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giovedì31 marzo
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Fukushima. "Meno di Chernobyl"? Sì, purtroppo molto "meno".

di debora Billi


Le autorità sovietiche iniziarono ad evacuare la popolazione dell'area circostante Černobyl' 36 ore dopo l'incidente.
Nel maggio 1986, circa un mese dopo, tutti i residenti nel raggio di 30 km dall'impianto, circa 116.000 persone, erano stati trasferiti. (Wiki)
Io ricordo molto bene l'immenso quantitativo di fango che fu riversato sulle autorità sovietiche nel 1986. Li si chiamò omertosi, si disse che se ne erano fregati dei loro istessi cittadini, che avevano lasciato per quasi 24 ore la popolazione esposta alle radiazioni, che una tale lentezza e un tale riserbo erano spiegabili solo con l'infausto regime dittatoriale russo, e che mai e poi mai in un Paese democratico si sarebbe gestita in tal modo una crisi nucleare.
Adesso abbiamo la controprova. Abbiamo tutti ogni giorno sotto il naso come un Paese democratico si occupi dei propri cittadini e come gli altri Paesi democratici gli stiano tenendo bandone. Riporta oggi Reuters:
Giappone sotto pressione per estendere zona evacuazione. Cresce la pressione sul governo giapponese oggi perché venga estesa la zona evacuata intorno alla centrale.
Sia l'agenzia Onu per il nucleare che l'agenzia giapponese per la sicurezza nucleare dicono che il governo dovrebbe considerare la possibilità di estendere la fascia di 20 chilometri dopo che un'alta radioattività è stata trovata a 40 chilometri dall'impianto di Fukushima Daiichi.
Sono passati 20 giorni dal disastro, la centrale continua ad emettere radiazioni, si trova in una situazione al momento definita "incontrollabile", ed ecco che gli organismi internazionali sono ridotti a supplicare il Giappone perché porti via la gente.
Yukio Edano, segretario di gabinetto giapponese, non ha detto nulla riguardo alla possibilità che il governo estenda la zona di evacuazione. "Al momento non abbiamo ragione di pensare che le radiazioni avranno un effetto sulla salute della gente", ha detto Edano incontrando la stampa.
Forse potrebbe chiedere informazioni ai "sovietici", che a distanza di 25 anni ora paiono persino brillare per tempestività e competenza. L' Aiea sostiene che le radiazioni nel villaggio di Iitate, 40 chilometri dalla centrale, sono superiori a quelle che fanno scattare l'evacuazione: eppure si continua col tutto va bene madama la marchesa, niente panico e non fate gli allarmisti.
E gli altri "Paesi democratici", cosa fanno? Denunciano a gran voce e con fermezza questo stato di cose? Stigmatizzano senza pietà il comportamento giapponese che lascia esposti alle radiazioni i suoi istessi cittadini? Ma neanche per sogno. Si parla di Fukushima dopo le ricette di cucina, e solo per dire che non c'è problema, tanto è "meno di Chernobyl".
Così finalmente comprendiamo che la burocrazia ottusa e "il bene del Partito" sono stati prontamente sostituiti da politici incapaci, una stampa corrotta e dall'interesse dell'industria nucleare. Vorremmo trovarci nel regime sovietico durante un incidente in una centrale? O vorremmo trovarci in un Paese "democratico"?
Con due opzioni del genere, vorremmo sicuramente trovarci su Marte.

dal sito http://crisis.blogosfere.it

sabato19 marzo
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Coerenza di governo


giovedì17 marzo
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L’incredibile Kikko

di Alessandro Robecchi

Credere a quello che dice Kikko Testa era, fino a ieri, una missione disperata. Da oggi è una missione impossibile. Venerdì sera, mentre il reattore nucleare di Fukushima preoccupava il mondo, Kikko era in tivù a dire: tutto sotto controllo. Ieri mattina, mentre le agenzie giapponesi parlavano di un’esplosione nella centrale nucleare, con distruzione della gabbia protettiva del reattore e rilevazioni di cesio radioattivo, sul sito del Forum Nucleare (presidente Kikko Testa) il titolo era questo: “La centrale di Fukushima è sotto controllo”, corretto da un timido aggiornamento solo a metà giornata. Fortuna che Kikko è giovane e giovanile. Fosse più anziano avrebbe potuto tranquillizzare le popolazioni del Vajont (state sereni, due gocce d’acqua). Ma a quest’uomo così ottimista, uno che sul Titanic avrebbe chiesto all’orchestra di continuare a suonare e ordinato a gran voce altro champagne, dobbiamo dei ringraziamenti. Grazie a Kikko sappiamo esattamente cosa succederebbe qui se avessimo le centrali nucleari. Non sapremmo niente.
In un paese in cui un semplice sacchetto della monnezza pare un problema insormontabile, le scorie nucleari sarebbero presentate come caramelle inoffensive (cosa peraltro già fatta nello spot ingannevole del Forum Nucleare, sospeso dal giurì per manifesta paraculaggine). In caso di incidente, Kikko ci direbbe che va tutto bene, tutto è ok, sotto controllo, senza rischi, beviamoci sopra e non pensiamoci più. Con una semplice apparizione in tivù, Kikko ci ha spiegato perfettamente come la menzogna sui rischi sia connaturata agli interessi dell’industria nucleare, come un buon affare valga più della vita e della salute della gente anche per più generazioni. A quest’uomo elegante e pacato dovremmo dire grazie per la volonterosa pervicacia con cui ci aiuta a non credergli, nemmeno per un minuto.

dal sito http://www.alessandrorobecchi.it

giovedì17 marzo
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Chiediamo aiuto al nostro presidente!

“su quella vicenda ho visto cose allucinanti. Io non ho mai pagato una donna in vita mia. E poi può mai essere possibile che uno paghi con dei bonifici bancari una prestazione sessuale? Ma dove si è mai visto? Io sono come una Caritas quotidiana. Pago interventi chirurgici, il dentista, le tasse universitarie a tutti coloro che ne hanno bisogno. Sono in grado di farlo e sono felice di poterlo fare. Alcuni di quei bonifici servivano a pagare il mutuo ai genitori di una ragazza. Dei signori in difficoltà. È chiaro che queste persone sono anche attirate dal fatto che io sono una persona con certe possibilità. Ma io ho sempre aiutato e l'ho fatto anche con tante altre persone" (Repubblica.it)
E come non dargli torto? basta leggere l’ elenco di bonifici (prestiti infruttiferi) “devoluti” generosamente alle prosperose ragazze elencate qui sotto per capire con che persona di cuore abbiamo a che fare!

- 115 mila euro a Alessandra Sorcinelli (ex Meteorina, che due anni prima , 16 aprile 2008, riceveva in regalo una Land Rover modello Range Rover Sport 3600 cc, da quasi 74 mila euro)
- 100 mila euro a Angela Sozio (la roscia ex Grande Fratello, definita tra le “preferite” del premier).
- 50 mila euro a Maria Alonso Adelina Escalona .
- 40 mila euro a Valentina Costanzo (ex Grande Fratello).
- 36 mila euro a Mariagrazia Veroni.
- 32 mila euro a Anna Restivo.
- 31 mila euro a Astrid Konstanze Girth e Nicole Minetti (ex igienista dentale di Berlusconi, ora consigliere regionale)
- 30 mila euro a Albertina Carraro e Erminia Salmieri.
- 20 mila euro a Anna Palumbo (la mamma di Noemi Letizia, la minorenne del discusso compleanno dove partecipò Berlusconi).
- 19 mila euro a Beatrice Concas .
- 17 mila euro a Eleonora Gaggioli (attrice e quasi candidata del Pdl alle Europee, prima che tutto saltò per il «ciarpame» della lario).
- 6 mila euro a Monica Cheorleu.
- 5 mila euro a Sabrina Valentina Frascaroli.
E visto il momento di dura crisi del paese, non mi lascerei scappare la ghiotta occasione! Non arrivi a fine mese? Non riesci a pagare la bolletta del telefono? Non riesci a pagare la rata dell’università? Vuoi farti un ritocchino al seno? O al naso? Devi andare dal dentista? Hai difficoltà a pagare il mutuo?
Se non sai come fare e non hai la possibilità di effettuare queste piccole “spese”, allora chiama il nostro generosissimo presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi … non esitate, non temete, non fatevi scrupoli! !!!!!!!! Lui è un uomo generoso!!!!  Lui è “come una Caritas quotidiana”  … contattalo!!!!!!
Questa è la sua email: berlusconi_s@camera.it
O se preferite scrivetegli direttamente dal sito della Camera cliccando QUI.

dal sito http://www.stopcensura.com

giovedì17 marzo
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Non ho paura delle centrali nucleari, ma degli italiani

di Metilparaben

A prescindere dalle considerazioni sulla loro effettiva utilità, l'idea che in Italia vengano installate delle centrali nucleari mi terrorizza; e non tanto, o non solo, per il rischio che un giorno o l'altro succeda una catastrofe come in Giappone: del resto ci sono impianti potenzialmente pericolosi a pochi passi dai nostri confini, e se accadesse qualcosa a quelli le conseguenze sulla nostra incolumità sarebbero ugualmente gravi.
Quella che mi precipita dritto dritto nello sgomento è un'altra considerazione: niente, ma proprio niente, mi autorizza a confidare che quelle centrali, una volta costruite, verranno gestite in base a criteri diversi da quelli con cui nel nostro paese viene gestito più meno tutto il resto.
Provate a fare mente locale: cricche, amici degli amici, infiltrazioni mafiose e camorristiche, scorie radioattive interrate nei campi in cui ruminano le mucche, appalti per la manutenzione attribuiti senza la minima trasparenza, favori, controfavori, raccomandazioni, volemose bene e compagnia cantando.
Abbiamo già avuto modo di ammirare gli splendidi esiti di questo edificante modo di procedere in più di una circostanza: alluvioni che hanno spazzato via case costruite dove non si sarebbe dovuto grazie a concessioni rilasciate a forza di mazzette, terremoti che hanno polverizzato interi palazzi tirati su con la sabbia, edifici pubblici crollati da un momento all'altro perché chi doveva controllare la loro agibilità non l'aveva fatto, o l'aveva fatto chiudendo un occhio, magari lubrificato da una quantità di liquido sufficiente a mettergli in pace la coscienza.
Potrei continuare, evidentemente, elencando puntigliosamente il vivamaria di tragedie dovute al malaffare, alla corruzione e alla degenerazione delle istituzioni che hanno punteggiato la storia recente del nostro paese: ma credo che il concetto sia chiaro, così come dovrebbe essere chiaro il fatto che quando si gioca con la fusione dell'atomo il rischio che si corre è quello di moltiplicare quelle tragedie per cento, per mille, per diecimila.
E' per questo che mi terrorizza l'idea di installare delle centrali nucleari in Italia: non tanto, o non solo, perché temo un'imprevedibile catastrofe, quanto perché ho una paura fottuta dei prevedibilissimi metodi italiani.

dal sito http://www.metilparaben.blogspot.com

giovedì17 marzo
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Nucleare: porci domande o porci comodi?

di Michele Dotti


Di una cosa sono certo: è sempre un bene continuare a porci domande, a prescindere dal fatto di poter trovare subito le risposte o meno.

Anzi, forse è meglio non trovarle affatto!!! Il dubbio infatti alimenta la curiosità e fa progredire la conoscenza, mentre le certezze la paralizzano.

Chiediamoci allora seriamente:
- come produrre occupazione stabile?
- come salvaguardare l'ambiente, anche per le future generazioni?
- come evitare disastri, prevenendoli prima di arrivare alle emergenze?

Qualche giorno fa, in un mio articolo ho provato a rispondere a queste domande, senza alcuna pretesa di esaustività ma semplicemente per cercare di offrire un piccolo contributo costruttivo e andare oltre le sterili polemiche a cui spesso assistiamo su questi temi.

Le domande rimangono comunque aperte e le risposte vanno cercate tutti
insieme. Tuttavia, mentre noi ci poniamo queste domande e riflettiamo con pazienza sulle possibili risposte, c'è chi  si muove con molta più disinvoltura.

Grazie al Decreto Romani che taglia gli incentivi per il fotovoltaico 120.000 occupati rischiano di rimanere a casa; si tratta di oltre 1.000 imprese a rischio chiusura, per un ammontare di 13 miliardi di investimenti già effettuati che potrebbero andare in fumo.

Un po' come chiudere la FIAT con un decreto. Senza contare poi il danno ambientale...

E tutto questo per che cosa???

193236364-6268dc57-cac9-42d6-8386-f2d21b05a6c3.jpgMi pare legittimo il sospetto che sia semplicemente per l'interesse di pochi, che vogliono continuare a proporre sfrontatamente il nucleare, nonostante tutto e tutti.

Non è forse sufficiente quello che sta succedendo in Giappone?

Cosa deve succedere ancora perché si possa dire che il nucleare è una pura follia, da tutti i punti di vista?

Il nostro governo sostiene che occorre con urgenza rendersi indipendenti dai combustibili fossili e ridurre il costo dell'energia.

Peccato però che i nuovi impianti che si vorrebbero costruire sarebbero forse produttivi soltanto tra 15 anni; e per la "modica cifra" di trenta miliardi di euro, coprirebbero solo il 4% del nostro fabbisogno energetico.
Senza neppure ridurre i costi, oltretutto.

6739-1.jpg
E' davvero questa la strada da intraprendere per il nostro futuro? Non sarebbe già sufficiente un serio piano di risparmio energetico per andare oltre questa percentuale?

Continuiamo a porci domande, dunque, come sano antidoto per contrastare quanti continuano ostinatamente e sfacciatamente a farsi i propri porci comodi.

Per approfondire questo tema vi consiglio di continuare a leggere qui di seguito queste interessanti analisi di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento.


Quattro idee sul nucleare
.
di Mao Valpiana
..
1.. Le centrali nucleari forniscono energia elettrica. In Italia non ne abbiamo bisogno: negli ultimi anni la potenza installata è aumentata, mentre la domanda è diminuita: la domanda è
di circa 60 GW (gigawatt). La potenza elettrica installata in Italia all’inizio 2010 è pari a 94 GW. Quindi non c'è nessun bisogno reale di nuova energia elettrica (per trasporti e riscaldamento usiamo petrolio o gas).

2.. Si dice che le centrali nucleari ci garantiranno l'indipendenza energetica. Falso. Le centrali utilizzano come combustibile l'uranio. Le principali miniere di uranio sono in Australia e in Africa, oggi sotto controllo cinese, o in Ucraina, Uzbekistan, Kazakistan, oggi sotto controllo russo. Quindi il nucleare è una fonte che crea dipendenza da Cina o da Russia.

3.. Ma quanto costa l'energia prodotta dalle centrali? Troppo. Il costo Kwh (kilowatt/ora) del nucleare è maggiore di  quello di ogni altra fonte (i costi ufficiali in centesimi di dollaro sono: nucleare: 10,2 – eolico: 9,9 – carbone: 9,8 – gas: 8,2 ), questo perchè oltre agli investimenti per la costruzione di una centrale, bisogna calcolare anche il costo di smantellamento, che può persino raddoppiare.

4.. Il governo italiano ha previsto 4 nuove centrali nucleari, con un costo di 30 miliardi di lire. Queste 4 centrali, se tutto va bene, entrerebbero in funzione fra 15/20 anni, e produrrebbero il 5% dell'energia nazionale. E' del tutto evidente la sproporzione tra investimento e risultato. Il 5% è quanto si può ottenere da subito con una seria politica di risparmio e di efficienza degli impianti già esistenti.

Bastano queste 4 cifre per dimostrare che il nucleare in Italia non ha senso e serve solo ad assicurare affari ad un ristretta lobby. A questo aggiungiamo che il governo propone il nucleare senza aver presentato al paese un serio piano energetico (fabbisogno, previsioni, consumi, costi, ecc.) e che il problema delle scorie radioattive non è ancora stato risolto.

La conclusione è semplice, ed è la stessa di tanti anni fa: Energia nucleare? No, grazie.

dal sito http://micheledotti.myblog.it

giovedì17 marzo
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la truffa del costo del nucleare

di Paolo de Gregorio

Siamo obbligati a prepararci per il referendum “nucleare sì, nucleare no” e, se si vuole fare una campagna efficace, non bisogna mettersi in mano ai cosiddetti esperti, ma bisogna battere solo su quei punti dove i nuclearisti non sono in grado di dare risposte.
Sulla questione “sicurezza”, malgrado la catastrofe giapponese, possono sempre dire che le moderne centrali, quelle di terza generazione, sono supersicure, ed è impossibile smentirli.
-Sulla questione economica, dove si afferma che il nucleare è competitivo, bisogna pretendere che nel bilancio che fissa il costo del kilowatt prodotto dall’atomo, si comprenda il costo dello smantellamento delle centrali (dopo 40 anni di servizio), il costo dello stoccaggio delle scorie e il costo della custodia per varie migliaia di anni dei siti che ospiteranno questi rifiuti speciali.
Senza queste voci parlare di costi competitivi è una truffa.
-Per quanto riguarda la barzelletta che il nucleare ci dà una parziale indipendenza energetica, ciò è palesemente falso, in quanto il combustibile (l’uranio) proviene da paesi stranieri, è scarso, è soggetto ad esaurimento, il suo prezzo è in continuo aumento. Tutto ciò crea una totale dipendenza, come è oggi per il petrolio e il gas, mentre per le rinnovabili il sole e il vento sono gratis, e a disposizione per qualche miliardo di anni.
-Dobbiamo pretendere di conoscere quale compagnia di assicurazione nazionale o internazionale è disposta ad assicurare questi impianti, cosa assai difficile, ma nel caso si trovasse un istituto disposto, quale sarebbe l’importo, che andrebbe sommato al costo del kilowatt.
Mettiamoci in testa che se dovremo fare una campagna referendaria (da accorpare alle elezioni amministrative) è questo il giusto metodo di parlare a tutti, ai pensionati, alle casalinghe, a quella maggioranza di italiani la cui unica fonte informativa è la Tv, ricordando loro che, sulla nostra bolletta (ben mimetizzata) stiamo già 20 anni pagando una quota che dovrebbe servire a smantellare le vecchie centrali. Una vacca grassa che viene munta, senza, peraltro, aver risolto il problema dello smantellamento e della messa in sicurezza.
Siamo già un paese a rischio nucleare, per la mancata messa in sicurezza delle centrali fermate nel 1987.
La nostra incapacità a risolvere i problemi è già drammatica, non sommiamo problemi a problemi. Le strade alternative ci sono, dalla riduzione degli sprechi, a tetti fotovoltaici su ogni capannone industriale e agricolo, da finanziare con i costi previsti per il nucleare, in modo da avere una reale autosufficienza energetica per tutto il nostro piccolo e medio sistema produttivo.

giovedì17 marzo
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UNA QUESTIONE FONDAMENTALE!


Sono in molti gli illuminati accademici che quotidianamente ci raccontano che i prezzi dei mercati riflettono i fondamentali, la dinamica della domanda e dell'offerta, dalle azioni alle materie prime, che si tratti di materie prime cerealicole o di petrolio.

Date un'occhiata a quanto è accaduto ai prezzi del grano e del mais!



Se qualcuno è in grado di raccontarci per quale motivo i prezzi  del grano e del mais siano collassati gliene sarei grato. Certo è tutto una questione di natura fondamentale, lo tsunami in Giappone ha cancellato i raccolti ... si certo, peccato che in Giappone va di moda il riso!

Al di la della mia ironia, in realtà ogni istante della vostra eventuale speculazione su queste materie prime o altre, presuppone la difficoltà o la morte per milioni di esseri umani.

Ma non illudiamoci dall'altra parte sciacalli ed avvoltoio non mancano, gente che scannerebbe la propria madre.

In settimana, Larry Kudlow della CNBC, uno dei poveri esaltati che lavorano per le televisioni finanziarie americane, ha sottolineato che tutti dobbiamo essere grati perchè il costo umano del devastante terremoto giapponese sembra essere peggiore del bilancio economico.


"The human toll here looks to be much worse than the economic toll and we can be grateful for that," Kudlow said as he discussed the quake's impact with fellow anchors Melissa Francis and Trish Regan on CNBC's "The Call" Friday morning.  "And the human toll is a tragedy, we know that, but these markets, all these markets, right, stocks, commodities, oil, gold, there is no major breakout or breakdown and I have to look at that positively." Latimesblog 

Il costo umano è una tragedia, lo sappiamo, ma questi mercati, tutti questi mercati, azioni, materie prime, petrolio, oro, non vi è un importante rottura al rialzo o al ribasso e bisogna guardare a questo in modo positivo.


"In these tough economic times, isn't it nice to know that calamitous natural disasters needn't have an adverse affect on your investment portfolio?"

...In questi tempi di crisi economica, non è forse bello sapere che le catastrofi naturali, non necessariamente hanno un effetto negativo sul vostro portafoglio...ha postato Jaime Lalinde su sito web di Vanity Fair's.


In serata il buon Larry ha chiesto scusa è stato frainteso...

Attenti ragazzi questo branco di esaltati ci sta fottendo il futuro e qualcuno sta già pensando agli effetti economici positivi di una bella guerra! Meditate gente meditate!

sabato12 marzo
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Il rischio di una Chernobyl giapponese

di Barbara Cloro


Forse non tutti sanno che dal 1986, anno in cui si verifico’ la catastrofe di Chernobyl, il nucleo incandescente del reattore è ancora acceso. Non c’era il cosiddetto “guscio di contenimento” (che c’è nelle centrali piu’ recenti, per esempio in quella di Fukushima1 che oggi sta sotto pressione e a rischio esplosione se già non è esplosa. Update: è esplosa), per cui a furia di colate di argento, cemento ed altre sostanze atte ad isolarlo, s’è ottenuto il risultato di farlo andare nelle profondità del terreno, ma non di spegnerlo completamente.



Per cui ad oggi, la zona dell’incidente è sottoposta ad incredibili controlli: nell’intera area prossima  alla macchina del disastro: in un raggio di 70 km dalla centrale, è vietato viverci, ci si può entrare solo con uno speciale permesso, e bisogna sottoporsi anche ad analisi mediche.
Ma l’Italia non ha imparato la lezione di Chernobyl, anche se decine di migliaia di italiani che non si sarebbero ammalati di cancro sono invece morti per le radiazioni di cui Chernobyl li ha imbottiti. Un governo come il nostro, in cui la corruttela si aggancia agli interessi della mafia locale e internazionale, ha già deciso che -in nome di un disonesto concetto di “sviluppo”- le centrali nucleari debbano essere costruite sul nostro suolo.
Oggi spero vanamente che la lezione giapponese valga qualcosa anche per i piu’ imbelli sostenitori del berlusconismo. Il giappone ha sempre investito moltissimo, dagli inizi del XX secolo, nella tecnologia urbana che previene e rimedia agli eventuali danni dei terremoti. I giapponesi vivono la realtà di una scossa media ogni settimana e -con precisione da “cerimonia del te’” – hanno costruito realtà abitative e lavorative antisismiche. Ciononostante, sono stati colti di sorpresa dallo tsunami e -con ancora piu’ incognite, perchè lo tsunami arriva e passa e chi c’è c’è- dal malfunzionamento delle centrali nucleari. Il Giappone ne ha 56 e almeno 8 sono state danneggiate dal terremoto, stavolta molto piu’ “performante” della media giapponese, seppure elevata.



Di queste 56 centrali, 2 (Fukushima1 e Fukushima2) sono a rischio esplosione perchè, essendosi fermato il motore che governa l’impianto di raffreddamento, il calore del nucleo (che è quello che a Chernobyl, dall’86 non hanno ancora spento) ha creato una pressione inenarrabile ed infatti alle 11,29 di sabato (12,03,011) non si puo’ piu’ nascondere che la centrale è esplosa.



Non mi pare vi siano altri argomenti necessari a decidere di essere idealmente contro un futuro fatto di centrali nucleari in Italia. Paese che non ha nè la precisione giapponese (non vorrei fare un discorso autorazzista, ma il nostro spengleriano “spirito di popolo” è tanto potente nell’arte di arrangiarsi quanto è incorreggibile nel porre l’approssimazione al potere) nè la rettitudine di quella gente per cui per essersi presentato un po’ brillo ad una riunione importante, un ministro ha dovuto dimettersi. Da noi i politici non si dimettono nemmeno se vi sono indizi che siano serial killer.
In Giappone, i ministri coinvolti in scandali che per la loro cultura sono intollerabili  arrivano a suicidarsi perchè hanno ancora un concetto di “onore” e di “disonore”. Da noi, in Italia, i politici al potere li dovresti mandare via a martellate, e invece ci sono – nei forum de “Il Giornale” o di “Libero”- sedicenti “fascisti” che li difendono e li vogliono lì, al “loro posto”. Non importa che siano stati amici di Mangano o che abbiano caldeggiato la strage di due magistrati come Falcone e Borsellino.
Chiudo con una nota nostalgica personale.
Negli anni ’80 ero una ventenne socievole e sempre di buon umore. All’università (il periodo migliore della mia vita) avevamo un amico, un clochard italiano divenuto tale dopo la fuga da genova e dalle grane che aveva avuto per la sua partecipazione alla rivolta dei portuali. Una persona anziana che viveva lavando vetri di negozi e grandi magazzini del centro di Milano. Si spostava con un immenso 125 vespa tappezzato di adesivi “NO NUKES” in tutte le lingue.

.

Io (e il mio ragazzo di allora, che poi è diventato padre delle mie figlie) lo prendevo per il culo. Lo si chiamava “no gnuc”, completamente sottovalutando lo spessore e l’importanza della battaglia che portava avanti col suo sussistere veramente alternativo (allora viveva in una casa occupata con altra gente, a piu’ di 50 anni).
Oggi- che ho appena compiuto 50 anni- rido di tenerezza e di scoraggiamento a pensare a quanto ero scema e felice a quel tempo. Soprattutto pensando a quanto mi sentii fiduciosa nell’appartenenza umana, quando appresi del risultato italiano del referendum del 1987, quando compatti e in altissima percentuale, noi italiani votamo NO AL NUCLEARE. Votammo cosi in maggioranza e non mettemmo alcuna scadenza a quella decisione. Avevamo, per persuasione oggettiva o per paura, ipotecato ad libitum il nostro futuro, rappresentandocelo senza il nucleare. Fa piacere vedere che “in democrazia” non è stato così. Era una cosa che solo “credevamo” di aver deciso e invece era ancora da cambiare, come l’idiozia dei 20 anni che è stata abbandonata, mentre invece la battaglia sul nucleare è ancora da ripetere…. a distanza di 25 anni.
ps posto un video di un concerto dal vivo dei Kraftwerk, “radio activity”, perchè secondo me trasmette la giusta ed educativa inquietudine antinuclearista a questa massa improbabile di pecore che confidano nella bontà delle scelte di berlusconi e c. mettendogli in mano una decisione cosi’ nevralgica per cio’ che possiamo considerare “un’idea di futuro”. Un’idea andata mi sa, come un ortaggio marcito.

dal sito http://www.cloroalclero.com

sabato12 marzo
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L'abbraccio nucleare è un abbraccio di morte.

di Marco Cedolin

In Giappone il violentissimo terremoto di ieri ha creato un inferno apocalittico degno dei peggiori film catastrofici. Un inferno dove gli impianti petrolchimici bruciano rendendo nero il cielo, i depositi petroliferi riversano il greggio in mare, i viadotti crollano, le superstrade vengono inghiottite dalle voragini apertesi nel terreno le linee ferroviarie ultramoderne si accartocciano come fogli di carta dentro ad un caminetto, le dighe cedono di schianto creando nuovi Vajont. I mentori dell'onnipotenza tecnologica si ritirano nelle loro tane, i notiziari raccontano migliaia di vittime il cui computo sarà purtroppo destinato ad aumentare in maniera esponenziale con il passare delle ore.
Le centrali nucleari vacillano e quella di  Fukushima esplode in una nube bianca che potrebbe costituire il prodromo di una tragedia radioattiva della gravità di quella di Chernobyl.
La società del progresso tecnologico si ritrova spogliata ed in stato di shock, di fronte alla forza di quella natura che pretenderebbe di dominare. Una natura tanto più pericolosa in quanto violentata e profondamente minata nei suoi equilibri.
Le centrali nucleari vacillano e mostrano ancora una volta inequivocabilmente i termini di una scelta sbagliata, drammatica, demenziale ed assassina, ricordandoci che siamo seduti sopra ad una bomba di cui si è persa traccia della spoletta d'innesco.

Nel mondo sono attive circa 440 centrali nucleari. La Francia da sola ne possiede 80, la Spagna 9, la Svizzera 5 e la Germania una ventina, solo per citare i paesi a noi più vicini.
Ognuna di esse oltre a rappresentare una grave fonte di radiazioni per il territorio circostante, potrebbe essere causa di una catastrofe di proporzioni inenarrabili, nel caso si verificasse un incidente, un attentato o un intenso movimento tellurico come quello verificatosi in Giappone.
Ognuna di esse produce tonnellate di scorie radioattive che resteranno attive per un periodo che va dai 20 ai 150 mila anni. Scorie completamente ingestibili, poiché risulta materialmente impossibile determinare la sicurezza dei siti di stoccaggio delle stesse, dovendo ragionare su grandezze temporali nell’ordine delle decine di migliaia di anni….


Una pesante eredità fatta di veleni e di morte, che lasceremo in dono alle generazioni future, simile ad una spada di Damocle, sospesa nei secoli a venire sopra le loro teste.
Se a tutto ciò aggiungiamo da parte dei governi, la sempre più spiccata propensione ad affidare sia la costruzione che la gestione delle centrali nucleari ad imprese private come già avviene in Giappone, le quali sono interessate solo ed unicamente al proprio tornaconto, quello che traspare è un quadro a tinte fosche, potenzialmente pericolosissimo ed i cui contorni si perdono nell’imponderabile.

Dal 1945 ad oggi sono state oltre 2000 le esplosioni atomiche messe in atto per sperimentare nuovi ordigni nucleari. Se ne annoverano 1039 da parte dei soli Stati Uniti.
Impossibile determinare la gravità della ricaduta radioattiva conseguente a tali esperimenti, anche a causa dell’omertà di buona parte del mondo scientifico, asservito ai grandi poteri.
I dati riguardanti i casi di tumori e leucemie, aumentati negli ultimi 50 anni in maniera esponenziale, dovrebbero essere da soli bastevoli a far comprendere la grandezza del problema dell’inquinamento nucleare.
Nonostante ciò in campo medico i pericoli per la salute dell’uomo, indotti dalle ricadute radioattive, continuano ad essere colpevolmente sottaciuti, mentre si cerca di mistificare le reali cause di tumori e leucemie, imputando il loro ingenerarsi a colpevoli di ogni genere, la maggior parte dei quali assolutamente improbabili.

Dal dopoguerra ad oggi sono stati 32 gli incidenti, ufficialmente dichiarati dalle autorità, provocati da armi nucleari.
I mari del mondo sono assurti al ruolo di vere e proprie pattumiere nucleari. Basti l’esempio del Mediterraneo, già teatro nel 1956 dell’inabissamento di un bombardiere statunitense B- 47, con due capsule nucleari a bordo e divenuto discarica, in tempi più recenti, per centinaia di bombe all’uranio impoverito, sganciate nell’Adriatico da aerei americani durante la guerra in Kosovo.
Naturalmente, come sempre accade quando si tratta d’inquinamento nucleare, nessuno si è preoccupato di approfondire le conseguenze di tali situazioni sulla salute di tutti noi, che consumiamo i prodotti ittici e pratichiamo la balneazione.

Un caso su tutti, che ritengo esaustivo per meglio comprendere la ferale pericolosità dell’inquinamento radioattivo, è quello della città di Mayach, negli Urali del sud, in Russia.
Una città invisibile, epurata dalle cartine geografiche, insieme ai suoi abitanti, tristi fantasmi, simili a morti che camminano.
Mayach fu costruita nel 1945 e dal 1948 in poi divenne operativa nella produzione di plutonio.
Fino al 1951 scorie liquide radioattive di medio ed alto livello vennero rilasciate direttamente nel fiume Techa, contribuendo a contaminare oltre 100.000 abitanti che vivevano sulle sponde dello stesso.
Dopo il 1951, dal momento che il fiume Techa sfociava nell’oceano artico e la contaminazione rischiava di diffondersi in maniera incontrollabile, gli scarichi dell’impianto vennero indirizzati verso il lago Karachai, privo di contatti diretti con l’oceano.
Nel 1957 un’esplosione all’interno degli impianti contaminò una regione grande quanto la toscana. Si trattò di un disastro di enormi proporzioni, ma la cosa venne tenuta segreta.
Dieci anni dopo, nel 1967, allorquando a causa di una secca il lago Karachai fu oggetto di un ritiro delle acque, il vento sollevò grandi quantità di polvere radioattiva, contaminando gravemente un’area di 2000 Kmq.
Oggigiorno il lago Karachai è un mostro radioattivo in grado di uccidere un uomo che sostasse per una sola ora sulle sue sponde, e tale rimarrà nei secoli a venire.
E’ indicativo rilevare, a beneficio di coloro che ancora si ponessero domande riguardo ai reali effetti della radioattività sulla salute dell’uomo, come fra i cittadini di Mayak e delle aree contaminate circostanti, negli ultimi 50 anni ci sia stato un aumento del 78% degli ammalati di cancro e leucemia. Inoltre come il 30% dei bambini dei bambini nasca con difetti e malformazioni genetiche ed il 50% degli uomini e delle donne risultino sterili.



L’uso in campo militare dell’uranio impoverito (DU) nella costruzione dei proiettili, nonché nella blindatura dei mezzi corazzati è stato avallato dalle forze armate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Turchia, Israele e Francia, Arabia Saudita, Pakistan e Tailandia.
Grazie a questa pratica sciagurata, tutti i paesi teatro di guerra negli ultimi 15 anni, dalla ex Yugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq, sono stati contaminati in maniera significativa.
Non esistono studi che possano determinare la reale pericolosità di questa contaminazione, né gli effetti che essa avrà sulla salute degli abitanti a medio e lungo termine.
Le uniche ricerche, oltretutto manipolate dai grandi poteri, si riferiscono al breve periodo e riguardano quasi esclusivamente il rischio per i militari impegnati nei combattimenti, la cui esposizione al DU è relativa al breve lasso di tempo nel quale essi sono rimasti nell’area del conflitto, a differenza della popolazione civile che in quella stessa area dovrà continuare a vivere, coltivare e allevare bestiame, subendo anno dopo anno le conseguenze di un territorio altamente contaminato.

L’inquinamento nucleare, si può annoverare senza dubbio come uno fra i problemi più gravi, in grado di minacciare sia il nostro presente, sia il nostro futuro, nonché quello delle generazioni a venire.
Un problema che si muove su vari livelli, spaziando dalla gestione del nucleare civile a quello militare, fino ad arrivare all’ingerenza dei privati che in molti casi stanno soppiantando le amministrazioni pubbliche.
Un problema scientemente sottaciuto dai media, nascosto all’opinione pubblica, sia mistificando la gravità degli incidenti già avvenuti, sia ignorando colpevolmente la situazione pericolosissima che molteplici elementi stanno ingenerando in propensione futura.
I pochi studi seri, riguardanti l’inquinamento radioattivo sono, per forza di cose limitati al breve e medio periodo e la maggior parte di essi è stata secretata.

Un abbraccio, quello nucleare, sempre più stretto e sempre più invisibile, un abbraccio che si può continuare a far finta non esista, in quanto non menzionato da giornali e TV, ma le corsie degli ospedali non hanno bisogno di telecamere e taccuini, per essere annoverate come parti della realtà.
 

lunedì7 marzo
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La Repubblica delle banane ... marce.


In Germania un ministro si dimette perchè ha copiato parte della tesi dottorato.

In Giappone un ministro si dimette per un contributo elettorale di 2800 € da parte di una ristoratrice.

In Italia Scajola dichiara di essere pronto a tornare!

pessimismo e fastidio.....

lunedì7 marzo
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I corpi bunga bunga e le mercificazioni del dio denaro

di Giulietto Chiesa


La legge del denaro, quella che “regola” la mercificazione dei corpi e degli esseri umani, è sull’orlo del proprio fallimento. Al di là di ogni contesa giudiziaria, ciò che emerge è un Paese che sta producendo sempre nuova “carne da cannone”. E’ necessario perciò custodire memoria e indignazione per poter preparare la via di uscita da questo orrore.

LA REGINA CATTIVA della favola di Biancaneve oggi direbbe: specchio, specchio delle mie brame, chi è il più ricco del reame? Il bunga bunga è l’estrema propaggine della mercificazione cui tutti siamo stati trascinati a viva forza.
La società umana è da tempo divenuta mero accessorio del sistema economico, anzi, società e mercato sono ormai la stessa cosa. E poiché questo sistema è dominato dal denaro, ecco che ogni individuo, e gli individui tutti insieme, cioè la società, è ora funzione del denaro. Uomini e donne, donne e uomini, la natura intera, l’acqua, l’aria, sono diventati merce. In certi casi si vede di più, in altri meno. Quando si vede, ovviamene fa schifo, perché noi siamo ancora legati al nostro passato, alla nostra storia, e ce ne accorgiamo. Non tutti, ma tanti. E ce ne offendiamo quando vediamo non solo che c’è chi si vende, neanche per bisogno, ma per consumismo, ma soprattutto quando vediamo che, per molti, questa è già la norma.
Se ci sentiamo offesi è perché, donne e uomini, ancora resistiamo a questa nuova legge che - in tutto l’Occidente - è dogma. Ma dobbiamo sapere che il denaro ha già vinto e piegato a sé la maggioranza dei ricchi del pianeta. E - come vediamo attorno a noi - anche molti che ricchi non sono affatto, vedono e sentono come i ricchi, anche se non lo sanno neppure. E non lo sanno perché non si possono vedere allo specchio. L’unico specchio che vedono è quello della tv e del computer, che però rimandano indietro solo l’immagine di noi che la società dello spettacolo ha prodotto per tutti. Per questo corrono dietro la carota profumata - uomini e donne - che è stata predisposta per loro.
E quando il vecchio maiale che ci sgoverna sarà andato via, ci sarà qualcuno che terrà ben ferma in mano quella carota, che è il denaro sempre a portata di mano, ma mai raggiungibile per i più.
Il fatto è che il denaro potrà essere rovesciato ormai solo dal proprio fallimento. La buona notizia, l’unica che offre il convento, è che questo fallimento è cominciato.
Non è lontano quando lo si vedrà perfino a occhi nudi. E lo si vedrà perché la società dello spettacolo ha anch’essa un limite. E questo limite è la nostra sopravvivenza fisica. In altre parti del mondo lo sentono già questo limite. Noi potremo dilazionarlo ancora un po’, perché siamo più ricchi e possiamo comprarci un respiro in più. Ma quando verrà - anche questo dobbiamo sapere - vi saranno sul terreno da noi, in Occidente, milioni e milioni di inebetiti, rincretiniti, pazzi privi di bussole, incapaci di raccapezzarsi. Saranno pericolosa carne da cannone, e potranno essere scagliati contro di noi.
Noi donne e uomini, siamo offesi per essere stati trasformati in merce dal denaro. Che ci ha rubato bellezza, amore, affetti, solidarietà, che ha invaso il nostro lavoro e il nostro tempo di vita; che ci ha reso più poveri. In tutti i sensi. Noi lo vediamo ancora. La maggioranza non lo vede più. Sono sudditi di una gigantesca colonia senza confini. L’Italia non è peggio del resto. Ci è stato dato in sorte il compito più ingrato di sperimentare l’abiezione più compiutamente degli altri. O, semplicemente, tutto deriva dal fatto che abbiamo conservato un po’ di memoria. Ma non è essenziale.
Essenziale è che ci siamo ancora, che non siamo pochi e che non ce ne andremo. Perché abbiamo un compito: preparare la via d’uscita da questo orrore e dalle convulsioni che produrrà.

dal sito http://www.megachip.info

sabato5 marzo
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A scuola di rivolta!

di Franco Berardi Bifo
Il governo italiano, in questo perfettamente allineato con le direttive della Banca centrale Europea, sta distruggendo la scuola, e in particolare sta distruggendo l'accademia di Brera nella quale insegno precariamente sociologia della comunicazione. Questa nota è il mio intervento nell'ambito della discussione che si  sta svolgendo fra gli insegnanti di quella scuola.
Dovendo iniziare il mio corso a Brera il 14 marzo voglio capire se vale la pena di prepararmi a fare lezione e a svolgere il mio compito, sia pure malissimo pagato e pochissimo rispettato. La risposta questa volta è: no. Sarò a Brera il 14 marzo, ma aglistudenti che avranno la cortesia di venirmi ad ascoltare non parlerò, come avevo pianificato e promesso, di ciberculture, ma parlerò di come si organizza una insurrezione. Perché non vi è altro tema che valga la pena di discutere al momento. Non perché il lavoro dei docenti precari è minacciato a Brera. Questo è un problema, però è un problema che in sé non ha soluzione. La riforma Gelmini comporta una riduzione di otto miliardi di euro nel primo anno e altrettanto nel secondo della sua applicazione. Gli effetti ormai si sentono e si vedono dovunque. E siamo solo all'inizio, perché negli anni a venire gli effetti di quell'attocriminale produrrano barbarie, ignoranza, violenza, miseria. E neppure è un problema solo italiano, dato che in Gran Bretagna decine di migliaia di studenti stanno già abbandonando gli studi acausa del fatto che le tasse di iscrizione all'uniuversità sono state triplicate, mentre mezzo milione di lavoratori pubblici attend e il licenziamento nell'arco di tre anni, e i tagli preparano una devastazione della società. Non ho intenzione di fare una predica, voglio solo dire che il nostro problema non lo risolveremo contrattando con qualche burocrate. Lo risolveremo quando avremo abbattuto la dittatura finanziaria in Europa. E' troppo per le nostre esili forze? Certo che è troppo per le nostre esili forze, ma il problema non è solo nostro. Sono milioni i lavoratori - nell'industria nella  scuola nella ricerca, nei servizi - al limite della miseria e della catastrofe. Quando milioni di persone debbono scegliere tra la rivolta e la miseria, tra la lotta a oltranza e la depressione - è il momento dipreparare l'insurrezione. E' meglio saperlo, è meglio prepararsi. Dopo di che possiamo accettare l'idea che ciascuno di noi cercherà dicavarsela come può, magari ritirandosi in campagna a coltivare l'orto. Ma è meglio sapere che il nostro futuro, come quello dei nostristudenti non esiste più, a meno che non siamo disposti a rischiare (molto, anche la vita questa volta) per il diritto a insegnare estudiare, per il diritto a un salario decente, e per la dignità. Non serve parlare con i burocrati di Brera, penso che siano esecutoridi un disegno di devastazione del quale non possono cambiare neppure idettagli. Serve occupare una piazza, una stazione, un parlamento, erimanere lì fin quando il governo della mafia se ne sarà andato, e fino a quando la dittatura Trichet-Sarkozy-Merkel sarà stataabbattuta. E' chiedere troppo? Può darsi, ma chiedere di meno non ci porta più da nessuna parte. Il Knowledge liberation front, riunito a Paris Saint denis il 12 Febbraio ha indetto una giornata di teach in nelle banche delle grandicittà europee per il 25 marzo. A Londra lo stanno già facendo daalcune settimane: si entra in una banca e la si occupa per farelezione, per leggere pooesie, per parlare di biologia molecolare perstendere i panni, per dormire.
Occupare le banche deve diventare una pratica comune. E' pericoloso? Sì è pericoloso, ma è più pericoloso ancora aspettare che qualcuno risolva il problema. La guerra che il capitalismo finanziario ha dichiarato contro la società è giunta alla stretta finale. Naturalmente non nego che esista uno specifico della questione di Brera, ma la sola cosa da fare, se siamo capaci di farla, è occupareBrera e trasformarla in un centro per le azioni contro la dittatura finanziaria.Mi scuso per l'enfasi un po' tragica. Ma stavolta la tragedia non è un effetto della mia immaginazione.

dal sito http://www.looponline.info

sabato5 marzo
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Black-out (di don Aldo Antonelli)

Anche se scomparisse dalla scena pubblica, il Paese ormai ne è stato già infettato.

Involgarito e gradasso, plagiato e schienato, senza più nemmeno quel minimo senso di dignità che ci salva dalla saccenteria petulante e vigliacca. I segni si vedono dappertutto.
I già "onorevoli" di una volta degradati a reggicoda.Gli scranni delle due camere ridotti a curve da stadio.
La scomparsa dell'etica, privata e pubblica è così estesa da invadere ogni settore della vita della società e delle persone, delle associazioni e dei singoli cittadini: l'individualismo, l'edonismo, il narcisismo, il machismo, il darwi­nismo sociale, il vendere persino se stessi ad ogni profferta sono i nuovi connotati dell'identità italiana.
Non molto tempo fa,  Rocco D’Ambrosio, docente di etica politica presso la facoltà teologica pugliese di Bari e la Pontificia Università Gregoriana di Roma, lamentava duesta debacle: “Si riflette poco sulla natura culturale del berlusconismo, fatto di sete sfrenata di potere e denaro, vilipendio delle istituzioni democratiche,asservimento delle leggi a proprio favore, volgarità, arroganza, razzismo, tv spazzatura, utilizzo strumentale della religione cattolica, offesa della laicità dello stato, infedeltà personali, condotta morale, pubblica e privata, riprovevole, autoreferenzialità. Sono questi elementi che vanno compresi e studiati, a prescindere dalla scena politica: sono il cancro della nostra Italia attuale”.
Come non dargli ragione?
Aldo Antonelli - Parroco

dal sito http://iltafano.typepad.com/

sabato5 marzo
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sabato5 marzo
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Scuola privé

di Lameduck


Nella vita bisogna provare tutto, anche le scuole private. Ne frequentai una, a vent'anni, per corrispondenti e interpreti. Scuola a rigida conduzione famigliare, nel senso che il marito interpretava con sussiego da maggiordomo inglese fallito la parte del preside, la moglie stava in segreteria ed alla cassa e le figlie erano arruolate come insegnanti per finta delle materie meno impegnative. Le altre docenti, quelle vere, erano tutte signore ben oltre l'età pensionabile e già rottamate, alla Renzi, dalla scuola pubblica. Una di esse, vicina addirittura agli ottant'anni, era una feldmarescialla dal righello facile. Ebbene si, menava. Soprattutto i maschi più riottosi, a manrovescio e con l'anellone da sei etti al dito.
La professoressa di inglese era un'americana ossessionata dai comunisti, una specie di zia di Luttwak, che noi ci divertivamo a sfottere senza pietà quando iniziava la sua perorazione quotidiana in favore della politica di Ronald Reagan.
Tutto l'istituto sapeva di vecchio, di conservazione sotto formalina di tradizioni culturali stracotte e desuete. 
Anche le attrezzature erano ottocentesche. Ricordo che, si parla dei primissimi anni ottanta, nonostante fossero già ampiamente diffuse negli uffici le macchine per scrivere elettriche, noi studiavamo dattilografia su delle Remington anteguerra.

Eppure, secondo la leggenda, la scuola privata dovrebbe offrire una preparazione migliore e più moderna, con insegnanti qualificati, in un ambiente sano e sicuro.
Dalla mia esperienza personale posso dire di non aver imparato un'anticchia di più di quello che avrei appreso frequentando un banalissimo liceo linguistico, con l'aggravante che, nella scuola privata, c'era una retta da pagare.
Per il resto, conosco donne zoccolissime che hanno studiato dalle suore, uomini traumatizzati dalle attenzioni degli insegnanti in prestigiosi collegi maschili retti dai preti ed ambosessi caduti nelle grinfie della droga nonostante la scuola decomunistizzata e frequentata da pari grado di ricchezza.

La scuola privata non è migliore di quella pubblica, serve solo come alibi ai ricchi per illudersi che i loro figli crescano all'insegna dei loro principi rimanendo dentro un circolo chiuso. Essi credono che i loro cuccioli di miliardario possano traviarsi frequentando i figli degli operai, per questo ci tengono tanto alle loro parificate con i diplomi che non valgono un cazzo. Tanto ai cuccioli di miliardario e di trota il diploma non serve, visto che il posto fisso ce l'hanno, spesso e volentieri, per diritto di nascita e di censo e non certo per merito. 
Ecco perché alle scuole private non viene richiesto di fornire una formazione culturale di alto livello. Devono solo mantenere ben divaricata la forbice.

Non a caso, il governo più classista degli ultimi 150 anni ha un debole per i diplomifici un tanto al chilo come il CEPU, per le laureate all'Università Bocchini, per una scuola più privé che privata, dove si studiano discipline altamente specialistiche come l'igiene dentale. Tutto con l'idea che, pagando e stando lontano dai comunisti, si diventi automaticamente degli Einstein. Un governo che ha messo al vertice del Ministero della Distruzione la Gelmini. Quella che, non trovandosi a proprio agio né alla Bocconi e tanto meno alla Normale, è andata a  laurearsi a Reggio Calabria. Chissà perché. Parafrasando un slogan del sessantotto, questa è la somaraggine al potere.

La minchiata di regime più galattica, riguardo all'istruzione, è però quella che vorrebbe le famiglie italiane obbligate dai comunisti  a mandare i figli alla scuola dei soviet senza poter scegliere liberamente di affidare i propri pargoli alle amorevoli cure della privata.
Detto che, potendo pagare, uno può mandare i figli dove gli pare e che quindi il problema non esiste; detto che non manderei i miei figli a studiare dai preti come non li manderei a nuotare spalmati di maionese in una vasca di piranhas, vorrei tranquillizzare Berlusconi ed invitarlo a smetterla di pensare che le scuole private e religiose siano ideologicamente più sicure. Stalin studiò in seminario. 
Paradossalmente e per ironia della sorte, si hanno maggiori probabilità di diventare comunisti non andando alla statale "Sandro Pertini", ma frequentando le Orsoline ed i Maristi ed avendo avuto una professoressa reaganiana. Non per cattiveria ma per reazione.
 

sabato5 marzo
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Il ballo delle debuttane

di Lameduck


E brava la Rubacazzi! Dal palco dell'Opera di Vienna, ha dichiarato che quella lì che partecipava al Gran Ballo delle Debuttanti si che era bella gente ed elegante, mica come gli italiani. Grazie, eh?
Ecco dimostrato che non si è mica puttane perché la si dà via per soldi ma per una sorta di forma mentis e perché lo si nasce. Irrimediabilmente.
Perché si dà il caso che sia stato proprio grazie alla coglionaggine degli italiani ricchi, alla loro perversione per le fichette minorenni pur che siano e basta che respirino ed in specie dell'indegno presidente del consiglio incapricciatosi dei suoi labbroni pagati a peso d'oro che la Rubacazzivecchi si sia trovata per miracolo a Vienna trattata in guanti bianchi e come una regina solo per aver pagato pegno con l'ennesimo miliardario in avanzato stato di decomposizione. Ma una bottarella di vomito non le viene mai, a 'sta necrofila? 
Ha perfino il coraggio di dare la colpa ai media del suo immeritato successo, l'immatura stronzetta,  invece di ringraziarli se non altro per i lauti guadagni che ha modo di incassare a mo' di manna dal cielo, per puro miracolo. 

Di che si lamenta? Sembra così contenta di fare il monumento vivente al colonialismo pedofilo, di farsi portare in giro come un trofeo e pagare così tanto solo perché è quella che ha inguaiato Berlusconi.
Vista l'età media dei suoi boyfriend, questi potrebbero schiattare da un momento all'altro, magari durante. Capisco quindi che la gerontofila abbia fretta di bruciare le tappe e capitalizzare il più possibile prima di finire nel dimenticatoio dove finiscono tutte le meteore da quattro soldi, oltretutto precocemente sfiorita, dato che ciucciare roba vecchia non fa bene per niente alla pelle. Però potrebbe risparmiarci l'ingratitudine verso l'Italia che l'ha resa fenomeno e titolare di un sostanzioso conto in banca. 
E non parlate di povera minorenne e parte lesa. Ho l'impressione che questa, per un abito firmato e una comparsata nell'alta società da Cenerentola cafona, pigierebbe il bottone della guerra nucleare.
 

sabato5 marzo
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Respinte puntigliose


sabato5 marzo
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Berlusconi padrone di TUTTI i media

di Barbara Cloro


Non c’è un’alternativa, questo è vero. Lo schifo s’impadronisce di me quando penso che i successori del berlusca saranno i Casini, i Fini, i Rutelli, i Prodi, i Fassino. Purtuttavia quest’uomo e tutto il suo entourage di incapaci leccaculo ghen de ‘nda via: se ne devono andare. Non solo per provata incapacità (il dott. Bondi in un impeto di saggezza l’ha detto: lasciatemi andar via, abbandonare il ministero, non è cosa per me: io son buono dicurare gli inrteressi -mediatici- di berlusconi e basta), ma perchè così dev’essere. Ministri e premier hanno davvero da tempo superato il limite della sopportabilità democratica. Se ce li teniamo, confessiamo al mondo che per noi il medio-evo feudale non è mai trascorso.
Berlusconi è al limite del golpe. Napolitano dovrebbe davvero ripigliarsi dal coma, far vedere agli italiani che non se lo sta mangiando l’alzheimer e sfiduciare le camere, andando al voto il prima possibile. Oggi il decreto sul federalismo municipale (cioè il diritto dei comuni di spremere il cittadino, che quei babbi dei leghisti credono che il nord ci guadagnerà, ma non è così), domani la revisione della costituzione.
R e v i s i o n e della C o s t i t u z i o n e ?
Se il vecchio imbalsamato non dice un cazzo, il golpe è già fatto: abbiamo già accennato alla “presa” della televisione pubblica con l’invasione dei mastini Ferrara e Sgarbi messi ad esibire aggressività leccaculante per salvare l’immagine del premier dai “comunisti” (leggi: magistratura) .
Lo stato delle cose è l’arricchimento dell’autoritarismo televisivo con la paradossaleproposta del senatore comasco berlusconico Alessio Butti, che davvero gli manca il fez e avrebbe potuto interpretare il gerarchetto fascista in amarcord di Fellini.
Cio’ che mancava all’appello era l’autodifesa a mezzo stampa del bunga-bunga tycoon ma cio’ sarà presto rimediato, perchè con l‘acquisto del secolo d’italia e (forse) del corriere della sera (anche se è in corso un certo ostruzionismo da parte dell’antitrust) coprirà a 360° l’elettorato conservatore italiano, garantendosi l’esecutivo fino a morte certa.
Del resto a berlusca conviene: in epoca di crisi, quando dall’inizio 2010 ogni 3 mesi, 4000 tra piccole e medie aziende hanno chiuso i battenti, con l’effetto collaterale di un cospicuo numero di disoccupati. Se andiamo avanti così, se ne andranno tutti, compresi i figli che abbiam messo al mondo.
Non c’è scelta, berlusca se ne deve andare…su questo dovremmo essere uniti e solidali. Destra o sinistra. Ormai berlusca lo difendono solo i sionisti. E hanno le loro ragioni.

dal sito http://www.cloroalclero.com/

martedì1 marzo
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LA POLITICA: L’AFFARE DEGLI AFFARI

di Gianni Tirelli


Sostenere la tesi che esistono intrecci fra la politica e affari, non solo, è un eufemismo, ma una vera troiata. La politica che oggi governa il nostro paese è rappresentata da una marmaglia di procacciatori d’affari al soldo del potere economico, che hanno trasformato la sacralità del parlamento in un postribolo di profanazione dove si mercifica la dignità altrui, a suon di privilegi, denaro e puttane. La politica è l’affare degli affari! Al punto in cui siamo, è impensabile un qualsiasi cambiamento o radicale riconversione. La società italiana è così marcia e corrotta in ogni sua cellula che, se per assurdo, si riuscisse ad imporre regole ferree e pene certe, lo stesso sistema economico finanziario imploderebbe in breve tempo, e il nostro paese affonderebbe definitivamente. E’ questa la cruda e sconcertante realtà, risultato di un liberismo tiranno e senza regole, che attraverso un meccanismo perverso, improntato al consumo sistematico di beni effimeri, consolida il suo potere e guarda al risparmio dei cittadini, come ad una sciagura planetaria. Oggi siamo al punto culminante di questo processo morboso che non concede vie di scampo, ne pragmatiche soluzione atte, non dico ad invertire, ma almeno a contenere la sua maligna virulenza, per limitarne, in parte, i danni. Minimizzare e banalizzare l’attuale crisi, appellandosi irresponsabilmente a una difficoltà globale, con l’intento di giustificarne crimini e collusioni, é l’ennesima strategia dell’infausta e immonda cricca di berluscones, che ancora una volta riverseranno sul nostro paese, oneri sacrifici.

Se, per fare un esempio, tutti gli automobilisti di Milano rispettassero alla lettera il codice della strada, questa città, già di per se invivibile e caotica, si bloccherebbe all’istante. Può sembrare un assurdo ma è proprio grazie a chi elude e infrange le regole che, oggi, miracolosamente il traffico continua a scorrere, e la casse del comune ad ingrassarsi a dismisura. Lo stesso principio e meccanismo vale anche per l’economia del nostro paese. Se dovesse attenersi a regole ferree e pene certe (come già ho detto), imploderebbe nel breve arco di una settimana. Se i cittadini di un qualsiasi paese occidentale poi, in virtù di un risparmio ragionevole e doveroso, si astenessero dal consumare beni effimeri, contraffatti e voluttuari, orientandosi su quelli primari, durevoli e di prima necessità, il Sistema, che oggi ci governa e che ci opprime, si squaglierebbe come neve al sole. Per tutti questi motivi, “la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società, è il dubbio che vivere onestamente sia inutile.” Sentire ancora parlare di ricerca, di crescita, di sviluppo e delle semplificazioni relative al fare impresa, come le inderogabili soluzioni alla crisi, è come rendere libera la pesca, epurando il suo regolamento da, licenze, normative e divieti, ben sapendo che, di pesci nel mare, non ce ne sono più.
Il Sistema va spento, azzerato e resettato, perché solo dalle sue ceneri, potremo scorgere l’alba di una nuova rinascita. Questa banda di bastardi, impostori e mangia pane a tradimento, che si sono spartiti il futuro dei nostri figli e trasformato l’ambiente in una discarica tossica e maleodorante, devono essere puniti in forma esemplare e plateale perché tutto ciò non si debba più ripetere. Dobbiamo andare a prenderli, casa per casa, e attraverso processi sommari giudicarli e condannarli per i loro crimini aberranti e sistematici.
Altre soluzioni, diverse dalla mia sopra esposta, sono oggettivamente impraticabili. Una ingenuità imperdonabile che rischia di prolungare questa agonia e ricompattare il Sistema, allontanando, cosi, per sempre, dal nostro orizzonte, ogni speranza di cambiamento.

dal sito http://www.oltrelacoltre.com

martedì1 marzo
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rincara il petrolio? Magari!

di Paolo de Gregorio

Qualche cifretta che tutti dovrebbero conoscere per esprimere un giudizio serio sulla realtà: il mondo consuma 90 milioni di barili di petrolio al giorno (ogni barile contiene 159 litri), il consumo è in aumento e nell’ultimo anno è cresciuto di 1,5 milioni di barili (al giorno).
Per avere una idea di proporzioni dei consumi, è utile sapere che gli USA (con soli 350 milioni di abitanti) consumano il 20% del petrolio mondiale, la CINA (con un miliardo e mezzo di abitanti) il 10%, l’Italia (con 60 milioni di abitanti) l’1,5%.
La Libia produce solo 1,2 milioni di barili al giorno, e non è nemmeno in grado di coprire l’aumento medio annuo dei consumi mondiali.
La prima considerazione da fare è quella ecologica, e la risposta da tempo è stata data dagli scienziati: è sostenibile da parte dell’ecosistema assorbire le scorie di 90 milioni di barili di petrolio al giorno bruciati in atmosfera? Naturalmente NO, ma noi siamo furbi e non diamo retta alla scienza e ci rifugiamo nel fatalismo, nella speranza o nella provvidenza.
La seconda considerazione riguarda la colossale presa per il culo che abbiamo subito in tutti questi anni dal Trattato di Kyoto in poi, dove il problema di diminuire i consumi e le emissioni ha trovato l’economia reale totalmente sorda e impermeabile alla ragione, e anziché diminuire si è andati ogni anno in avanti con i consumi e per giunta è anche aumentato il ricorso al carbone.
E anche qui nessuno s’è preso sulle spalle la croce di dire che l’economia è una dittatura a cui non si riesce a mettere regole.
Certo ciò che stride di più è l’enorme consumo di risorse petrolifere degli USA, soprattutto per eserciti, flotte, aviazione militare e per un parco macchine assurdo per grandezze e consumi.
Perché spero che le rivoluzioni arabe arrivino all’Arabia Saudita e ai paesi del Golfo Persico? Perché spero che il petrolio aumenti al punto da far diventare economica la opzione delle energie rinnovabili, e di conseguenza che nessuno usi più il petrolio ed esso rimanga sottoterra. Se ciò accadrà la salute degli uomini e del pianeta ci guadagnerà molto,
Certo perderemo per sempre le spiagge piene di catrame, lo spettacolo delle petroliere in fiamme e dei pozzi in alto mare che sversano per mesi, diminuiranno drasticamente i tumori nei bambini che respirano le polveri sottili del traffico delle città, non vedremo più Emilio Fede esultare per le guerre Usa del petrolio, ma ce ne faremo una ragione.
Cosa può dare più ottimismo e speranza ad un popolo che fare la rivoluzione energetica fino a quando non arriverà alla completa autosufficienza e quindi alla indipendenza anche politica?
E’ un obbiettivo che bisogna porsi, soprattutto dopo la squallida vicenda con la Libia, dove il nostro premier si è umiliato a baciare la mano di Gheddafi per continuare ad avere il 20% del petrolio che consumiamo e continuare a vendergli armi.
Autosufficienza energetica ed alimentare per ogni paese, devono essere il fondamento di ogni strategia di sviluppo e di governo, accanto ad una politica demografica che individui una proporzione tra risorse del territorio e numero di abitanti.
Chi continuerà a testa bassa a chiedere crescita di produzione e consumi presto si troverà nei guai.