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BORSA/ Goldman Sachs e Jp Morgan festeggiano. La crisi era un’illusione?

Paolo Annoni


Se vi ricordate di aver letto qualche mese fa di crisi sistemiche, di fallimenti del sistema finanziario e di banche in ginocchio non state sbagliando, anche se, occorre ammettere, questi vaghi ricordi sono messi a dura prova dalla mole di notizie “positive” che arriva ogni giorno dall’universo finanziario.

Mercoledì Jp Morgan ha dato il via alla attesissima stagione delle trimestrali delle banche americane battendo, in meglio, le stime degli analisti e chiudendo il terzo trimestre in utile. Per un’analisi dettagliata basterebbe riproporre tale e quale quanto scritto in occasione del secondo trimestre. Le attività più strettamente legate all’“economia reale” (credito al consumo, prestiti a famiglie e imprese) continuano ad andare male e a soffrire, mentre i mercati finanziari danno così tante soddisfazioni da controbilanciare le perdite della tradizionale attività di concessione del credito.

Ieri il quadro è stato completato da Citigroup e Goldman Sachs con simili risultati e ora rimane il turno di Morgan Stanley, ma possiamo scommettere, senza troppi patemi, che non avremo grosse sorprese e che la strada maestra tracciata dalle blasonate sorelle verrà mantenuta. A questo punto si può essere ugualmente tranquilli sul fatto che, tra qualche settimana, nemmeno le banche europee deluderanno le aspettative di risultati in utile.

Così i mercati azionari hanno festeggiato le trimestrali continuando un rialzo che ormai sta assumendo dimensioni record. La ciliegina sulla torta l’ha messa poi, guarda caso, Goldman Sachs che sulla scia dell’entusiasmo si è lanciata in previsioni ottimistiche sul futuro dell’economia. Per l’amministratore delegato Blankfein ci sono segni di miglioramento e di stabilizzazione se non addirittura di crescita. In tutto questo l’ormai indiscussa regina della finanza mondiale ha dichiarato di aver accantonato 16,7 miliardi di dollari per bonus e stipendi (568 mila dollari per dipendente). La cifra accantonata nei primi mesi del 2009 lascia pensare che l’obiettivo di battere il record di 20 miliardi di dollari di compensi del 2007 sia ampiamente alla portata.

Dopo tutto questo verrebbe da chiedersi se per caso non siamo tutti stati vittime di un’allucinazione quando poco più di sei mesi fa la recessione più nera sembrava decisamente l’ipotesi più realistica. Quanto meno è lecito un minimo di disorientamento di fronte a cambi di visione così repentini e radicali.

Chi si concentra però sui dati pessimi del mercato del lavoro, sulle prospettive di crescita dell’Europa o degli stessi Stati Uniti nei prossimi mesi (ancora avvolte da un’incertezza totale) o infine sui debiti statali non troverà mai ragioni sufficienti per giustificare questa euforia e si deve rassegnare a rimanere inascoltato.

Non esiste solo la spiegazione “speculativa” della liquidità mai così abbondante e poco costosa che rende irresistibile l’investimento in azioni. Gli investitori sono perfettamente consapevoli che così come si è assistito a cali del fatturato del 30-40%, allo stesso modo una ripresa potrebbe portare ad incrementi altrettanto violenti. Si sta in sostanza scommettendo fortissimo su quello che accadrà nel 2010 e siccome a oggi nessuno ha idee forti in merito né dati sufficienti per fare una stima fondata si crea un terreno fertile per ogni tipo di assunzione o speculazione sul futuro.

Ecco perché, come dicevamo, i mercati finanziari potrebbero anche consentire a quei bravi ragazzi di Goldman e compagnia di chiudere l’anno in bellezza prima che, probabilmente a inizio gennaio, si saprà se la scommessa presa è stato un azzardo assurdo o il colpo della vita. A questo proposito gli analisti più cinici ricordano ai meno esperti che il mercato è determinato solo da due emozioni: greed (ingordigia) and fear (paura). Se per caso vi fosse venuto in mente che siamo nel pieno della fase greed probabilmente non avete tutti i torti.

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