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L’Ue si scaglia contro il nostro debito. Cosa farà adesso Tremonti?

e proporre una seria lotta all'evasione fiscale, no eh? Eppure con le tecnologie attuali ci vorrebbe un niente a scovare l'evasore. Evidentemente è solo questione di volontà politica....
e perchè non andare finalmente a recuperare un pò di soldi attraverso la tassazione delle tante, troppe, rendite finanziarie e immobiliari che stanno parassitando l'Italia?

Fonte: http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=48347


Tre anni di proroga. “Il più rapidamente possibile e al più tardi entro il 2012”, l’Italia dovrà riportare il deficit entro il limite massimo del 3% del Prodotto interno lordo. È questa la raccomandazione che la Commissione europea sta per adottare sui conti pubblici italiani, così com’è stata anticipata lunedì dall’Ansa.

La Commissione pare intenda anche stabilire la data a partire dalla quale la manovra correttiva sui nostri conti pubblici dovrà iniziare: il 2 giugno 2010, indicando fin da allora le linee guida di «un'azione efficace per attuare le misure di bilancio» già programmate per il 2010 e «indicare le ulteriori misure che saranno necessarie per la correzione del deficit eccessivo».

Se tutto questo verrà confermato, e non c’è ragione di dubitarne, si apre per la finanza pubblica italiana una fase durissima. Per ricondurre il deficit entro quel “tetto” - appunto, il 3% del Pil - la spesa pubblica andrà sacrificata ai livelli dell’“austerity” del ‘97-‘98, quando il nostro Paese si giocò il tutto per tutto per rientrare nel novero ristretto degli Stati aderenti alla prima fase dell’euro.

Solo che in quel biennio lo sviluppo dell’economia ci aiutò, facendo crescere il Pil e quindi i redditi e generando un buon prelievo fiscale. Ma si sa già che anche l’anno prossimo, il 2010, sarà un anno gramo sul versante della crescita economica e quindi delle entrate tributarie. E allora, dove andrà Tremonti a reperire le risorse finanziarie necessarie per riportare in linea quel 3%?

Non potrà che tagliare e tagliare, qua e là. Spesa corrente ma anche investimenti. Pensioni, welfare. E perfino alcune delle grandi “partite nazionali” che proprio nei giorni scorsi il Cipe aveva sbloccato - dal Ponte di Messina alla Pedemontana o alla Tangenziale esterna o alle nuove metropolitane di Milano - rischiano di restare senza fondi nei prossimi anni. A meno di un improbabile “boom” del prodotto interno lordo. Oppure…

Oppure, permettiamoci un po’ di fanta-economia. Si sa che una voce pesantissima sui nostri conti pubblici è il costo degli interessi sul debito. I calcoli sono presto fatti. Oggi la “montagna” del debito pubblico italiano (tutti i titoli di Stato in circolazione) è di ben 1.750 miliardi di euro, ovvero due milioni e mezzo di miliardi di vecchie lire, pari al 107% del Pil.

Il costo medio di questi soldi è del 2% netto all’anno, per lo Stato, come dire la bellezza di 35 miliardi di euro soltanto per pagare gli interessi: e quelli vanno pagati comunque. Ora, se il rapporto tra tutte le spese pubbliche e le entrate fiscali è oggi in deficit per un valore pari a circa il 5% del Pil (quindi circa 80 miliardi di euro), ne consegue che lo Stato dovrebbe recuperare la bellezza di 65-70 miliardi di euro, nei suoi conti! In parte, 35 miliardi, per continuare a pagare gli interessi sul debito, e in parte per ridurre il deficit. E come ci potrà mai riuscire?

E non basta: bisogna anche ridurre la montagna del debito pubblico, sempre per tener fede ai parametri europei, e per riuscirci non ci si può limitare a pagare gli interessi, ma bisogna rimborsare debito senza emetterne di nuovo, quindi occorre che il bilancio dello Stato produca un miglioramento del saldo, rispetto ad oggi, di circa 100 miliardi all’anno, perché con una parte di questi soldi si pagano gli interessi dei titoli di Stato, con una seconda “fetta” si rimborsano titoli senza emetterne di nuovi e con l’ultima fetta si riconduce il deficit sotto il 3% del Pil. E dove andremo a prendere tanti soldi?

Ebbene, forse una strada politica esiste, ma chissà se il governo avrà la forza di tentarla. La nostra montagna di debito, la terza al mondo per entità assoluta e la settima nel rapporto col Pil, ha una peculiarità “migliorativa” che la distingue dai debiti di molti altri Paesi. Cioè, per la maggior parte - chi dice l’80%, chi si ferma al 60%, non è chiaro - questo debito appartiene a cittadini italiani. Quindi è un debito “buono”, perché gli interessi che lo Stato paga a questi cittadini restano “dentro” la nostra economia, e non vanno al di fuori di essa.

Ebbene: non sarebbe possibile, poiché logico lo è di certo, chiedere una deroga all’Europa per poter considerare questa nostra peculiarità virtuosa e trattare sia il nostro debito che il nostro deficit “al netto” della quota che si alimenta all’interno del sistema, ovvero con i risparmi degli italiani?

Se si riuscisse in una riforma così difficile, d’incanto la nostra situazione migliorerebbe. E l’economia reale italiana se ne gioverebbe. Diciamo pure che se lo meriterebbe. Chissà se il Tremonti 2009 avrà mai la forza per tentare un simile volo. Quello di sei o sette anni fa l’avrebbe forse tentato. Oggi, non è dato saperlo.

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