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I figli della storia: la Costituzione della Repubblica Italiana

La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, [...] ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.” Discorso sulla Costituzione di P. Calamandrei.

Leggere il discorso di Calamandrei fa sempre uno strano effetto, perché, indirizzate agli studenti universitari del 1955, sembrano rivolgersi a noi oggi, giovani e vecchi. Apriamo i giornali e leggiamo che la nostra costituzione è da cambiare, è vecchia, non va più bene. Ma a chi non va bene? A chi la sta snaturando? Certo che così come oggi è attuata è obsoleta. Secondo l'art. 3 “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche”; basta non essere comunisti, neri, musulmani (sì, ci sono italiani neri e musulmani. Per quanto riguarda i comunisti, ne siamo assediati, si sa. E i non italiani non pretendano diritti, ovvio). L'articolo 4 dice “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Peccato che il lavoro, quando c'è, sembri oggi una gentile concessione per la quale noi plebei dobbiamo ringraziare, altro che lamentarci della precarietà e dei pochi soldi. Nell'art. 33 leggiamo che “Enti privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato” E come la mettiamo con i finanziamenti alle scuole private, quando alcuni istituti pubblici devono chiedere agli alunni di portare la carta per le fotocopie, se non per la carta igienica? Forse ci siamo, il bandolo della matassa sta qui. Togliamo risorse alla scuola statale, arriviamo a cancellarne il ruolo di emancipatore sociale che in Italia dal secondo dopoguerra ha rivestito. Impediamole di sostenere la concorrenza di tutte quelle realtà che in Italia vogliono formare non cittadini, bensì meri consumatori. Ecco, allora difficilmente si riuscirà a vigilare sulla libertà, come invitava Calamandrei. Pensare fa male, ai governi del nostro Paese (non solo a quello attuale, ché anche i precedenti non hanno fatto nulla per frenare questo spaventoso declino).

Evidentemente il clima è molto diverso dagli anni in cui la nostra Costituzione fu redatta.

Il 2 giugno 1946 gli italiani, per la prima volta anche le donne, sono chiamati a scegliere l'ordinamento istituzionale e i deputati che faranno parte dell'Assemblea Costituente, dalla quale si formerà una Commissione di 75 membri con il compito di predisporre, senza una preventiva indicazione di criteri e principi direttivi, il progetto di Costituzione da sottoporre all’approvazione dell’intera Assemblea. I lavori hanno inizio il 20 luglio 1946, la discussione del testo inizia il 4 marzo per terminare il 22 dicembre 1947. La Costituzione della Repubblica Italiana è approvata il 27 dello stesso mese, per entrare in vigore il 1 gennaio 1948, espressione delle forze che avevano fatto la Resistenza: la cattolico-democratica, la democratico-liberale e quella marxista.

Se vogliamo, possiamo leggere una coincidenza nella data. Il 1948 erano cent'anni esatti dalla concessione dello Statuto Albertino, carta costituzionale del Regno di Sardegna prima e del Regno d'Italia poi. E proprio perché lo Statuto, concessione di un sovrano ai sudditi, era flessibile, soggetto a essere mutato dalla legislazione ordinaria, e per questo modificato e svuotato senza difficoltà dal fascismo, la Costituzione della Repubblica Italiana si volle rigida. Perché divenisse più difficile manovrarla a proprio piacimento. Non si voleva che non se ne potessero dare soluzioni interpretative nuove, adatte alle sempre nuove istanze sociali; ma che il potere legislativo non potesse influire direttamente sul testo, vanificandone i principi di libertà, uguaglianza e giustizia sociale.

Certo, in un periodo in cui si vuole equiparare i caduti della lotta al fascismo con i morti della Repubblica sociale; con un esecutivo che governa a suon di decreti, bypassando il Parlamento; con una minoranza che fa un'opposizione ad personam, anziché costruttiva; beh, con tutto questo non so quanto a lungo ancora vi sarà una libertà su cui vigilare e quanto presto ci sentiremo asfissiare.

http://voglioresistere.blogspot.com/2010/01/i-figli-della-storia-la-costituzione.html

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