La lettera di Celli a suo figlio.
Fonte: http://diegozilla.blogspot.com/2009/12/la-lettera-di-celli-suo-figlio.html

Un affabile etologo scrive una letterina al suo rampollo e innesca una polemica lunga ottocento pagine web e un miglio quadrato di carta stampata.
Poi, scopro che il Celli in questione non è mica quello della foto qui sopra: Giorgio. E’ un altro: il Pier Luigi. Vabbè.
Non ho mai capito il concetto di “lettera aperta”. Diffido degli artifici retorici che violano la privacy. Sono una persona discreta, e non mi piace farmi i cazzi degli altri nemmeno su Facebook.
Anche il mio papà una volta mi ha scritto una lettera. Però non è stata pubblicata su Repubblica.
La missiva mi viene segnalata via mail, e vado a leggermela. Faccio un giro sulla superficie delle risposte stizzite che rimbalzano qua e la.
Sono abbastanza terrorizzato. Se un potente consiglia a suo figlio di lasciare il paese, significa che il futuro è ben peggio di quanto avevo previsto.
Questo simpatico mare di merda in cui si guazza, dove con la forza di volontà si resiste al fetore di una società al collasso, e ci si tiene a galla come si può nuotando a rana, non è ancora la più tremenda delle situazioni possibili.
Che cosa sta per accadere di tanto grave da mandare in esilio gli eredi della buona società?
Uno tsunami di letame rovente con onde alte venti metri?
Squali preistorici agili nel guano pronti a mordere?
Non lo so. Ma dato che non ho i mezzi per andare a vivere in un loft a Manhattan nel molto cool Meatpacking District, mi sa tanto che lo scoprirò presto.
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