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Fenomeno Facebook

Sulla rivista Wired di Settembre è pubblicato un articolo che parla del notissimo social-network. L'autore pone l'attenzione sulla rivalità che sta montando tra Facebook e il gigante Google, rivalità che è "sfociata in una guerra aperta sul futuro di internet, sulla struttura, il design, il servizio". L'obiettivo dichiarato di Zuckerberg, giovane fondatore di facebook, è quello di scalzare Google dal ruolo di "vigile del traffico web", e il personaggio è convinto di riuscirci grazie alla "potenziale, enorme fonte di dati personali presente sui loro server". "Su Facebook i navigatori si comportano in modo diverso dal solito: usano i loro veri nomi, si mettono in contatto con i loro veri amici, pubblicano i loro veri indirizzi email, condividono opinioni genuine, gusti reali, notizie autentiche. Google invece conosce relativamente poco i suoi utenti, a parte la cronologia delle loro ricerche e qualche attività di browsing". Andando a spulciare il profilo online di un utente Facebook si possono scoprire moltissime informazioni, del tipo quali sono le sue trasmissioni preferite, cosa gli piace mangiare, dov'è andato in vacanza, e chi più ne ha più ne metta. Un database di informazioni impressionante insomma, al quale Google non può avere accesso perchè gelosamente custodito sui circa 40.000 server del social network. Zuckerberg, "immagina un web più personalizzato, umano, in cui la rete di amici, colleghi e familiari è la fonte primaria di informazioni, proprio come lo è nella vita di tutti i giorni", "prevede che gli utenti, per trovare un dottore, o la macchina fotografica migliore, interrogheranno il suo social network, piuttosto che rivolgersi all'algida matematica di Google". Fin qui nulla da obiettare, gli sviluppi possono essere senz'altro positivi, creare dei nuovi standard per le ricerche su internet, che dovrebbero dare risultati più "genuini" grazie all'enorme mole di dati in loro possesso. Però vale la pena sottolineare a tutti gli utenti Facebook, che i dati in questione sono i Vostri dati anagrafici, le Vostre Abitudini, i Vostri desideri, i Vostri interessi. E questi dati valgono miliardi! Infatti l'articolo su Wired continua dicendo che l'altro obiettivo dichiarato dal dirigente di Facebook è dare l'assalto all'immensa fonte di guadagno offerta dal mercato pubblicitario su internet, attualmente in larga percentuale nelle mani di Google (da notare che da quando è nato, Facebook non è ancora riuscito a realizzare utili, ovvero è ancora in rosso, mentre Google ha un giro di affari da 4,2 miliardi di dollari l'anno). Non a caso quindi Zuckerberg si tiene ben stretti i Vostri dati. E non a caso nel Febbraio 2009 ha avuto la bella pensata di cambiare silenziosamente i termini del servizio, "attribuendosi, così pareva, la proprietà definitiva di tutto ciò che veniva postato sul sito, anche quando i membri chiudevano il loro account". Poi però, a quanto pare, ha dovuto fare marcia indietro in seguito alla protesta di milioni di utenti allarmati dall'iniziativa. L'articolo sottolinea la controversia citando una frase del New York Magazine che recita "Possiedi Facebook o Facebook possiede te?". "Il dubbio è legittimo". "Il futuro della compagnia dipende dalla sua abilità nel gestire l'arte del targeting comportamentale, la vendita di spazi pubblicitari su misura, basati sui profili degli utenti. Ma il confine tra "mirata e utile" e "inquietante e molesta" è assai labile". Il rischio quindi è che il sito, visto dagli utenti come uno spazio personale, a volte luogo di intime conversazioni tra amici, si trasformi "in un luogo in cui annunci pubblicitari grottescamente personali sciabolano qua e là come raggi laser".
Per concludere direi Facebook SI, i presupposti per interessanti sviluppi nel modo di concepire la sfruttare la rete ci sono, e in fondo, per chi lo considera un utile strumento di socializzazione senonchè di semplice evasione, non possono arrivare chissà quali minacce alla propria privacy. Siate coscienti però che i Vostri dati sono, e lo saranno sempre più, oggetto di un mercato selvaggio. Del resto, chi ci crede più alla favoletta della Privacy....

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