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Il Giornale? Per favore, non straparlate di libertà di stampa

«La Marcegaglia ci ha rotto i coglioni», dice testualmente Vittorio Feltri, direttore editoriale del “Giornale”, ribadendo la sua tesi difensiva: nessun ricatto alla presidente di Confindustria, che oltretutto «è ogni giorno in televisione e ripete solo banalità»: quando il vicedirettore del “Giornale”, Nicola Porro, parlando con l’addetto stampa della Marcegaglia lo avvertiva che avrebbero «rotto il cazzo» alla presidente, spostando «i segugi» da Montacarlo a Mantova, per un «super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcegaglia», è evidente – dice Feltri – che Porro scherzava, «cazzeggiava». Peccato che Emma Marcegaglia non l’abbia “capito”, al punto da rivolgersi alla magistratura dichiarando di sentirsi minacciata. Di qui la perquisizione alla redazione del “Giornale”, che ha scatenato furiose polemiche.
«Per favore, non ci vengano a dire che la procura di Napoli minaccia la libertà di stampa», protesta Paolo Flores D’Arcais dal suo blog sul “Fatto Emma MarcegagliaQuotidiano”. L’inchiesta che vede sotto accusa la direzione del “Giornale”, per “concorso in violenza privata”, «non ha nulla a che fare con la libertà di stampa», mentre assomiglia a un ricatto: «Un giornale ha il diritto, anzi il dovere di fare inchieste scomode per i potenti: ma per pubblicarle, non per usarle ad altri scopi». Tutto nasce quando la presidente di Confindustria rilascia un’intervista al “Corrire della Sera”, criticando il governo. Dal quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, Porro “avverte” Renato Arpisella, collaboratore della Marcegaglia, che ora “Il Giornale” preparerà inchieste scottanti sugli “affari” della presidente. Che si muove in due modi: si rivolge ai giudici ma anche a Fedele Confalieri, presidente di Mediaset, cui chiede di fermare i “segugi” di Porro.
«Non mi era mai capitata una cosa simile», ha detto la Marcegaglia ai magistrati di Napoli, che la stavano ascoltando per un’altra inchiesta (sui rifiuti). Non le era mai successo, ha aggiunto la presidente degli industriali, che un giornale tentasse di «coartarla» e farle cambiare atteggiamento, evocando minacciosi “dossier”. «Visto che al “Giornale” dicono di essere giornalisti e basta – aggiunge Flores D’Arcais – aspettiamo che pubblichino le venti puntate di inchiesta solennemente annunciate». C’è un solo modo per star tranquilli, con quelli del “Giornale”: «Lasciare in pace Berlusconi», scrive Gad Lerner sul suo blog. Secondo Lerner, non è solo la Marcegaglia a Fedele Confalonieri«percepire un clima di intimidazione da parte di chi detiene contemporaneamente il potere politico e il controllo di mass media servizievoli».
Lerner insiste sullo stile di lavoro del “Giornale”: «Da quelle parti, gli scopritori di malefatte si fermano come per miracolo di fronte ai Brancher, ai Cosentino, ai Verdini. Mentre il sacro fuoco del giornalismo li divora non appena qualcuno osa distanziarsi dal principale», come ha fatto la presidente degli industriali con l’intervista al “Corriere”. «E’ inutile che i politici di destra, come la scatenata Stefania Craxi, inveiscano contro il magistrato napoletano accusato di minacciare la libertà di stampa», chiosa Giorgio Meletti sul “Fatto”. «E’ la Marcegaglia che si è presentata davanti agli inquirenti e ha accusato Porro di averla minacciata. E’ lei che ha chiesto a Fedele Confalonieri di intervenire su Feltri per bloccare tutto. E’ lei che si è sentita rassicurata quando Confalonieri ha comunicato che la missione era compiuta». Quindi, aggiunge Meletti, «se attacco alla libertà di stampa c’è stato, non l’ha fatto Woodcock ma la signora Marcegaglia». Telefonate come quella a Confalonieri per fermare “Il Giornale”? «Verrebbe da chiederle: quante volte, figliuola?».

dal sito http://www.libreidee.org

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