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Ave, Cesare, morituri te salutant

di Alessandro D'Amato

Non sono passate nemmeno due settimane da quando Silvio Berlusconi baldanzosamente annunciava “ghe pensi mì” di fronte alle fibrillazioni della maggioranza, quando all’epoca ballava – e sembra passato un secolo – il caso Brancher. Da allora il ministro al nulla si è dimesso, e ieri l’ha seguito O’Americano, alias Nicola Cosentino.
Quella delle dimissioni di Cosentino, è il caso di dirlo, è una vittoria politica di Gianfranco Fini almeno tanto quanto – non ridete – di Mara Carfagna, che il passo indietro all’ormai ex sottosegretario lo aveva consigliato in un’intervista a Repubblica. E ci si chiede quanto resisterà sulla poltrona di triumviro coordinatore del PdL quel Denis Verdini che probabilmente verrà giubilato quando il partito finirà al coordinatore unico, che sembra una figura pericolosamente simile al commissario liquidatore di una società in fallimento.
Del ‘ghe pensi mi’ rimane oggi soltanto quell’appellativo di ‘Cesare’ con cui, secondo un’informativa, i quattro vecchietti al bar che giocavano alla P3 solitamente si riferivano al premier. E in effetti Silvio oggi quel nomignolo pare meritarselo tutto. Sembra davvero un imperatore della Roma in declino, di quelli che cazzeggiavano amabilmente al Colosseo  mentre i barbari si apprestavano a varcare i confini dell’Impero.
Pollice su, pollice giù. Come i gladiatori alla fine dello spettacolo, i berluschini pagano il loro tributo di sangue cadendo uno ad uno, macchiatisi non tanto di reati, quanto di aver incarnato fino in fondo lo spirito di un premier del quale ripetono a menadito persino le scuse quando vengono beccati col sorcio in bocca: “Sono estraneo ai fatti, contro di me c’è una persecuzione”, e bla bla bla. Intanto Roma brucia. E il tragico è che c’è la gara a chi fa il Tigellino.

dal sito http://www.giornalettismo.com

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