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martedì1 dicembre

Caro diario (di un evasore), lo scudo funziona così

Fonte: http://www.giornalettismo.com/archives/43208/caro-diario-di-un-evasore-lo-scudo-funziona-cosi/

Pubblichiamo la storia tratta dall’agenda personale di un sedicente imprenditore, impegnato a far rientrare grazie alla nuova legge qualche milione di euro nel nostro Paese.

Martedì, 17 novembre 2009 – Caro diario, da quando c’è il governo Berlusconi nulla è più come prima. E non lo dico solo io, me lo confermano anche il mio avvocato e il mio commercialista che da quando questo governo ha varato lo scudo fiscale, lavorano come somari. Sono un imprenditore o, almeno, mi piace farmi considerare così, dagli altri. In giro, ho detto di avere una piccola impresa che produce tappi di sughero, in realtà ho solo un capannone, peraltro vuoto, ereditato dal mio vecchio babbo. Io, ho sempre preferito la finanza all’impresa. Grazie ad internet mi sono fatto una completa cultura in derivati ed hedge found, ho trovato poi un ottimo broker londinese e, grazie ai suoi “magheggi”, ho fatto soldi a palate. Siccome in Italia quei soldi vengono tassati al 12,5%, – certo meno della metà di quanto sono tassati i redditi da lavoro, ma pur sempre tanto, troppo … – su suggerimento del mio broker li ho messi in una società offshore di Nassau. Adesso, grazie allo scudo fiscale, voglio riportali in Italia. Ovviamente, si tratta di una rimpatriata “teorica”. Non dovrò muoverli (almeno finché mi conviene) dal caldo “tropicale” che gli ho trovato. Mi basterà, invece, pagare un misero 5% al Fisco italiano e poi, come dicono i croupier sulle navi-casinò a largo delle Isole Cayman, “Les jeux sont faits”. Voglio, inoltre approfittare di questa eccezionale pensata del ministro Tremonti per “scudare” anche la villa di famiglia a Lugano, valutata ben 3,5 milioni di franchi, che al cambio attuale valgono più o meno 2 milioni e trecentomila euro. E’ il frutto di una vita di lavoro del mio vecchio. E’ solo grazie a lui che sono diventato quello che sono… Ho chiesto così a varie banche italiane cosa devo fare per sanare, depositare e far gestire tutti questi soldi. Ho chiesto consigli, voglio sapere tutti i costi e valutare proposte per la gestione patrimoniale. Riporto, dopotutto, diversi milioni di euro, dovranno cominciare a considerarmi un contribuente modello o, meglio, un eroe al quale non guasterebbe pure un pubblico encomio, magari un titolo di Cavaliere. Come Lui…

Venerdì, 20 novembre 2009 – Maledizione. Mi sono presentato in una banca italiana per “una consulenza sullo scudo fiscale” ore ed ore di colloqui, consigli e indicazioni, spesso incomprensibili. Niente d’illegale, per carità. Secondo il direttore della filiale, la legge sullo scudo sicuramente non aiuta a sanare la nostra villa. Di fatto, regolarizzare una casa intestata a una persona fisica è quasi impossibile, soprattutto per chi si presenta come me, quasi un mese prima del fatidico 15 dicembre. Un vero peccato per il fisco italiano, visto che città come Lugano, Ginevra o St Moritz sono ricche di case comprate da italiani ansiosi di regolarizzare fino all’ultimo mattone. Certo, in banca sono stati molto cortesi. Hanno capito subito con chi avevano a che fare: “un vero imprenditore”. Mi sono sembrati davvero dispiaciuti. Francamente, però, mi aspettavo di più. La “dichiarazione riservata delle attività emerse” che mi hanno dato, è semplicissima. Poche righe da compilare, estremi del dichiarante e dell’intermediario. Mezz’ora, ad essere “fiscali”, molto meno del tempo necessario ad aprire un conto corrente. Mezz’ora per sanare i 2 milioni a riposo a Nassau. Forse, temendo di offendermi, nessuno mi ha fatto presente le regole sull’antiriciclaggio. Del resto, io non sono mica nato a Corleone come certi miei amici? Tuttavia, mio caro diario, il direttore mi ha fatto una domanda strana. “Nella sua autocertificazione – ha detto – dovrà dire se ha rapporti diretti con partiti o politici. Ma non si preoccupi, è solo una formalità, tutti dichiarano di non conoscere nessuno”. Io, per la verità, qualcuno lo conosco pure, ma… trattandosi di una buona causa, la mia… ho deciso di tacere. A bankers e consulenti (nota il mio perfetto inglese) dico di chiamarmi Rossi, imprenditore Mario Rossi. Ho una piccola impresa (il capannone abbandonato di papà) che produce tappi di sughero come tante altre piccole aziende che stanno nel Nordest. Devo fare lo scudo ai miei 2 milioni ripartiti, peraltro, in titoli di stato italiano ed esteri, americani in particolare. L’intermediatore della banca mi ha dato una dritta. “Meglio vendere i treasury bond americani – mi ha detto – perché ogni transazione con dollaro passa necessariamente attraverso una banca degli Usa. Questa intermediazione lascia tracce in base alla normativa antiterrorismo. E si sa, meno tracce si lasciano, meglio è”. La banca, inoltre, non è attrezzata per il rimpatrio degli immobili, soprattutto se intestati a persona fisica, e in questi mesi mi ha assicurato di non avere mai ricevuto una richiesta del genere. Il consiglio, in sostanza, è di lasciare perdere la casa. I costi? La banca non mi ha chiesto commissioni per fare la pratica, le cifre scudate andranno su un conto corrente infruttifero, si pagano solo i bolli, 70 euro l’anno, e le imposte dovute. Geniale.

Lunerdì, 23 novembre 2009 – Caro diario, oggi è stato il gran giorno. Sono stato nuovamente in banca. Ho incontrato il consulente anzi, sfoderano un perfetto british, il “consultant”. Gli ho subito detto: “Ho una quota di un hedge found, un improvvido investimento di alcuni anni fa”. Lui, “very professional”, mi fa: “ha chiesto quali sono le condizioni di uscita, se ci sono sbarramenti alla vendita, quali le finestre previste”. Io al momento non ricordavo… allora lui mi ha detto: “Si faccia dare tutti gli elementi dalla sua banca a Nassau, poi me mi occuperò io di queste noiose pratiche. Ma attenzione: non attraversi la frontiera con documenti in mano. Non è sicuro, soprattutto in questo periodo”. Messaggio recepito. E poi dicono che le banche non curano i clienti. Alla fine il “consultant” mi ha consigliato di fare una bella polizza “di favore”, dal costo peraltro irrisorio, sotto i cieli tersi d’Irlanda. Da Nassau a Dublino, via Milano, quindi. N’è valsa, tutto sommato, la pena. Adesso, però, si è fatto tardi. Caro diario ti lascio, ma con un invito alla riflessione. L’Italia deve cominciare a ritrovare una sua normalità. Adesso basta con questi scudi fiscali! Prima ho dimenticato di dire che il capannone di papà sorge su un terreno abusivo a destinazione agricola. Dopo la finanza, non sarebbe l’ora di favorire pure la produzione creativa? Su, caro governo, ancora un piccolo sforzo. Un bel condono edilizio, magari “tombale” e, anche in questo caso: “Les jeux sont faits”.

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