Vergognamoci per lui
Che Augusto Minzolini abbia deciso, dal momento della sua nomina, di trasformare il Tg1 in una succursale del telegiornale di Emilio Fede si era capito da quando, in un salace editoriale, aveva avuto il barbaro coraggio di difendere la scelta di oscurare la vicenda escort affermando che finora, da Bari, non era emerso “uno straccio di notizia”. Con audacia e sprezzo del ridicolo, il Minzo infatti in quel momento non è che contestasse soltanto Repubblica e Unità, ma stava invece dando una lezione di sobrietà anche alle decine di testate straniere che invece non erano dello stesso parere: quello che per lui non era una notizia, lo era invece per centinaia di giornalisti a tutte le latitudini (e di tutte le idee politiche) del globo.
Ieri, però, il direttore del Tg1 ha voluto esagerare. Con l’editoriale contro la manifestazione sulla libertà di stampa, il Minzo ha inaugurato una inedita “svolta putiniana” per la tv pubblica: mai, a memoria, era mai successo che il telegiornale istituzionale della Rai presentasse in video il suo direttore per contestare un corteo dell’opposizione. Ai tempi di Tangentopoli, quando Bruno Vespa lo dirigeva, al massimo si era vista un’intervista “a braccetto” dell’attuale conduttore di Porta a Porta ad Arnaldo Forlani che spiegava che quella masnada di avvisi di garanzia era tutto un equivoco: sembrava l’ultimo ballo sul Titanic, e infatti di lì a poco andò a finire proprio così.
Minzolini ha fatto di peggio. E basta entrare nel merito delle sue parole per rendersene conto. “Nel 2004, Tony Blair dopo un lungo braccio di ferro che arrivò quasi in tribunale costrinse alle dimissioni i vertici della Bbc, che lo accusavano di aver falsificato i dossier sulla guerra in Iraq”, ha detto il Minzo, confidando nella poca memoria altrui. Tutte fregnacce. In primo luogo, il premier inglese non querelò mai la tv pubblica: fu in seguito a un’inchiesta interna, nella quale si scoprì che il famoso ‘dossier Kelly’ era stato ‘ritoccato’ e che quindi la notizia che la Bbc aveva dato era falsa, che i vertici della Bbc si dimisero. Con una sensibilità, viene da aggiungere, mai dimostrata da Minzolini stesso. Il quale da dieci anni a questa parte non ha fatto che pubblicare sulla Stampa notizie e indiscrezioni che poi o venivano smentite dai diretti interessati o si rivelavano false: l’ultima, la più divertente, riguardava la famosa cordata su Alitalia, nella quale il Minzo scrisse che erano coinvolte anche due aziende quotate in Borsa che poi smentirono seccamente, anche se la “notizia” ebbe ripercussioni sui corsi delle azioni a Piazza Affari. Una gravissima cazzata, che però non spinse Minzolini, per sensibilità, a dimettersi come avrebbe dovuto. No, non è la Bbc. Proprio no.
L’altra fregnaccia che il direttore del Tg1 ha affermato è la statistica secondo la quale “il 68% delle querele ai giornali viene da politici di sinistra”. Il valore scientifico della conta è perfettamente estrinsecato dalla fonte: il giornale Libero. Ma non è questo il punto: non è mica scandaloso che un politico quereli un giornale che lo accusa falsamente di aver fatto qualcosa. Questa è invece la normalità: quando il Giornale e Libero hanno pubblicato bugie e sono stati condannati a smentirle pubblicamente, non c’era nessuna levata di scudi per difendere la libertà di dire fregnacce. Giusto così. L’anormalità risiede invece nel fatto che il premier non abbia contestato con una querela la falsità delle affermazione stampate su Repubblica e su l’Unità: anche perché non poteva farlo, visto che si trattava di affermazioni altrui riportate sui due giornali. Vigliaccamente, invece, il suo avvocato ha promosso un risarcimento danni in sede civile per quanto scritto, “saltando” a pié pari il tribunale penale, dove il giudice si sarebbe potuto esprimere nel merito di quanto scritto: avrebbe potuto, insomma, dire che quello che avevano scritto era vero, oppure falso, per poi decidere se c’era stato danno per la reputazione del premier. Siccome Ghedini sapeva che il tribunale gli avrebbe dato torto, si è mosso soltanto in sede civile. Più che un attacco alla libertà di stampa, una mossa da navigato rubagalline.
Per tutte queste ricostruzioni fantasiose, Minzolini dovrebbe dimettersi da direttore del tg1. E’ troppo grave quello che ha fatto per rimanere senza pena. Ma state sicuri che non lo farà mai, visto che manca di una di quelle caratteristiche che, da sempre, spingono gli uomini a migliorare: la vergogna. E allora vergognamoci noi per lui: magari a qualcosa potrebbe anche servire.
Alessandro D'Amato
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