Silvio, stacchiamo la spina
di Gennaro Carotenuto
Nel giro di pochi giorni ha indignato i cattolici con la bestemmia,  le donne con la misoginia, gli ebrei con l’antisemitismo, i magistrati  sottoposti ad un trattamento Boffo pluriennale, la Confindustria che, da  Marcegaglia al divo Marchionne, ha detto parole durissime che in altri  tempi avrebbero mandato a casa ministri e governi. Perfino la destra  legge e ordine post-fascista ha rotto il patto col diavolo e l’ha  abbandonato, pur continuando a sostenerlo in un gioco reciproco di  ricatti.  In parlamento ha giurato e spergiurato miliardi d’investimenti a Sud  e, per queste vere barzellette, altro che quelle sugli ebrei e sulla  Bindi, ha provocato fragorose risate, perfino di Giulio Tremonti seduto  al suo fianco. E’ cotto, non bisogna aver paura di individuare tali  segnali come quelli incipienti di una demenza senile. Demenza che  perdoneremmo al vecchio nonno ma non al capo del governo di una nazione  di sessanta milioni di abitanti che non può permettersi alcuna  incontinenza verbale, né in pubblico né in privato.
 
Intanto, un folto gruppo di italiani, incomprensibilmente  ignorati dal principale partito d’opposizione, che chissà perché li  teme, sono scesi in piazza intorno a cinque parole d’ordine  che sono il minimo comun denominatore della convivenza civile:  Costituzione, informazione, lavoro genuino, ricerca scientifica e no  alle mafie.
Nel frattempo l’altro vecchio incontinente che fa da spalla al capo  del governo, ha trovato la maniera di indignare ancora di più  quell’Italia che non ha gli occhi accecati dal sedicente sole delle  alpi. Per ognuno di queste voragini che la diarchia lombarda apre nei  cammini dissestati del paese, i disinformatori di scorta hanno trovato  un rappezzo. Il più lurido è stato offerto da monsignor Fisichella,  il primo prete al mondo a giustificare perfino la bestemmia, se questa  viene da Arcore. Ma gli specchi sui quali si arrampica Fisichella  restituiscono l’immagine del demente perché nessun capo di governo al  mondo è mai stato così imprudente da bestemmiare in pubblico.
Chissà che proprio la demenza senile, come per il paziente inglese  Augusto Pinochet, non possa essere la scappatoia giudiziaria per i  problemi privati che hanno portato Berlusconi a tenere il paese in  ostaggio per sedici anni. Riconoscerlo e farsi riconoscere demente  sarebbe l’unico Lodo accettabile per salvare la democrazia nel  crepuscolo dell’era berlusconiana.
Se non facesse rabbia, farebbe un po’ pena quel Silvio che ha  sostituito il doppio petto nel quale si è inguainato per anni con quella  tutaccia sformata, che neanche contiene più le forme flaccide e il  declino dell’uomo, e con la quale si fa sempre più spesso vedere in  pubblico. E’ cotto, andiamo, facciamoci coraggio. Gli ultimi berci  anti-magistratura ricordano il Duce al Teatro Lirico nell’ultimo  discorso. Il personale politico che lo circonda nell’ultima ora, dallo  Storace di “ah froci” all’antisemita Ciarrapico, al piduista Cicchitto,  al Pavolini-Capezzone, per non parlare dei Verdini, Cosentino, Scajola,  non è migliore di quello che circondava Benito Mussolini a Salò.
E’ ora di agire. E’ l’ora di dare la spallata a questo governo  fragilissimo. Ma la situazione è così grave che anche un colpo di  palazzo, da qualunque colle provenga è necessario e urgente. La sua  Sant’Elena sarà Santa Lucia, le Bermude, perfino la Costa Smeralda se  desidera. A patto che nessun Campo Imperatore lo riporti in sella. E’  ora di agire, è cotto. La realtà non è quella virtuale che propina  Augusto Minzolini. La realtà è quella che è sotto gli occhi di tutti.
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Proposta: la riforma elettorale è indispensabile per  impedire un nuovo parlamento di nominati e non eletti, ma ognuno ha la  sua ed è impensabile che la classe politica si metta d’accordo,  soprattutto in tempi brevi. Prendiamo allora i tre sistemi elettorali  più puri, l’uninominale all’inglese, il doppio turno alla francese e il  proporzionale con sbarramento alla tedesca e sorteggiamone uno.  Qualunque di essi ci tocchi in sorte avrà il privilegio della chiarezza e  non dovrà passare sotto le forche caudine delle trattative politiche.  Una volta scelto, qual che sia, si approvi in 15 giorni. E poi si torni  al voto. A mali estremi, estremi rimedi.
dal sito http://www.gennarocarotenuto.it


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