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La guerra in Iraq e i pozzi all’Eni: ora è tutto chiaro?

Apprendere che l’Eni ha ottenuto il controllo in Iraq del giacimento petrolifero di Zubair, «uno dei maggiori al mondo», potrebbe definitivamente servire a far sparire ogni dubbio a quelle persone che ancora oggi non ha capito del tutto il perchè della missione “Antica Babilonia” del contingente italiano in Iraq. Eravamo a Nassirya non solo per motivi umanitari e di pacificazione, ma anche per un altro molto meno lodevole: Il petrolio. Parole pesanti chiaramente, ma che purtroppo trovano riscontro in un’inchiesta del 2005 a cura di Sigfrido Ranucci per RAI News 24. Questa indagine svelava retroscena agghiaccianti, e documenti alla mano, raccontava di un vecchio accordo risalente alla metà degli anni novanta tra Saddam e l’Eni per lo sfruttamento di questo giacimento e dimostrava che ben sei mesi prima della guerra il ministero delle Attività Produttive aveva commissionato al docente Giuseppe Cassano, esperto di statistica economica, una ricerca in questo settore.

«Un dossier che confermava che non dovevamo lasciarci scappare l’occasione in caso di guerra di basarci a Nassiriya, “se non vogliamo perdere – scriveva Cassano – un affare di 300 miliardi di dollari».

Sempre secondo questa inchiesta «i nostri carabinieri avevano pertanto scortato barili di petrolio e sorvegliato oleodotti». All’indomani dell’attentato a Nassiriya Claudio Gatti inviato del Sole24ore scriveva che secondo fonti C.I.A. il gesto non era solo contro il nostro contingente militare, ma anche rivolto proprio all’Eni. Un ex funzionario dell’intelligence americana lo spiegava cosi:

«Per i nemici della pacificazione dell’Iraq riuscire a tener fuori dal paese tecnici e aziende straniere è addirittura più importante che cacciare le truppe occupanti. Le truppe offrono un bersaglio e un nemico utile da avere, mentre i tecnici stranieri potrebbero contribuire a rimettere in moto l’economia del Paese e quindi stabilizzarlo. Che è esattamente il contrario di ciò che gli attentatori vogliono».

L’Eni infatti rinviò per motivi di sicurezza l’accordo che già allora, secondo fonti americane, vedeva il colosso italiano in pole position, e le parole dell’ ex amministratore Vittorio Mincato del “cane a sei zampe” lo ribadirono:

«Noi avevamo un interesse per quella zona e lo confermiamo. Contavamo di chiudere i colloqui in corso entro l’anno ma i fatti di oggi confermano quanto temevamo: se ne parlerà l’anno prossimo».

Oggi, passati 6 anni, l’a.d. Eni è Paolo Scaroni e ad accordo concluso ci spiega che il campo di Zubair, vicino Bassora «è uno dei pochi in grado di produrre più di un milione di barili al giorno» e che «l’obiettivo di innalzare la produzione del campo da 200.000 barili al giorno a 1,125 milioni entro sette anni potrebbe richiedere investimenti per circa 10 miliardi di dollari». Bella missione di pace.

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