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Che si fa, non si mangia più?

di Debora Billi

Oggi su tutte le pubbliche gazzette campeggia la scandalosa notizia: gli italiani, alle prese con la crisi, decidono di "tagliare" la spesa alimentare. Orrore e raccapriccio! Siamo ridotti alla fame! Non abbiamo più neppure i soldi per un tozzo di pane!
Effettivamente la notizia fa impressione. Ma chiunque, anziché limitarsi a scrivere sui giornali o a fare commenti politici, viva anche una vita normale alle prese con i conti, sa che se si taglia sul mangiare è perché non è possibile tagliare altrove. Il mutuo o l'affitto non sono passibili di manovre di risparmio; le bollette neppure, dato che i consumi incidono per quattro lire e tutto il resto sono balzelli, tasse e canoni imposti; non si può "tagliare" sulle spese per andare al lavoro, dalla benzina ai pedaggi ai parcheggi (e non tutti sono disposti ad alzarsi alle 4 per prendere i mezzi pubblici nelle grandi città); non si può tagliare sulle spese scolastiche, i libri o gli asili nido. Per tacere di certi beni "voluttuari": cosa facciamo, non portiamo più i bimbi al mare? O dal dentista? Quanto ad abbigliamento e scarpe, si è già da tempo tagliato il tagliabile optando per la trendissima moda cinese.
Alla fine, si può agire esclusivamente sulla spesa. Meno carne, meno salumi e meno piatti pronti o surgelati possono rappresentare un gruzzoletto alla fine del mese. E qui arriva la mia prima osservazione: non è mica detto che se si spende meno si faccia la fame e si mangi peggio, tutto il contrario. I sofficini sono molto più cari di due uova al tegamino, quelle orribili pizze pronte surgelate costano il quadruplo di una bella pizza fatta in casa. Si riduce persino il consume di pane: chissà se gli italiani stanno optando per le brioches, oppure imparano a farselo da soli con vantaggio per la qualità e per il portafoglio. Inoltre, mangiare meno carne e meno salumi non si tradurrà in un quadro di disperazione stile Miseria e Nobiltà, ma in una dieta più sana e sicuramente più sostenibile. Prima di vedere italiani che fanno la fame, ne scorrerà di acqua sotto i ponti.
E infatti, a leggere bene i vari commenti, si capisce che la preoccupazione non è tanto per la salute dell'italiano, ma per quella dell'industria alimentare e della grande distribuzione. Non è diminuita la quantità di cibo consumato, ma la spesa: ovvero, si scelgono prodotti in promozione, prodotti più economici e si torna a casa con le stesse quantità ma avendo speso meno. Chi ci rimette, allora? Le multinazionali alimentari, le catene di supermercati che vedono l'utile abbassarsi. Ecco da dove origina lo stracciamento di vesti, stiamo mettendo in crisi i soliti consigli di amministrazione.
Scommetto che adesso vi sentite molto meno preoccupati...

dal sito http://crisis.blogosfere.it

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