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Oh oh, Houston abbiamo un problema. La cazzata degli israeliani rischia di avere pesantissime conseguenze

I turchi: sbarcheremo a Gaza, con navi da guerra

«Sbarcherò a Gaza personalmente, per rompere l’assedio dal mare: voglio vedere se avranno il coraggio di fermare anche me». Dopo l’infuocata denuncia nella quale ha accusato Israele di pirateria internazionale, terrorismo di Stato e crimini contro l’umanità per l’assassinio di 9 pacifisti a bordo della “Mavi Marmara”, l’ammiraglia della flotta di pace “Freedom Flotilla” aggredita il 31 maggio al largo di Gaza dalle forze speciali israeliane, il premier turco Recep Tayyp Erdogan avverte: presto si imbarcherà lui stesso su una nuova flottiglia di aiuti umanitari. Le navi faranno rotta sulla Striscia, scortate stavolta dalla marina militare turca.
Si profila così un clamoroso braccio di ferro fra Israele e la Turchia, il paese che ha subito l’affronto del blitz israeliano: i nove attivisti uccisi a bordo della “Mavi Marmara”, otto turchi e un americano, sono stati colpiti 30 volte: cinque di loro sono morti per ferite di arma da fuoco alla testa. Lo rivela il quotidiano britannico “Guardian”, citando il vicepresidente dell’istituto di medicina legale di Istanbul, Yalcin Buyuk. Molti dei pacifisti assassinati, rivela ancora il “Guardian”, sono stati freddati a bruciapelo.
I risultati dell’autopsia, scrive il quotidiano britannico, dimostrano che l’attivista Ibrahim Bilgen, 60 anni, è stato colpito quattro volte alla tempia, al petto, al fianco e alla schiena. Fulkan Dogan, che ha anche la cittadinanza americana, è stato colpito cinque volte, a una distanza inferiore ai 45 centimetri: alla faccia, dietro la testa, due volte ad una gamba ed una alla schiena. Altri due uomini sono stati colpiti quattro volte. Cinque degli attivisti uccisi, scrive ancora il quotidiano britannico citando Buyuk, sono stati colpiti o alla schiena o dietro la testa.
La strage del 31 maggio non si è ripetuta il 5 giugno, quando i militari israeliani hanno catturato l’ultima nave della “Flotilla”, la “Rachel Corrie”, che tentava di raggiungere Gaza per portare aiuti umanitari. Il natante è stato costretto – senza spargimento di sangue – ad attraccare nel porto di Ashdod, da cui il carico umanitario «dopo accurati controlli» sarà trasferito nella Striscia di Gaza. Sulla “Rachel Corrie”, così battezzata nel nome della giovane attivista Usa assassinata a Rafah nel 2003 mentre protestava contro l’occupazione israeliana e la demolizione di case palestinesi, viaggiavano in tutto 19 persone, di cui otto membri dell’equipaggio.
La nave trasportava più di mille tonnellate di materiale medico e da ricostruzione destinato alla popolazione palestinese di Gaza, colpita più di un anno fa dall’Operazione Piombo Fuso nella quale Israele – come conferma la denuncia dell’Onu – provocò circa 1300 vittime, per lo più civili. «Non vogliamo che Gaza diventi un porto iraniano», ha detto il premier Benjamin Netanyahu, dichiarando che il blocco delle navi umanitarie è stato motivato dal timore che potessero trasportare armi destinate ad Hamas.
Lo stesso Netanyahu, “complimentandosi” coi «veri pacifisti» della “Rachel Corrie”, ha definito «violenti terroristi turchi» i pacifisti della “Mavi Marmara” assassinati a sangue freddo dai soldati di Tel Aviv nel brutale blitz che ha provocato l’indignazione mondiale. La comunità internazionale continua intanto a chiedere a Israele di mettere fine all’embargo a Gaza, che colpisce una popolazione già prostrata dalle selvagge devastazioni inflitte con l’Operazione Piombo Fuso, per la quale Tev Aviv è stata accusata di crimini contro l’umanità e anche di crimini di guerra, avendo fatto ricorso a bombe al fosforo bianco, il cui uso è vietato in aree densamente popolate da civili.
L’alto commissario per i diritti umani dell’Onu, Navi Pillay, ipotizza ora la possibilità che l’attacco israeliano del 31 maggio contro la “Freedom Flotilla” possa essere portato davanti alla Corte penale internazionale. L’amministrazione Obama, con Mike Hammer, portavoce del National Security Council, ha spiegato che la situazione attuale, per quanto riguarda il blocco su Gaza, è «insostenibile e deve essere cambiata». Gli Usa, scrive il quotidiano “La Stampa”, citando Hammer, «lavorano attivamente con Israele, l’Autorità Palestinese e altri partner internazionali per mettere a punto nuove procedure per la consegna di materiale e assistenza alla popolazione di Gaza, evitando nel contempo l’importazione di armi».
Intanto, la situazione potrebbe farsi esplosiva tra Israele e Turchia, data l’intenzione manifestata dal premier di Ankara di imbarcarsi su una nuova flotta di aiuti per «rompere di persona l’assedio» imposto da Israele. Erdogan sta pensando di organizzare una nuova spedizione navale di aiuti: rotta su Gaza, ma stavolta con robusta scorta di unità da guerra della marina militare turca. Lo conferma “Debkafile”, un sito considerato vicino all’intelligence israeliana, che cita i servizi segreti turchi. Gli Usa avrebbero chiesto a Erdogan di ritardare il piano, per avere il tempo di esaminare la questione: la Turchia è membro strategico della Nato.

dal sito www.libreidee.org

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