo stesso Bollettino economico della Banca d’Italia. “Sommare, come fanno solo la Cgil e il Servizio studi della Banca d’Italia, i disoccupati veri e propri con i cassintegrati e addirittura con i cosiddetti ’scoraggiati’ è un’operazione scientificamente scorretta e senza confronto con gli altri paesi dove ci si attiene all’autorità statistica. Ciò – ha rincarato il ministro – significa negare l’effetto della politica di governo, concertata con le parti sociali”.

In realtà, e questo Sacconi lo sa, significa di fatto bocciare gran parte dei provvedimenti varati dal governo e, soprattutto, far crollare quel castello di carte “mediatico” che vorrebbe l’Italia già fuori dalla crisi o, addirittura, “stare meglio degli altri”. Abbiamo già ricordato, più volte, come queste affermazioni siano, invece, prive di fondamento logico. “Contrariamente alla vulgata mediatica fatta circolare artatamente dai dicasteri economici del governo Berlusconi, la caduta del Pil dell’Italia non è per niente dominata dalla caduta della domanda estera, al contrario. Mentre nell’area dell’euro la recessione è dipesa per i due terzi dalla caduta della domanda interna, in Italia essa si deve soprattutto (tre quarti) dalla caduta della domanda interna. In sostanza, in Italia gli investimenti e soprattutto i consumi sono crollati ben più delle esportazioni”. L’esternazione di Sacconi è quindi non solo fuori luogo, ma rappresenta l’ennesima spia di come, ancora una volta, si provi a nascondere la drammaticità di una crisi economica che rischia di ripercuotersi in modo pesantissimo su milioni di cittadini e famiglie italiane anche nel 2010.

Un ultimo dato che vogliamo citare dal “Bollettino di BankItalia” è quello relativo all’inflazione, segnalata in ripresa. Se nel 2009 si è attestata su un tasso tendenziale dello 0,8%. “L’inflazione al consumo – si legge nel bollettino – risalirebbe all’1,5% nella media di quest’anno e si porterebbe all’1,9% nel 2011″. Ricordiamo, a titolo di cronaca, come per le sole pensioni minime nel 2010 è stato previsto un aumento beffa dello 0,7%, meno della metà del “costo della vita” stimato, quindi. Per la serie: “Passata la festa, gabbato lo Santo”.

dal sito http://www.giornalettismo.com

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